Sinner, la nuova Nazionale: il “dieci” che fa saltare il Paese sul divano. È (già) lo sportivo italiano più forte di sempre?

  • Postato il 14 luglio 2025
  • Tennis
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Considerata ormai chiusa la discussione su chi sia il tennista azzurro più forte di sempre, a 23 anni e undici mesi, Jannik Sinner sta mettendo il Paese di fronte a una domanda imbarazzante vista la sua età e una carriera in evoluzione, con molte curve ancora davanti. Il rosso da Sesto Pusteria è lo sportivo italiano più forte mai visto? La risposta non è scontata, ma la domanda è legittima per uno stuolo di motivi, comunque più breve dei suoi trofei e presto, molto probabilmente, anche dei suoi titoli Slam. Innanzitutto, Sinner è il numero uno al mondo da oltre un anno e salvo crolli nell’ultimo quarto di stagione, quella a lui più congeniale, lo resterà fino all’inizio del 2026 superando in longevità in testa al ranking una leggenda come Ivan Lendl.

Hanno vissuto altri sportivi nostrani momenti così lunghi di semi-dominio mondiale, per di più destinato a non essere scalfito nel medio periodo? Secondo, portando il tennis azzurro ad atterrare su pianeti finora inesplorati, Sinner è diventato un unicum negli sport individuali conquistando e ri-conquistando trofei mai lontanamente immaginati (Australian Open) o solo di recente sfiorati come Wimbledon. Soprattutto, i suoi trionfi non sono stati frutto di un exploit irripetibile ma la sublimazione di un percorso che si è fatto status. Siamo, insomma, in zona Valentino Rossi, Alberto Tomba e Fausto Coppi ma in uno sport sideralmente più planetario degli altri tre. E ha anche il vantaggio di non aver avuto un Agostini o un Thoeni a far dire “e ma…”.

Dulcis in fundo, c’è una circostanza contingente che amplifica le gesta della sua racchetta: Sinner sta vincendo in un periodo di vacche magrissime per la Nazionale di calcio e ne sta prendendo il posto nel racconto mediatico e dunque anche popolare. Nonostante il tennis non si pratichi sul selciato nei vicoli, né le palle da tennis siano mai state una livella sociale come quelle di cuoio, oggi l’uomo venuto giù monti non è un epigono degli Azzurri ma un degno successore. Sinner-Cahill-Vagnozzi come Zoff-Bergomi-Gentile, ma senza urlo e braccia alzate del presidente della Repubblica in tribuna. Tutti incollati alla tv per una semifinale degli Australian Open contro Nole Djokovic in programma all’alba e attaccati agli schermi degli smartphone sotto l’ombrellone per le finali contro Carlos Alcaraz a Parigi e Londra, mentre il presidente Angelo Binaghi gli ha pure costruito la sua Coverciano al Foro Italico. Tutti Sifa, Sinner fanatic. E alzi la mano chi non ha avuto almeno un amico, un parente, un conoscente nei gruppi Whatsapp che sabato non abbia chiesto: “Ma Sinner-Alcaraz la danno in chiaro in tv?”. Ce ne andiamo a Church Road, Beppe.

Sinner come copia moderna de Le Star di Edgar Morin, intoccabile del “nuovo Olimpo” e prodotto culturale di massa, star-merce e volto utile per cose italianissime come pasta, caffè, formaggio nazionale, scelto perfino la banca più importante da Milano in giù, divo alla portata di tutti che racconta i simboli dell’Italia e di cui tutti vogliono un pezzetto. Alla faccia di chi, un anno e qualche mese fa, montò una polemica d’inchiostro sulle sue origini presuntamente spurie che non ne facevano uno di noi. Simpatico – l’inchiostro s’intende, non la diatriba – alla luce della strada intrapresa dalla storia. Fino a quel urlo molto, molto latino (“Sfiga!”) con tanto di gesticolio verso il suo angolo per uno scambio sfortunato e all’abbraccio in tribuna a mamma Siglinde e papà Hanspeter dopo il trionfo: fosse rimasto un dubbio a qualcuno, meno copertine di Tomba e meno guascone di Rossi, ma Jannik Sinner è il “dieci” italiano che, senza compagni su un prato verde, fa saltare un Paese in piedi sul divano.

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Il Fatto Quotidiano

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