Soldati, narcotraffico e doppiezza: così Trump accerchia Maduro. Cina e Russia contro l’espansione militare Usa verso Caracas
- Postato il 16 settembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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È passato poco più di un mese da quando il Dipartimento di Stato Usa ha portato a 50 milioni la taglia sul presidente venezuelano Nicolás Maduro, il doppio da quanto offerto dall’Fbi per Osama Bin Laden, nel nome della lotta al “terrorismo” e al “narcotraffico”, inviando otto navi da guerra, 4.500 soldati e sei F35 nel Mar dei Caribi, al confine delle acque territoriali venezuelane, in una lenta ma pericolosa escalation. L’operazione conta finora decine di sequestri di imbarcazioni con droga, una nave affondata – con 11 vittime – e un paio di incursioni in acque territoriali venezuelane, di cui l’ultima, avvenuta il 13 settembre, è consistita nell’assalto di una nave di pescatori, “Carmen Rosa”, sottoposta a fermo di circa otto ore. “È una provocazione diretta, attraverso l’uso illegale di mezzi militari sproporzionati“, si legge in una nota diffusa dalla Cancelleria di Caracas, volta a “giustificare un escalation bellica nei Caraibi” e “insistere nella politica, fallimentare e respinta dallo stesso popolo statunitense, di un cambio di regime” in Venezuela. “Siamo pronti alla lotta armata, se necessario”, ha ribadito Maduro nelle stesse ore, lanciando il “Plan independencia 200”, che coinvolge la Forza armata nazionale bolivariana e le milizie rivoluzionarie, “dispiegati in 284 fronti di battaglia”, sostenendo che le ricchezze del Paese sudamericano “non apparterranno mai all’impero norteamericano”. Secondo Caracas almeno 8,4 milioni di miliziani sono stati chiamati alle armi, oltre ai 25mila soldati già operativi nel tentativo di colmare il divario logistico segnato dai 150 milioni di dollari finora spesi dagli Usa nella spedizione caraibica.
L’espansione militare Usa verso Sud è già stata condannata dalla Cina, che acquista il 90% del petrolio venezuelano, e sempre più padrona del Lago di Maracaibo, e dalla Russia, che rivendicano il diritto dell’America Latina a uno “sviluppo stabile e indipendente”. L’operazione frattura il continente americano, con Paesi come Brasile, Cuba, Colombia e Messico che si oppongono mentre Argentina, Ecuador, Paraguay ed El Salvador aderiscono alla crociata contro il cartello “de los Soles”, recentemente sponsorizzata dal Parlamento europeo. Fa scalpore il doppio volto del presidente Usa Donald Trump, che da un lato prova a rovesciare Maduro, autorizzando anche attacchi contro imbarcazioni di Caracas, e dall’altro autorizza l’importazione del greggio venezuelano da parte di Chevron e mantiene una salda collaborazione in materia di rimpatri con Caracas, con tanto di ringraziamento da parte dell’italiana Camilla Fabri, coordinatrice del programma umanitario “Plan Vuelta a la Patria”, a Melania Trump per il rientro di quattro bambini, figli di migranti espulsi dagli Usa.
La doppiezza trumpiana genera confusione anche a Palazzo di Miraflores, che – riferiscono fonti di Caracas a Ilfattoquotidiano.it – non sa più come approcciarsi all’amministrazione Trump, che ha già respinto almeno due tentativi negoziali. Il primo tentativo è consistito dell’invio dell’imprenditore venezuelano Alberto Vollmer, classe 1968, intento a mediare con il Dipartimento di Stato un rimpasto di governo guidato dalla vicepresidente venezuelana, Delcy Rodríguez, e da suo fratello e presidente dell’Assemblea nazionale Jorge Rodríguez. La nuova formula sarebbe stata costruita con il sostegno dell’ex-premier socialista spagnolo, Jorge Luis Rodríguez Zapatero, interlocutore di Caracas nei confronti dei Paesi occidentali. Il secondo tentativo, di carattere riservato, si è tenuto mercoledì, presso la base militare dell’isola “La Orchila” – dove l’ex-presidente Hugo Chávez fu tenuto prigioniero durante il fallito colpo di Stato del 2002 – con un altra formula di governo, sempre alla guida dei fratelli Rodríguez, con l’esclusione del ministro dell’Interno Diosdado Cabello.
Tra le ipotesi sarebbe prevista anche la riammissione dell’ex-direttore dell’Intelligence, Miguel Rodríguez Torres, ora in esilio a Madrid. “Speriamo che Maduro rifletta e abbandoni il Paese e se ne vada laddove possa godersi le proprie ricchezze“, ha detto l’ex-candidato oppositore Edmundo González Urrutia, anche lui in esilio a Madrid, per il quale “qualcosa dovrà pur succedere” considerato il massiccio dispiegamento Usa e nei Caraibi: “Non c’è dubbio”. Nel frattempo Cabello risponde alle minacce assicurando “cent’anni di lotta armata” e svela, all’improvviso, un retroscena, “Chávez è stato assassinato”, in riferimento alla morte dell’ex-presidente, annunciata il 5 marzo 2013 dopo mesi di degenza all’Avana. “Sveleremo i nomi dei responsabili”, promette. Tuttavia, a scanso di incidenti più gravi, gli Usa temporeggiano mentre Caracas cerca sponde tra gli alleati orientali e l’Europa, magari evitando di respingere future visite diplomatiche italiane.
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