Sogin condannata a reintegrare (e risarcire) l’ex ad Fontani. Il Tribunale annulla il licenziamento

  • Postato il 18 giugno 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La Sogin, società che si occupa dello smantellamento dei siti nucleari italiani, è stata condannata al reintegro dell’ex amministratore delegato pro tempore, Emanuele Fontani. Il Tribunale di Roma ha annullato il suo licenziamento, avvenuto nel 2024, dopo almeno tre anni di terremoto per l’azienda, tra inchieste e guerre interne alimentate da interessi economici e politici. E a tre anni da quando, in qualità di ad pro tempore, aveva segnalato – insieme ai colleghi di una task force da lui stesso istituita – le irregolarità rilevate durante verifiche interne sugli appalti del deposito nazionale per le scorie radioattive. Tutto finito in un dossier, che la task force consegnò nel 2021 al cda che l’aveva incaricata, invocando le tutele di legge previste per i lavoratori che segnalano illeciti.

L’operazione ribattezzata self cleaning – Sogin era già al centro di polemiche per le spese fino a poco tempo fa pagate con le bollette degli italiani, accumulando ritardi sulla dismissione delle centrali e anche la gestione Fontani, ad dal 2019, era stata al centro di polemiche e inchieste giornalistiche, come quelle che l’hanno preceduta e seguita. Ma quella partita con la task force era l’operazione voluta dall’ex ministro Roberto Cingolani, ribattezzata con una certa fiducia di self cleaning e in seguito alla quale quattro dirigenti furono licenziati per spese ingiustificate e appalti senza gara. Vicende su cui la procura di Roma ha aperto tre inchieste penali.

Le conseguenze della verifica e i licenziamenti – Il resto è storia: il Governo Draghi ha commissariato Sogin a giugno 2022, ufficialmente per l’urgenza “di accelerare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani, la gestione dei rifiuti radioattivi e la realizzazione del deposito nazionale” e così la società è rimasta fino ad agosto 2023. La Corte dei Conti ha aperto un’indagine (tuttora in corso) ad aprile 2023. Un terremoto che, evidentemente, ha mandato in fumo più di un affare. Ma Fontani era rimasto nella task force sul decommissioning anche dopo la nomina del nuovo cda da parte del ministro Gilberto Pichetto Fratin, ad agosto 2023.

Il licenziamento dell’ex ad e le contestazioni – Come racconta l’agenzia Ageei, pochi mesi dopo, da gennaio 2024, i tre dirigenti e quattro funzionari che avevano fatto parte della ‘task force’ sono stati raggiunti da procedimenti disciplinari (rispettivamente con licenziamento o sospensione da stipendio e servizio), con lettere firmate dall’attuale amministratore delegato, Gian Luca Artizzu e del capo del personale, Belinda Sepe. Ma non c’è stata una contestazione “nel merito del lavoro svolto e delle irregolarità annotate nel dossier del 2021”, quanto altri aspetti, come “una presunta errata qualificazione giuridica del loro referto-denuncia ai sensi della legge in materia di whistleblowing, ossia della normativa che prevede specifiche tutele per i dipendenti che segnalino illeciti e irregolarità apprese nel proprio contesto lavorativo”. Secondo la Sogin tale qualificazione avrebbe sortito l’effetto, ricercato, di impressionare i componenti del cda. Dirigenti e funzionari hanno fatto ricorso. Per loro, come hanno anche segnalato all’Autorità nazionale anticorruzione, i provvedimenti avrebbero una natura ritorsiva. Accusa respinta da Sogin. La sentenza che riguarda Fontani (che ha presentato ricorso il 14 ottobre 2024) è la prima pronunciata dal giudice del lavoro rispetto alle altre cause.

Le motivazioni della sentenza – Anche se l’incarico aveva come oggetto “verifiche di carattere contabile e contrattuale e l’accertamento delle conseguenze di carattere economico delle stesse, nell’esecuzione il gruppo di lavoro aveva accertato fatti stimati quali ‘condotte illecite’” ha scritto la giudice Anna Maria Lionetti. E Fontani, si riconosce nella sentenza, “aveva trasmesso la segnalazione non già al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, coinvolto della segnalazione, bensì al cda (altro elemento contestato), in conformità alle disposizioni interne”. Secondo il giudice del lavoro “non può condividersi l’assunto” di Sogin secondo cui “la qualificazione del rapporto in termini di whistleblowing aveva sortito l’effetto, asseritamente voluto dal ricorrente, di impressionare i componenti del cda”. Tra l’altro, “evidentemente non pienamente convinto della natura della segnalazione”, il consiglio di amministrazione aveva deciso di chiedere un parere a professionisti esterni, decidendo di procedere alla luce di questi pareri. Secondo il giudice, quindi, “deve escludersi che il cda sia stato fuorviato dalla qualificazione del rapporto”. Per tanto ha dichiarato la nullità del licenziamento e ha condannato la Sogin a reintegrare il lavoratore nella posizione lavorativa occupata al momento del recesso, nonché a risarcirlo “nella misura pari all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione”.

La delibera dell’Autorità nazionale anticorruzione – Ma la vicenda non è ancora chiusa. Perché la sentenza del Tribunale Ordinario di Roma arriva cinque mesi dopo una delibera in cui l’Autorità nazionale anticorruzione, scrive nero su bianco che il licenziamento di Fontani “presenta carattere ritorsivo in ragione delle motivazioni poste a fondamento del provvedimento espulsivo”, e contesta gli addebiti per l’amministratore delegato Gian Luca Artizzu e la responsabile dell’ufficio personale Belinda Sepe e sospensione della comminazione delle relative sanzioni in attesa della sentenza del Tribunale. Che ora è arrivata.

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