Siria, le manovre di Erdogan per bandire le milizie curde e prendersi la ricostruzione. L’ostacolo è Israele
- Postato il 8 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Il Ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ormai si vede più a Damasco che ad Ankara. Questa settimana si è recato per la terza volta a nella capitale siriana dove ha dichiarato che la Turchia continuerà a sostenere il popolo siriano e le sue legittime aspirazioni e volontà.
“Durante ogni mia visita, osservo personalmente i progressi compiuti dalla Siria in molti settori”, ha dichiarato Fidan su X sottolineando che questa è stata la sua terza visita a Damasco nei nove mesi successivi alla caduta del regime di Bashar al-Assad, avvenuta l’8 dicembre del 2024. Il ministro ha proseguito: “Sotto la guida del Presidente Recep Tayyip Erdoğan e del Presidente Ahmad al-Sharaa, siamo determinati ad approfondire la cooperazione in tutti i settori”.
Priorità con Damasco: sicurezza e lotta alle milizie curde – Nel suo incontro con Sharaa, Fidan ha affermato di aver discusso un’ampia gamma di questioni, per poi sottolineare che Ankara è al fianco di Damasco nella lotta contro le organizzazioni terroristiche. Leggasi la milizia curda Ypg che guida le Syrian Democratic Forces (Sdf) e ha base nel Rojava, la regione settentrionale, a est del fiume Eufrate, che corre lungo il confine con la Turchia. Fidan ha inoltre affermato di aver valutato le misure che potrebbero essere adottate a livello bilaterale e regionale per la ricostruzione della Siria. “Ci siamo concentrati in particolare sulle questioni di sicurezza e sulle minacce interne ed esterne alla sovranità e all’unità politica della Siria”.
Fidan ha inoltre ribadito che la Turchia è pronta a fornire l’assistenza necessaria al governo siriano nell’assumersi le responsabilità relative alla gestione e alla sicurezza dei campi profughi nella Siria nord-orientale. Ovvero le tendopoli dove sono stati imprigionati i combattenti dell’Isis e le loro famiglie e che ancora sono sotto la sorveglianza dei guerriglieri curdi.
Fidan ha poi sottolineato che durante gli incontri sono state discusse anche le attività israeliane contro la Siria. “Israele sta perseguendo una politica che destabilizza la nostra regione”, ha affermato, sottolineando che impedirlo è una “responsabilità condivisa della comunità internazionale”.
Gli obiettivi: investimenti e bandire le Syrian Democratic Forces – Fidan vorrebbe ottenere due cose. Innanzitutto la soppressione con l’accusa di terrorismo delle Sdf, ovvero l’alleanza ombrello delle milizie siriane arabe e curde, guidate da queste ultime, che sono state dirimenti per sconfiggere l’Isis sul terreno dieci anni fa e la creazione di basi militari turche all’interno della Siria, soprattutto nel nord-est al confine con l’Iraq dove ci sono ancora alcune cellule dei guerriglieri del Pkk smantellato due mesi fa per volere del proprio fondatore, Abdullah Ocalan.
La Siria nord-orientale, abitata soprattutto da curdi è inoltre l’unica regione del paese dotata di risorse energetiche: gas e petrolio di alta qualità alla fonte che fanno gola alla Turchia del tutto priva di idrocarburi. Secondo obiettivo della Turchia: gli investimenti infrastrutturali, energetici e commerciali in un Paese tutto da ricostruire dopo 14 anni di guerra.
L’ostacolo Israele – Il Sultano, peraltro, non ha mai nascosto di mirare a riportare Aleppo all’interno della propria giurisdizione, come ai tempi dell’Impero Ottomano. Ma, di fatto, ora non ne ha più bisogno semplicemente perché ha ormai in pugno tutta la Siria. L’unico stato che sta cercando di rompergli le uova nel paniere è Israele che non vuole l’espansione delle brutali milizie sunnite sfuggite anche dalle mani di Sharaa in varie occasioni, dallo scorso dicembre, per massacrare i cristiani, gli alawiti e i drusi che compongono la mappa demografica-religiosa della Siria.
L’altro caso: condannato obiettore di coscienza che rifiuta la leva militare – In ambito domestico, questa settimana va registrato un fatto finora inedito: un tribunale di Sivas, nel cosiddetto Kurdistan turco, ha condannato l’obiettore di coscienza Çınar Koçgiri Doğan a cinque mesi di carcere per aver rifiutato il servizio militare obbligatorio, diventando così il primo obiettore di coscienza in un decennio a essere incarcerato in Turchia.
La Procura Generale di Sivas ha depositato un atto d’accusa contro Doğan nel dicembre 2024. È stato processato dal Tribunale Penale di Primo Grado di Sivas, dove ha difeso il suo rifiuto di prestare servizio per motivi politici ed etici. “Sebbene il servizio militare sia obbligatorio, la mia posizione politica considera l’obiezione di coscienza un diritto fondamentale e credo di dover essere esentato dal servizio. Se mi venisse assegnato un altro incarico pubblico, sarei disposto ad assolverlo”, ha dichiarato l’uomo al tribunale, chiedendo la propria assoluzione.
Tuttavia, il tribunale ha osservato che Doğan aveva raggiunto l’età per la coscrizione nel 2008, era stato ufficialmente classificato come renitente alla leva nel 2019, dopo un periodo di rinvio, ed era stato successivamente arrestato dalle forze dell’ordine. Invocando l’articolo 63 del Codice penale militare n. 1632, il tribunale lo ha condannato a cinque mesi di carcere.
“Considerando che il fatto che l’obiezione di coscienza non sia riconosciuta come un diritto nel nostro Paese non costituisce una violazione della nostra legislazione e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, le argomentazioni difensive dell’imputato che chiedevano l’assoluzione per obiettore di coscienza non sono state accolte”, si legge nella sentenza del tribunale.
L’avvocato di Doğan, Gökhan Soysal, ha presentato ricorso contro la sentenza. Tuttavia, il 2 luglio, la Quinta Camera Penale della Corte Regionale di Giustizia di Kayseri ha confermato la sentenza originale, rendendo definitiva la sentenza.
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