“Sinner ha affrontato l’ultimo anno in modo incredibile. Federer? Commetteva sempre un errore, contro Djokovic era un’altra storia”: Rafael Nadal si racconta
- Postato il 12 marzo 2025
- Tennis
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Dopo le Olimpiadi mi sono detto: ‘Basta, è finita’. L’ho accettato: la mia carriera era arrivata al termine”. A confessarlo è la leggenda del tennis Rafa Nadal, che si è raccontato in una lunga intervista a Served, il podcast condotto da un altro ex tennista, Andy Roddick, durante la quale lo spagnolo ha ricordato i suoi successi e i suoi rivali storici, ma anche gli ultimi anni nel circuito, segnati dalle difficoltà fisiche che, poi, lo hanno portato a ritirarsi. 22 trofei Slam, di cui 14 solo al Roland Garros, una medaglia d’oro olimpica e altri 70 titoli ATP, per un totale di 92 in tutta la sua carriera: questo il bottino conquistato dal campione iberico in 23 anni. Poi, però, gli infortuni ne hanno compromesso la condizione fisica: “L’anno scorso è stato mentalmente durissimo, mi ha costretto ad accettare una realtà difficile da digerire. Nel 2022 avevo vinto i primi due Slam, poi è arrivato l’infortunio agli addominali a Wimbledon”. Nadal era pronto a tornare in forma, ma “in Australia ho subito un grave infortunio: la lesione all’ileopsoas sinistro. Da lì è iniziato tutto”, ricorda lo spagnolo. Da quel momento, “sono iniziati cinque-sei mesi di duro lavoro. Il problema non era colpire bene la palla, ma fisicamente mi sentivo limitato. Poi è arrivato il momento della resa: dopo le Olimpiadi sono tornato a casa e mi sono detto: ‘Basta, è finita’. Ho capito che non sarei mai più tornato al mio livello, continuare non aveva più senso”.
L’evoluzione del suo gioco e le difficoltà sulle superfici veloci
Quella di Nadal è stata una carriera in ascesa sin dai primi anni nel circuito. Non a caso, nel 2005, a soli 19 anni, vinse il suo primo titolo Slam, al Roland Garros. Un successo ripetuto per quattro anni di fila, ma mai replicato sulle altre superfici, almeno fino al 2008, l’anno in cui vinse Wimbledon: “La determinazione a migliorare è stata la mia costante. Quando ho vinto il mio primo torneo sul duro, ho fatto capire al mondo che non ero solo un giocatore da terra battuta. Ho amato l’erba più di quanto si possa immaginare. Giocare sull’erba richiede di ripartire da zero: bisogna adattare il movimento, il servizio, il modo di colpire la palla. È una superficie che non lascia spazio alle mezze misure: devi attaccare sempre”, ha detto lo spagnolo. Sebbene sia riuscito a vincere due volte Wimbledon, “il mio fisico non mi permetteva di competere con continuità su una superficie così esigente dal punto di vista atletico. È stato molto frustrante, perché sapevo di avere le mie chance e ho sempre preferito affrontare Novak sull’erba rispetto al cemento”.
L’ultima volta al Roland Garros e la rivalità con Djokovic e Federer
Oltre che in campo, Nadal, a Parigi, è stato protagonista anche nella cerimonia di apertura delle Olimpiadi 2024, quando è stato chiamato a portare la torcia olimpica: “Riceverla da Zidane di fronte alla Torre Eiffel è stato un momento emozionante. Sono scoppiato a piangere, ho visto la mia carriera scorrere davanti ai miei occhi. Parigi ha sempre avuto un posto speciale nel mio cuore. Quando l’ho scoperto? Non sapevo nulla, mi è stato detto 5 minuti prima. È stato un riconoscimento non solo per ciò che ho fatto sul campo, ma anche per il legame speciale che ho costruito con il pubblico e la città stessa”, ha spiegato Nadal. Ed è stato proprio durante la rassegna olimpica che il tennista maiorchino ha disputato la sua ultima partita in singolare al Roland Garros, dove Nadal ha costruito la sua leggenda con un record impressionante di 113 vittorie e 5 sconfitte. E il destino ha voluto che lo spagnolo affrontasse uno dei suoi due rivali storici, Novak Djokovic: “Giocare contro di lui era un’altra storia. C’era una strategia da seguire, ma per batterlo l’unica soluzione era giocare bene per tantissimo tempo. La chiave era mantenere il gioco al centro, evitando di dargli troppo angolo. In termini di controllo della palla, è stato il miglior giocatore che abbia mai visto”, ha spiegato. Non è stata quella con il serbo, però, la rivalità che, secondo Nadal, “era più affascinante per il pubblico”. Lo spagnolo, infatti, ha ricordato anche le lunghe “battaglie” sportive con Roger Federer, che si è ritirato nel 2022: “La strategia era sempre chiara: puntare costantemente sul suo rovescio. Ogni nostro incontro era una partita a scacchi, dove tutti sapevano esattamente quali sarebbero state le strategie di entrambi. Nel 2017 è stato il giocatore più forte che abbia mai affrontato sulle superfici veloci: aggressivo, rapido e con un servizio praticamente illeggibile. All’inizio, però, commetteva sempre lo stesso errore: giocava con il suo rovescio alto sul mio dritto, permettendomi così di attaccare con continuità”, ha aggiunto l’ex tennista.
L’elogio alle nuove generazioni
Oggi, però, né lui né lo stesso Federer sono più in attività. Resta al momento solo Djokovic, l’ultimo esponente di quelli che, negli anni, sono stati definiti i “Big Three” (o “Big Four”, se si aggiunge anche il britannico Andy Murray, ora coach del tennista serbo). Ma il futuro del tennis, almeno secondo Nadal, sembra essere in ottime mani: “Abbiamo dimostrato (lui, Federer e Djokovic, ndr) che si può essere competitivi e mantenere un ottimo rapporto, anche in una rivalità durissima, senza mai perdere la propria umanità. Questo valore lo abbiamo trasmesso anche alle nuove generazioni, come Carlos Alcaraz e Jannik Sinner: rispettare le persone e i propri avversari, sempre. Carlos è un ragazzo d’oro. Anche Jannik è straordinario: è sempre concentrato su quello che fa in campo, il modo in cui ha affrontato il processo dell’ultimo anno è stato semplicemente incredibile. Le nuove generazioni aiuteranno il nostro sport a crescere e a coinvolgere sempre più tifosi”, conclude Nadal.
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