Soldato italiano internato nei campi di concentramento nel 1943: Germania condannata a risarcire gli eredi
- Postato il 28 novembre 2025
- Cronaca
- Di Blitz
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Il tribunale civile di Roma ha riconosciuto un risarcimento di 82.318 euro ai figli di un militare italiano catturato dopo l’Armistizio e sottoposto a una prolungata detenzione nei campi di concentramento del Terzo Reich. Dino Pozzato era nel 12/o reggimento di fanteria ed è stato fatto prigioniero in Albania il 12 settembre 1943, quindi sottoposto ai lavori forzati in un sottocampo di Mauthausen, poi a Stalag XVII e a Holzhausen. Il soldato è stato infine rimpatriato il 5 giugno 1945.
“Crimine di guerra”
Per la giudice Assunta Canonaco, un elemento decisivo è la scelta del regime nazista di classificare i militari italiani come Imi (internati militari italiani, italienische militarinternierte), categoria distinta dai prigionieri di guerra e utilizzata per escluderli dalle garanzie previste dalle convenzioni internazionali. Secondo il tribunale, è la prova che queste persone sono state private della tutela internazionale che lo status di prigioniero di guerra gli avrebbe assicurato. Nel caso specifico è stato provato il mancato rispetto delle convenzioni e la loro violazione, e l’assoggettamento a condizioni di sostanziale schiavitù. La sentenza, inoltre, richiama anche il recente riconoscimento istituzionale della condizione degli internati militari da parte dello Stato italiano, che ha istituito con una legge del 2025 una giornata dedicata fissata il 20 settembre. Il provvedimento definisce “storicamente acquisita” la circostanza che il trattamento riservato agli internati presentasse caratteri disumani, tali da portare gli studiosi a identificarli come “schiavi militari”.

Dino Pozzato, originario del Rodigino, non si è mai più ripreso da quei 632 giorni di deportazione e nel 1982 si è tolto la vita. La vicenda è stata infine qualificata come crimine di guerra, con il riconoscimento del danno non patrimoniale per le sofferenze fisiche e morali subite dal militare dal momento della cattura alla liberazione. “È una vicenda drammatica che ha devastato una famiglia, come tante altre. Sono soddisfatto per questa sentenza in questo contesto storico e sociale è estremamente significativo, non solo sul piano giudiziario, che ci possano essere condanne che riconoscano un crimine di guerra”, ha dichiarato l’avvocato della famiglia.
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