Sofia Coppola, i segreti, le location e il mondo dietro i suoi film: l’intervista

  • Postato il 12 settembre 2025
  • Interviste
  • Di SiViaggia.it
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Sofia Coppola e Milena Canonero hanno tenuto una interessante masterclass durante la Mostra del cinema di Venezia 2025. La regista americana e la celebre costumista italiana – premiata con quattro Oscar per Barry Lyndon, Momenti di gloria, Marie Antoinette e Grand Budapest Hotel – hanno incantato il pubblico, ripercorrendo la loro collaborazione e la nascita di un legame che, oltre ai set, ha attraversato luoghi iconici della storia del cinema.

Il legame speciale tra Sofia Coppola e Milena Canonero

Tutto iniziò sul set di The Cotton Club (1984), quando Francis Ford Coppola prese in mano la regia. Canonero era già parte del progetto e accolse con entusiasmo la decisione del regista di mantenere la squadra di lavoro. “Ho incontrato Milena quando avevo 11 o 12 anni, sul film di mio padre The Cotton Club”, ha ricordato Sofia. “Amavo andare agli studi dopo la scuola e vedere cosa stavano creando. Passavo molto tempo nel reparto costumi perché era sempre magico. Milena aveva un atelier e realizzava abiti incredibili. È un film bellissimo e conservo quel ricordo con grande affetto”.

Canonero, sorridendo, ha aggiunto che anche i fratelli di Sofia si affacciavano spesso nel suo laboratorio, ma fu con lei che nacque un legame speciale: “Voleva vedere tutto ed era spesso presente durante le riprese… ci siamo capite subito. Ho lavorato ancora con Francis e poi ho avuto il piacere di vestire Sofia in Il Padrino III. Infine, sono stata estremamente toccata quando mi ha chiesto di realizzare i costumi per Marie Antoinette”.

Sofia Coppola a Venezia 82
Ufficio stampa Biennale Venezia/ASAC
Sofia Coppola a Venezia 82

Marie Antoinette: costumi, colori

Il rapporto tra la regista e la costumista si è consolidato proprio grazie a film che hanno fatto delle location un elemento narrativo fondamentale. Il giardino delle vergini suicide catturava l’atmosfera sospesa dei sobborghi americani; Lost in Translation era un omaggio al disorientamento metropolitano vissuto tra le luci di Tokyo; mentre Marie Antoinette, girato tra gli sfarzi di Versailles, si è trasformato in un viaggio sensoriale nella vita della regina più discussa di Francia.

Per il film in costume del 2006, Sofia Coppola cercava qualcosa di più di una semplice ricostruzione storica. “Il suo stile è inconfondibile”, ha spiegato. “Io volevo che questo film storico fosse vivo e fresco, non un pezzo accademico. Sapevo che Milena avrebbe dato nuova linfa a quello che avevo in mente”.

La costumista ha raccontato un dettaglio curioso sulla scelta dei colori di Marie Antoinette. L’ispirazione arrivò da una collezione di Marc Jacobs e da una scatola di macaron che Sofia portò in laboratorio a Roma. “In modo molto delicato, non disse che quella sarebbe stata la palette, ma piuttosto: mi piacciono molto questi colori”, ha ricordato Canonero. “Così ho usato quella gamma per tutto il film, dai pastelli chiari al cioccolato scuro fino al nero. È stata un’idea brillante”.

Tokyo
iStock
La Tokyo di Lost in Translation di Sofia Coppola

Il ruolo delle location nei suoi film

Il dialogo a Venezia si è arricchito con l’omaggio a Barry Lyndon, capolavoro di Stanley Kubrick, da cui è stata mostrata una scena che Sofia ha poi citato in Priscilla. Quando è stato chiesto a Canonero di scegliere un’opera preferita della regista, la costumista non ha avuto dubbi: Il giardino delle vergini suicide. Il film è ambientato in un sobborgo suburbano americano negli anni ’70, e la maggior parte delle riprese è stata realizzata nel Michigan, in particolare nelle zone di Ferndale, Birmingham e Bloomfield Hills.

Non solo perché è il suo primo film, ma perché è eccellente, di altissimo livello. Porta sullo schermo il mistero della crescita e la fragilità della giovinezza… è un classico intramontabile. Insieme a Lost in Translation, che affronta un tema sottilissimo con una sensibilità che pochi registi possiedono”. Lost In Translation l’ha portata in Oriente, lontano da casa, ma anche dalla sua cultura: “Tokyo è così diversa da qualsiasi altro posto in cui sia mai stata… Volevo fare qualcosa ambientato in quel mondo”.

In fondo, il dialogo tra Coppola e Canonero non è solo un racconto di costumi e collaborazioni artistiche, ma anche di luoghi. Dai corridoi di Versailles agli skyline di Tokyo, passando per le atmosfere suburbane americane, i film di Sofia Coppola trasformano ogni location in un personaggio vivo, e con l’aiuto di Canonero, in un’opera d’arte da indossare.

Parlando del film Somewhere la regista ha detto: “Gli hotel sono sempre un piccolo mondo a sé … È divertente vedere chi ci soggiorna. E in questa storia sembrava semplicemente il posto giusto. L’hotel diventa più di un semplice set, è uno spazio vivo e transitorio che riflette lo stato interiore dei personaggi”.

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SiViaggia.it