“Sono stato deriso, ho provato imbarazzo ed estrema vergogna”: immortalato da Street View a torso nudo mentre fa la doccia in giardino, 56enne di Gallipoli fa causa a Google
- Postato il 1 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Una doccia estiva nel cortile di casa o una passeggiata in costume sulla pubblica via? E un volto “ben riconoscibile” o una figura “irriconoscibile” anche con lo zoom? Sarà il Tribunale civile di Lecce a dover dirimere due versioni dei fatti diametralmente opposte, al centro di una causa per violazione della privacy intentata da un uomo di 56 anni di Gallipoli contro il colosso globale Google.
La vicenda, come riportato da Il Messaggero, ha inizio quando l’uomo scopre di essere stato immortalato dalle telecamere di Google Street View. Secondo la sua denuncia, presentata dall’avvocato Vincenzo De Vittorio, le immagini lo ritrarrebbero “in abiti succinti e nel mentre era intento a fare la doccia all’interno del cortile della propria abitazione”.
Il 56enne sostiene che le fotografie, pubblicate sulla piattaforma, mostrassero il suo viso non oscurato, rendendolo “ben riconoscibile e chiaro”. Questo avrebbe portato alla diffusione virale degli scatti, facendolo diventare oggetto di scherno e derisione e creandogli “non poco imbarazzo, estrema vergogna e nocumento”. Prima di avviare la causa, l’uomo aveva inviato diffide a Google Italy e Google USA e si era rivolto al Garante della Privacy, sostenendo che le immagini non fossero state rimosse tempestivamente e che la “lieve sfocatura” applicata in seguito fosse del tutto insufficiente. A sostegno della sua tesi, ha anche prodotto una perizia tecnica secondo cui la strada in questione sarebbe di pertinenza del complesso abitativo e, quindi, non una via pubblica.
Di parere opposto i legali di Google, che hanno rigettato ogni accusa. In primo luogo, hanno disconosciuto gli screenshot presentati, affermando che nessuna delle immagini contestate sarebbe oggi presente sulla piattaforma. Inoltre, Google Italy ha sottolineato la propria estraneità ai fatti, occupandosi solo della vendita di spazi pubblicitari. Nel merito, la difesa del colosso di Mountain View sostiene che dalle foto si noti come il 56enne si trovasse “fuori dal cancello di casa sua e sulla pubblica strada mentre indossava un costume da bagno”. I legali aggiungono che “il soggetto ripreso risulta distante e i lineamenti facciali sono talmente irriconoscibili da rendere impossibile l’identificazione di qualsivoglia individuo, anche utilizzando lo zoom”. E concludono con una stoccata: “Risulta poco credibile credere che in una località di mare come quella di Gallipoli, durante la stagione estiva, una persona possa essere derisa e schernita per essere uscita in strada indossando un costume da bagno”.
La causa è ora nelle mani del giudice della prima sezione civile, Alessandra Cesi. La richiesta di risarcimento iniziale di 80.000 euro è stata via via ridotta a 38.000, ma Google rifiuta di versare qualsiasi somma. La prossima udienza è fissata per il 2 ottobre, durante la quale verrà formulata una nuova proposta di conciliazione. A rendere il caso ancora più complesso, è nata una questione collaterale che riguarda il rapporto tra gli avvocati. L’avvocato De Vittorio ha infatti segnalato al giudice l’uso, da parte dei legali di Google, di espressioni ritenute “sconvenienti” negli atti, come “se non fossimo nel mezzo di un procedimento giudiziario, si sarebbe autorizzati a pensare ad una barzelletta” e accuse di “sciatteria processuale”. Ha quindi chiesto la cancellazione delle frasi. L’avvocato di Google ha respinto le accuse e ha chiesto a sua volta la condanna del collega per lite temeraria. Il tribunale, dunque, sarà chiamato a decidere non solo dove si trovasse e cosa indossasse veramente il 56enne di Gallipoli in quel giorno d’estate.
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