Sette anni dalla tragedia del Raganello
- Postato il 21 agosto 2025
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Il Quotidiano del Sud
Sette anni dalla tragedia del Raganello
CIVITA non dimentica e anche quest’anno ha voluto ricordare le vittime della tragedia del Raganello con una messa solenne. Dieci morti, sette anni trascorsi con nessuna verità giudiziaria e una ferita che fa ancora fatica a rimarginarsi. Era il 20 agosto del 2018, un lunedì d’estate con tanti turisti che affollavano Civita, piccolo centro arbëresh di 800 abitanti nel cuore del Pollino, e le Gole del Raganello, un canyon visitato da migliaia di turisti ogni anno da escursionisti e appassionati di canyoning. Nel primo pomeriggio, all’improvviso, un’onda anomala di tre metri con fango e detriti, invase le gole travolgendo ogni cosa. Morirono Antonio Santapaola e Carmen Tammaro, genitori della piccola Chiara, 9 anni, sopravvissuta alla piena, Myriam Mezzolla, Claudia Giampietro, l’immunologa bergamasca Paola Romagnoli, l’agente di polizia penitenziaria Gianfranco Fumarola, i fidanzati Carlo Maurici e Valentina Venditti, l’avvocato Imma Marrazzo e Antonio De Rasis, guida del Soccorso alpino poco più che trentenne di Cerchiara di Calabria.
Scattarono subito i soccorsi ma non fu facile intervenire. I Vigili del fuoco, il Soccorso alpino e i volontari salvarono ventitré persone di cui undici ferite. Furono centoventidue gli uomini del Corpo nazionale del soccorso alpino che entrarono in azione a Civita per tentare di salvare i turisti sopravvissuti alla piena che aveva invaso le Gole del Raganello. E il vicepresidente del Soccorso alpino Calabria, Giacomo Zanfei, dava alla stampa i dettagli tecnici di un intervento che aveva portato in Calabria anche gli specialisti di Basilicata, Puglia, Campania e i forristi dell’Umbria.
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«Non ci siamo fermati un attimo – raccontava – appena lanciato l’allarme siamo arrivati sul luogo dell’intervento con la nostra componente speleologica per portare in salvo le persone e trasportarle nel più breve tempo possibile, al posto medico avanzato per la prima valutazione sanitaria. Siamo entrati nelle Gole del Raganello e abbiamo ispezionato tutti gli anfratti alla ricerca di superstiti e di corpi ormai senza vita».
Alle operazioni di soccorso parteciparono uomini e donne delle stazioni del Pollino, di Sila Camigliatello, Sila Lorica, Catanzaro e Aspromonte, una squadra di professionisti ben formati che non si è risparmiata, operando delle bonifiche selettive lungo tutto il fiume fino alla foce. Un intervento non facile considerati i luoghi impervi, a tratti insidiosi, che meritavano, però, di essere scandagliati con cura perché avrebbero potuto nascondere alla vista dei soccorritori, qualche persona ancora in vita. «Abbiamo lavorato senza sosta per molte ore – spiegava Zanfei – facendo soltanto dei brevi turni di riposo e recuperando molti corpi senza vita».
La palestra di Civita si trasformò in una camera mortuaria, con dieci bare allineate, mentre i familiari delle vittime furono accolte e ospitate dagli abitanti del paese arbëresh, che tennero le loro case aperte per tutta la notte. Arrivò anche l’allora ministro dell’Ambiente Sergio Costa per testimoniare la presenza di un Governo che il giorno dopo la tragedia del Raganello, però, scomparve nel nulla e la Procura di Castrovillari aprì un’inchiesta per omicidio colposo, lesioni colpose e omissione d’atti d’ufficio, indagando sette persone, compresi i sindaci di Civita, San Lorenzo Bellizzi e Cerchiara. Inizialmente, sotto la lente d’ingrandimento dell’allora Procuratore Eugenio Facciola, finirono l’allerta meteo per possibili piogge intense, alla quale non fu dato peso perché se ne susseguirono molti in quel periodo, e una serie di controlli probabilmente disattesi, tra cui un accesso libero alle Gole da più comuni con guide improvvisate e non sempre autorizzate.
Le numerose perizie tecniche fecero emergere che quel giorno si era formata a monte del Raganello una diga naturale composta da tronchi e detriti. La pioggia incessante la liberò da ogni ostacolo trasformandola in un’onda di fango alta più di tre metri che travolse tutto ciò che si trovò davanti. Da allora le Gole del Raganello e il Ponte del Diavolo, antico arco che sovrasta il torrente, sono sotto sequestro e a nulla sono valse le richieste di misure concrete per riaprirli al pubblico in sicurezza. E Civita da allora, ferita e sola, aspetta di sapere quale sarà il suo futuro.
Il Quotidiano del Sud.
Sette anni dalla tragedia del Raganello