“Sono favorevole ad Ancelotti ct del Brasile. Ma non è sufficiente, il suo arrivo comporta delle sfide”: intervista a Walter Casagrande

  • Postato il 17 maggio 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Nella vita di Carlo Ancelotti ci sono stati due Casagrande. Uno, italiano, si chiama Francesco, ha quasi 72 anni e nel 1981 è diventato tristemente famoso per un contrasto (giocava nella Fiorentina) che causò un infortunio gravissimo al ginocchio di Carletto, allora centrocampista rampante della Roma. Urla strazianti, un dolore fortissimo al crociato che pochi mesi dopo si sarebbe definitivamente lacerato. Sogno di una convocazione in Nazionale infranto (avrebbe vinto il Mondiale del 1982) e calvario per tornare a giocare ad alti livelli. L’altro Casagrande è invece brasiliano: si chiama Walter, in Italia ha giocato con le maglie di Ascoli e Torino. E Ancelotti l’ha affrontato più volte. Oggi, Casagrande è uno dei massimi opinionisti di calcio brasiliano: scrive per UOL, il portale in lingua portoghese più grande del mondo, ma soprattutto è la voce tecnica al seguito della nazionale verdeoro per Globo. Il filo con il nuovo ct del Brasile si è già ricollegato.

Ma diciamoci la verità: lo sapevate che sarebbe arrivato, se ne è parlato per diverso tempo. Ma cosa pensa della scelta della Federazione?
Come ho avuto modo di dire, mi trova molto favorevole. Ma comporta delle sfide. Ci serviva un allenatore vincente, di peso, con personalità. Ci potrà dare una grande mano, il Brasile versa in una condizione davvero molto difficile.

‘L’allenatore migliore per la Nazionale migliore’. Ma è davvero ancora così? Il Mondiale manca dal 2002, la Copa America dal 2019. La Nazionale sembra molto in crisi. Secondo lei, come mai?
Prima di tutto, non abbiamo più i grandi fuoriclasse che avevamo una volta e, dato che la grande maggioranza gioca all’estero da anni, il tifoso brasiliano non si identifica più con loro. Abbiamo perso la nostra identità. Per avere successo, sarà necessario un lavoro di squadra e una riorganizzazione interna. Con il giusto supporto, la Seleçao può tornare a essere competitiva a livello mondiale. Il suo arrivo è importantissimo, ma non sufficiente.

Per questo ha invocato il nome di Falcão, per aiutarlo a collaborare con lui?
Sì, come scrivevo su UOL, la sua figura potrebbe essere fondamentale. È un ex giocatore di grande prestigio, ha avuto esperienze internazionali e conosce bene la realtà del calcio brasiliano. La sua esperienza e il suo legame con Ancelotti (dai tempi della Roma, ndr) potrebbero rappresentare un valore aggiunto per la squadra.

Quali sono le difficoltà più importanti che può trovare Ancelotti da allenatore del Brasile?
La difficoltà maggiore sarà prendere una squadra completamente in crisi, emotivamente scossa e che gioca molto male. Per questo, ribadisco, avrà bisogno dell’aiuto di qualcuno di sua fiducia e che conosca bene il calcio che si gioca in Brasile.

Da giocatore, l’ha affrontato spesso in Italia. Che ricordo ha di lui in campo?
Sì, ho giocato varie volte contro di lui fin dai tempi dell’Ascoli e poi con il Torino. L’ho sempre considerato una brava persona: marcava duro, ma sempre con lealtà. Non ho mai avuto alcun tipo di problema con lui, anzi.

C’è una coincidenza curiosa: 1992, Torino-Milan 2-2. Per il Toro segnano Casagrande e… Ancelotti. Un autogol che resta nel tabellino, ma che non sposta gli equilibri: il Milan vince lo scudetto, il Toro arriva a giocare la finale di Coppa Uefa contro l’Ajax.
Le partite contro il Milan erano sempre difficili ma ben giocate. Non ricordo nulla di particolare su Ancelotti, perché il giocatore con cui avevo più affinità era Gullit, che tra l’altro venne in Brasile: andammo insieme in una comunità povera a giocare a calcio con i bambini del posto.

A proposito di comunità, si parla spesso di giovani talenti brasiliani fortissimi che si perdono per strada: alcool, droga… La situazione sembra molto difficile. Lei ha scritto ‘Casagrande e i suoi demoni’, per raccontare la sua esperienza. Ma come si affrontano i propri demoni?
I social network influenzano molto la mente dei giovani calciatori che iniziano ad avere fama, soldi e tante facilitazioni. Di solito sono ragazzi umili, senza molta istruzione, e diventano facili prede per chi vuole approfittarsene. Questo è il problema che viviamo oggi.

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