Soldati Usa via in Europa, per ora nessuna conferma

  • Postato il 13 maggio 2025
  • Di Panorama
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La possibile guerra tra la Cina e Taiwan appare lontana dall’Europa ma potrebbe provocare una piccola rivoluzione in ambito della Nato. Manca ormai poco più di un mese al prossimo vertice dell’Alleanza Atlantica, evento che si terrà a l’Aja dal 24 al 26 giugno, e la nuova corsa agli armamenti e l’aumento della quota percentuale del Pil da destinare alla Difesa che ogni nazione dovrà essere riconfermata, saranno quindi tra gli argomenti “caldi” da trattare oltre, ovviamente, alla mutevole situazione delle guerre in Ucraina e Medio Oriente. Ma con il ritorno di Trump alla Casa Bianca un altro argomento annunciato potrebbe essere il rischieramento delle truppe statunitensi presenti in Europa, anche se, almeno per ora, il presidente del comitato militare Nato, l’ammiraglio italiano Giuseppe Cavo Dragone (in questo ruolo dal 17 gennaio 2025), ha dichiarato di non aver ancora ricevuto indicazioni che gli Stati Uniti ritireranno le forze impegnate nei piani di difesa dell’Alleanza per spostarle nella regione dell’Indo-Pacifico.

Tuttavia, Cavo Dragone sostiene che l’Alleanza debba comunque prepararsi a un possibile calo dell’attenzione e del coinvolgimento degli States dal Vecchio Continente. “Una questione chiave sarebbe pianificare in anticipo”, ha affermato Dragone in merito a eventuali cambiamenti nella posizione militare statunitense, specificando: “ciò darebbe all’Alleanza la capacità di riorientarsi e riequilibrarsi”. La sua visione è giustamente globale, tanto che il 12 maggio l’alto ufficiale, accogliendo l’ammiraglio Francisco Hernando Cubides Granados, comandante delle forze militari colombiane, ha pubblicato sul social X questo messaggio: “La Colombia continua a essere un nodo importante nelle reti globali dei partner Nato, poiché apporta una serie di competenze uniche dal Sud America all’area euro-atlantica. Vogliamo ringraziare sentitamente l’ammiraglio Granados per la sua forte leadership e per l’entusiasmo della sua nazione nel consolidare ulteriormente la già solida relazione tra la Nato e la Colombia.”

Cavo Dragone, durante la sua visita a Washington con altri leader della Nato, evento organizzato per incontrare il vicepresidente dello Stato maggiore congiunto ammiraglio Christopher Grady, ha affrontato anche le preoccupazioni del Pentagono riguardanti la minaccia rappresentata dalla Cina a scapito di quella russa, ormai da più di tre anni impegnata nell’invasione dell’Ucraina. Il nodo fondamentale che avrebbe portato a una riduzione delle truppe in Europa resterebbe quello rappresentato dalla minaccia di imminente invasione di Taiwan da parte della Cina. Secondo il rapporto della Heritage Foundation, redatto da un alto funzionario politico del Pentagono, gli Stati Uniti dovevano identificare le proprie forze impegnate nei piani di difesa della Nato che avrebbero anche contribuito a scoraggiare un’invasione di Taiwan.

Il Pentagono avrebbe quindi spostato tali unità più vicino all’Asia, costringendo i paesi europei a sostituirli con le loro truppe. L’ammiraglio Cavo Dragone ha però affermato di non aver ancora ricevuto notizie che il Pentagono stesse dando seguito a quei piani, spiegando, invece, che i paesi europei potrebbero eventualmente compensare la perdita diparte delle forze statunitensi sul continente, tra cui gli specialisti delle difese aeree, della guerra elettronica, del trasporto aereo strategico e della condotta e gestione di droni.

Dallo scoppio della guerra in Ucraina soltanto alcuni paesi della Nato hanno aumentato la spesa per la Difesa: 22 dei 32 stati membri hanno raggiunto il limite del 2% del Pil, altri si stanno avvicinando a tale valore, ma il presidente Donald Trump ha ripetutamente affermato che il 2% non è sufficiente chiedendo di portarla al 5%. Tempo fa il Segretario generale della Nato Mark Rutte discusse una proposta che prevede il 3,5% di spesa per la difesa e l’1,5% dedicato ad altre misure di sicurezza, idea da presentare proprio al vertice dell’Aja del mese prossimo. Dragone ha confermato che la quota è in fase di discussione, dichiarando: “Il risultato finale sarà 3,5% più 1,5%; qualunque cosa decidano, il modo in cui raggiungere tali valori dovrebbe essere una responsabilità dei singoli stati. Penso che la Nato debba essere flessibile e cercare di essere realistica, anche se aggressiva”.

Per l’Italia, che nel 2024 ha speso l’1,49% del Pil per la Difesa, il primo ministro Georgia Meloni ha dichiarato ad aprile che l’Italia avrebbe raggiunto l’obiettivo richiesto quest’anno. Questi aumenti devono però anche tenere il passo con il rafforzamento militare russo fatto durante la guerra in Ucraina. Dragone ha affermato che Mosca continua a perdere tra 1.000 e 1.200 soldati al giorno in prima linea, ma continuerà a ricostituire le sue forze anche se verrà raggiunto un accordo di pace. “Come minimo, la Russia cercherà di ripristinare la forza militare di cui disponeva prima della guerra, nel 2022, nonostante non sia riuscita a raggiungere i suoi obiettivi al momento dell’invasione” ha detto l’ammiraglio, concludendo: “Potrebbe raggiungere tale forza in tre anni, anche se una tempistica più realistica è probabilmente di cinque-sette anni”.

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Panorama

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