Siria, ‘Il Becchino’ cala la maschera: chi è Muhammad Afif Nafieh, l’uomo che ha svelato la macchina della morte di Assad
- Postato il 21 aprile 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Forse è stato per la sua precisione che lo hanno scelto. Non ne è sicuro Muhammad Afif Nafieh, per anni conosciuto con il suo nome in codice, Il Becchino, che dal 2018 a volto coperto ha raccontato delle atrocità compiute dal deposto regime siriano. Con il viso completamente reso irriconoscibile da una maschera nera, Nafieh aveva raccontato per anni, finendo a parlare perfino davanti al Congresso americano, il meccanismo della macchina della morte in Siria. La sua testimonianza era stata fondamentale nel processo istruito a Coblenza, in Germania, che aveva portato alla sbarra e poi condannato due ufficiali dei servizi siriani che si erano rifugiati nel Paese sotto falsa identità e nascondendo i loro crimini. Ma ora, un salto indietro.
Siamo a Damasco, in un piccolo ufficio del municipio. Nafieh è seduto alla sua scrivania a lavorare. È addetto alle sepolture. Si occupa degli aspetti burocratici. “Non avevo mai visto neanche un corpo”, racconta a Middle East Eye.
Degli ufficiali dei servizi segreti entrano e lo avvisano che è stato scelto per gestire la registrazione dei cadaveri che presto arriveranno. È il 2011, tutti sanno che qualcosa sta accadendo. Nel Paese si registrano manifestazioni senza precedenti contro il regime che da cinquanta anni tiene in scacco la Siria e al cui vertice c’è Bashar al Assad.
“Un camion frigo dell’esercito è arrivato sul sito dove lavoravo, quando hanno aperto le porte non potevo credere a quello che vedevano i miei occhi”, racconta. Oltre 300-400 corpi sono ammassati in quel tir di sedici metri che aveva fatto ingresso nel cimitero. Non c’è tempo per le emozioni. Nafieh ha il compito di annotare da quale distaccamento dei servizi segreti arrivano i corpi e quanti di questi venivano messi nelle fosse. Poi, deve fare quattro copie del rapporto, di cui una da mandare al palazzo presidenziale. “Assad sapeva tutto quello che avveniva”, ha dichiarato a molti giornali qualche giorno fa, quando finalmente si è scoperto il volto rivelando la sua identità dopo sette anni di anonimato.
A Qutayfah, una zona fuori Damasco, gli uomini dei servizi avevano chiesto al Becchino se il sito individuato – una zona lontana dalla città – andava bene per farne altre fosse comuni. “Diedi parere positivo”, continua parlando con i quotidiani arabi. “All’inizio arrivavano due camion frigo alla settimana, poi sono aumentati a quattro”.
Corpi su corpi. I cadaveri provenivano da tutte le sezioni dei servizi segreti a Damasco, dagli ospedali e dalle carceri, come Saydnaia, un luogo dove i carcerati venivano giustiziati nella notte e sepolti alle 3 di mattina. La quotidianità di Nafieh è scandita dallo scarico dei corpi. Dalla conta e la documentazione. Dal cadavere numero tot, arrivato dalla prigione tale. “Vedevo quei corpi – dice – Sentivo la loro sofferenza”.
Non resiste più. Prepara la sua fuga che lo porta fuori dalla Siria, insieme a milioni di rifugiati. Si nasconde, fino a qualche giorno fa. Negli Stati Uniti, partecipando ad un summit all’università di Harvard, Il Becchino si è tolto il cappuccio. “Mi chiamo Muhammad Afif Nafieh – ha detto – E questa è la mia storia”.
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