Shutdown Usa, l’intesa raggiunta al Senato spacca i democratici
- Postato il 11 novembre 2025
- Di Panorama
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Lo shutdown di governo più lungo della storia americana sembra avere i giorni contati. Nella notte tra lunedì e martedì, infatti, il Senato americano ha votato in favore di una proposta di legge volta a rompere l’impasse creatasi e a finanziare le attività di governo sospese.
La parola passa quindi alla Camera dei Rappresentanti, che mercoledì, o al più tardi giovedì, inizierà il processo di approvazione della legge che metterà verosimilmente fine a oltre 40 giorni di interruzione delle attività governative non essenziali.
Il voto al Senato
Dopo oltre 40 giorni, ieri al Senato il muro dei democratici è infine crollato. Fino a lunedì, infatti, i dem hanno sempre sottoposto il loro voto al rifinanziamento dei sussidi relativi all’Obamacare, introdotti dall’ex Presidente Barack Obama.
Ieri però, ben 8 senatori democratici hanno infine deciso di accettare la proposta del leader repubblicano al Senato, John Thune: Una garanzia di votare una legge che affronti la questione dei sussidi.
Si è quindi andati al voto per riaprire le attività di governo, che ha visto 60 senatori favorevoli, inclusi 8 democratici, e 40 contrari. La palla è stata subito colta al balzo dal Presidente della Camera Mike Johnson (repubblicano), che ha dichiarato a Fox News la sua intenzione di convocare «immediatamente» la Camera dopo l’approvazione della legge da parte del Senato.

La spaccatura nel partito Democratico
L’accordo raggiunto al Senato ha innescato una violenta frattura interna nei dem. Le reazioni degli esponenti di spicco del partito sono state durissime nei confronti degli otto senatori che hanno votato con i repubblicani.
Il governatore della California Gavin Newsom ha bollato la mossa come «patetica», sostenendo che «l’America merita di meglio». Il deputato Ritchie Torres ha addirittura parlato di «resa incondizionata». Mentre la vicegovernatrice dell’Illinois Juliana Stratton si è spinta ancora oltre, definendola «un completo tradimento del popolo americano».
Non a caso le critiche più feroci sono piovute sul capogruppo democratico al Senato Chuck Schumer, accusato di esercitare una leadership debole e di non essere riuscito a mantenere la disciplina tra i ranghi del partito.
Il deputato Ro Khanna ha chiesto apertamente la sua sostituzione, affermando che non è più efficace nel suo ruolo. Anche Pete Buttigieg, ex segretario ai Trasporti e figura di primo piano del partito, ha definito l’accordo raggiunto «un cattivo accordo».
Per molti esponenti dello schieramento progressista, lo shutdown non era semplicemente una battaglia sui sussidi sanitari, ma rappresentava uno strumento strategico per combattere l’amministrazione Trump e dimostrare agli elettori che i democratici erano capaci di un’opposizione decisa, anche se alle spese della salute economica del Paese.
La strategia sembrava però funzionare. I sondaggi indicavano chiaramente che gli elettori attribuivano la responsabilità dello shutdown ai repubblicani, e la popolarità di Trump era in calo, scendendo per la prima volta sotto il 40 per cento secondo rilevazioni della CNN.
L’accordo finale si è però tramutato in una chiara sconfitta politica per i dem. Il braccio di ferro è stato vinto dai repubblicani, che non hanno concesso alcuna garanzia concreta sui sussidi sanitari, ma solo la promessa di un voto futuro.
I danni dello shutdown
Oltre 40 giorni di interruzione delle attività governative hanno lasciato segni profondi nel tessuto sociale ed economico americano. L’amministrazione Trump ha sfruttato il blocco dei finanziamenti per licenziare migliaia di dipendenti federali, che, al termine dello shutdown, verranno tuttavia riassunti.
Il settore dei trasporti ha subito gravi contraccolpi, con la cancellazione di centinaia di voli negli aeroporti nazionali a causa della carenza di personale nei controlli di sicurezza e nella gestione del traffico aereo.
Secondo le stime, i danni economici complessivi dello shutdown hanno superato i dieci miliardi di dollari tra perdita di produttività, mancati introiti fiscali e costi di riattivazione dei servizi.
L’impatto di breve termine sarà ancora più forte, ma dovrebbero essere recuperate nel prossimo trimestre, intanto, Donald Trump può godersi l’ennesima vittoria politica su un partito Democratico che continua ad apparire senza guida.