Sicilia, aumentano i morti sul lavoro ma gli ispettori sono solo 49. La denuncia della Cgil: “Il quadro è disastroso”

  • Postato il 7 giugno 2025
  • Lavoro
  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’ultimo morto sul lavoro è Carmelo Magistro, un autotrasportatore deceduto dopo un incidente a Noto lo scorso 3 giugno. Va a sommarsi agli altri incidenti sul lavoro in cui hanno perso la vita 22 persone nei primi 4 mesi dell’anno in Sicilia. Un drammatico primato che pone l’isola come seconda regione in Italia per incremento delle morti sul lavoro dal 2024 al 2025: negli stessi mesi dell’anno precedente, ovvero da gennaio ad aprile del 2024, erano stati 13. Ma per la regione più a Sud d’Italia non è l’unico primato, ne vanta anche un altro: la Sicilia ha il minor numero di ispettori.

Sono 49 (qualcuno vicino al pensionamento), un numero di molto inferiore alle altre regioni italiane: la Lombardia ne conta 751, tra ispettori regolari e tecnici, mentre anche la Calabria fa meglio con 161 ispettori. Ma perché nell’Isola a controllare sulle condizioni dei lavoratori sono così pochi? Tutta colpa dell’autonomia che ha regalato alla Regione la possibilità di avere responsabilità diretta sulla sicurezza sul lavoro: unica regione d’Italia assieme al Trentino Alto Adige. L’allarme per i pochi ispettori si ripete di anno in anno. In particolare nel 2024, dopo che 5 operai persero la vita per avere inalato gas nocivi a Casteldaccia, balzò alle cronache il numero esiguo degli ispettori siciliani. Per questo per aumentare i controllori sono stati inviati da Roma altri ispettori alle dirette dipendenze dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) fino ad arrivare al numero totale di 70 ispettori.

Ma alcuni di questi hanno preferito tornare nelle sedi di appartenenza dopo aver toccato con mano la forte disorganizzazione lavorativa: “Non sono affiancati da personale amministrativo e da una struttura dirigenziale di supporto presente sul campo”, raccontano anonimamente alcuni di loro. In sintesi, un disastro, considerando che la pianta organica della Regione ne prevede 280. “Nonostante le pressioni delle organizzazioni sindacali, soprattutto della Cgil, se non fosse per quelli arrivati da Roma, saremmo quasi del tutto sprovvisti, e nonostante questo rinforzo il quadro è disastroso, considerando che alla camera di commercio sono iscritte poco più di 400 mila aziende, il conto è presto fatto: un’azienda in Sicilia può essere controllata una volta ogni 20 anni”, sottolinea Francesco Lucchesi, segretario regionale Cgil Sicilia.

Per Bruno Giordano, magistrato di Cassazione ed ex direttore dell’Inl, anche se la pianta organica della regione fosse completa sarebbero ancora pochi: “Ci vorrebbe un esercito”. Il magistrato il prossimo 17 giugno presenterà proprio a Casteldaccia il suo libro, “Operaicidio” (edito da Marlin) scritto a quattro mani con l’ex capo della redazione palermitana di Repubblica, Marco Patucchi: “Morti di cui non si parla più”, sottolinea Giordano. Nel frattempo, in vista anche del referendum dell’8 e 9 giugno, che prevede un quesito proprio sulla sicurezza, Giordano torna a denunciare: “Il tema del numero degli ispettori non va parametrato al numero delle imprese ma a quello dei lavoratori e della popolazione lavorativa. Perché il numero dei lavoratori sono quelli regolarmente assunti ma c’è un’estesa realtà di lavoratori impiegati a nero: l’ispettore dovrebbe andare a caccia di questi. Quindi il parametro di efficienza per stabilire un numero di ispettori congrui andrebbe valutato in base alla popolazione che va dai 16 anni fino ai 65, che teoricamente sono le persone che potrebbero lavorare e di cui una grande parte lavora a nero. L’Istat lo scorso 18 ottobre 2024, ha contato 2 milioni 986 mila lavoratori in nero. Sono 3 milioni di stipendi al mese pagati in contanti non registrati e quindi: evasione. Il tema della sicurezza è legato al lavoro nero e questo è legato all’evasione fiscale”. Per questo il magistrato ribadisce: “Ci vuole un esercito, ma soprattutto ci vuole un coordinamento di tutti gli organi di vigilanza e di tutte le forze ispettive e investigative quando si va in un’azienda”. Cioè quello che in Sicilia manca e che ha portato alcuni degli ispettori in missione inviati da Roma a tornare alla base.

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