Spagna, si dimette Mazón: il presidente della Comunità Valenciana travolto dal “caso Dana”
- Postato il 3 novembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Quando Carlos Mazón, presidente della Generalitat Valenciana e leader del Partito Popolare (PP) regionale, si è presentato davanti alla stampa questa mattina alle nove, ha scelto parole solenni: “Portare avanti questo lavoro richiede una forza che né io né la mia famiglia abbiamo più”. Ma dietro il tono drammatico e il tentativo di difesa personale, le sue dimissioni segnano l’epilogo di una crisi politica e morale che covava da mesi.
Mazón paga la gestione della cosiddetta Dana, l’alluvione che il 29 ottobre 2024 devastò la Comunità Valenciana causando 229 morti. Un disastro naturale diventato poi una catastrofe politica: l’allora presidente fu accusato di essere stato assente nelle ore decisive dell’emergenza, mentre il sistema di protezione civile collassava. Nonostante l’annuncio delle dimissioni, Mazón resterà al suo posto fino a quando il PP non troverà un accordo con Vox, l’alleato di estrema destra necessario per nominare un nuovo capo del governo regionale. Una paralisi che lascia la Comunità Valenciana in piena incertezza istituzionale.
Nel suo intervento di addio, Mazón ha ribadito di aver “commesso errori, ma mai per calcolo politico o cattiva fede”. Ha ammesso di non aver sospeso la propria agenda il giorno della tragedia, ma ha cercato di giustificarsi con la già nota “teoria dell’apagón informativo” (una interruzione di informazioni): secondo lui, la Confederazione Idrografica del Xúquer non avrebbe segnalato l’esondazione e l’Agenzia meteorologica nazionale avrebbe previsto che la tempesta si spostasse verso la Castiglia-La Mancia.
“Nessuno poteva prevedere la magnitudine delle piogge», ha dichiarato, accusando poi il governo di Pedro Sánchez di aver “negato aiuti e strumenti solo per danneggiare politicamente la Comunità Valenciana”. Una difesa che sa di autoassoluzione. Mazón è apparso come un leader isolato, più impegnato a costruire un racconto vittimista che a fornire risposte convincenti su una gestione segnata da ritardi, omissioni e bugie. Le dimissioni di Carlos Mazón non sono il frutto di un gesto personale, ma l’esito di una tempesta politica, mediatica e giudiziaria. Il presidente valenciano è stato travolto dalle accuse di cattiva gestione dell’alluvione del 2024 e, soprattutto, dalle rivelazioni sul suo comportamento nelle ore della tragedia, un’assenza mai chiarita e analizzata da un’inchiesta giornalistica che ha demolito la sua credibilità. A ciò si sono aggiunte le pressioni interne del Partito Popolare, deciso a chiudere in fretta un caso diventato tossico per l’immagine nazionale del partito, e il timore di sviluppi giudiziari dopo la convocazione della giornalista Maribel Vilaplana. Le sue dimissioni appaiono quindi più come una ritirata imposta dalle circostanze che come una scelta di responsabilità.
A far precipitare la crisi è stato il documentario d’inchiesta pubblicato da elDiario.es, ¿Dónde estaba Mazón? (“Dov’era Mazón?”), che ha ricostruito i movimenti del presidente nel pomeriggio del 29 ottobre. Secondo l’inchiesta, Mazón non arrivò nel suo ufficio fino alle 19:55 e, prima, era passato da casa per cambiarsi. Il dettaglio più controverso riguarda il pranzo con la giornalista Maribel Vilaplana nel ristorante El Ventorro, mentre la zona di Utiel veniva travolta dalle acque. Le rivelazioni hanno smentito le versioni ufficiali della Presidenza e scatenato l’indignazione pubblica. Al funerale di Stato, un anno dopo, i familiari delle vittime lo hanno accolto gridando “assassino” e “vigliacco”.
A rendere la situazione ancora più delicata è l’indagine aperta sulla gestione dell’emergenza. La giudice incaricata ha convocato proprio Maribel Vilaplana per chiarire che cosa accadde in quelle ore. La giornalista aveva dichiarato che “Mazón si trovava a El Ventorro con totale normalità”, mentre l’alluvione già infuriava. La magistratura ha inoltre richiesto l’elenco delle chiamate del presidente e il ticket del parcheggio dove si trovava l’auto di Vilaplana, elementi considerati utili per ricostruire la cronologia dei fatti. Per ora Mazón non è formalmente indagato, ma le prossime testimonianze potrebbero cambiare le carte in tavola.
Anche per questo, all’interno del PP si è fatto strada il timore che la prosecuzione del caso possa trasformarsi in un danno d’immagine nazionale. Con un Vox in crescita e un Sánchez in leggero calo, ogni errore di strategia rischia di compromettere le ambizioni dei popolari di tornare al governo del Paese. Sul piano politico, le dimissioni di Mazón hanno riacceso le tensioni tra la direzione nazionale del PP e la sezione valenciana. Il leader del partito, Alberto Núñez Feijóo, ha contattato Mazón domenica sera per concordare la sua uscita e preparare la transizione.
A Valencia, i popolari spingono per il numero due del partito, Juanfran Pérez Llorca, mentre la direzione nazionale preferirebbe la sindaca di Valencia, María José Catalá. Quest’ultima, però, ha rifiutato di lasciare il municipio per trasferirsi alla Generalitat. Il nodo politico non è solo il nome del successore, ma il rapporto con Vox, che ha già annunciato che “nessun accordo sarà automatico”. Senza i voti dell’estrema destra, il PP non può governare, ma un compromesso troppo visibile rischia di allontanare l’elettorato moderato.
Le dimissioni di Mazón chiudono uno dei capitoli più controversi della politica valenciana recente, ma non la vicenda. La Comunità Valenciana resta una storica roccaforte della destra, e il PP punta a mantenerne il controllo nonostante la tempesta politica e giudiziaria. Nel frattempo, la domanda che tormenta l’opinione pubblica valenciana resta la stessa del documentario: “Dov’era Mazón?”. Una domanda che oggi riguarda anche un aspetto giudiziario, e che potrebbe decidere non solo il destino dell’ex presidente, ma anche gli equilibri della destra spagnola alla vigilia di una nuova stagione elettorale.
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