Sergio Nuvoli e i tutori dei minori stranieri: “Una figura che aiuta l’integrazione, vigilando su tutto il sistema di accoglienza”

  • Postato il 15 ottobre 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Se un minore straniero di cui ero tutore volontario mi ha chiesto dei soldi? È successo una volta su oltre cento ragazzi che ho seguito nel corso di quasi vent’anni. Le spiego: il minore era stato messo per errore in una struttura per adulti e il suo pocket money, 2,5 euro al giorno, lo girava a sua madre in Mali per vivere. Quando hanno capito l’errore e l’hanno spostato, ha perso questo piccolo contributo, era disperato perché sua madre doveva operarsi agli occhi, così l’ho aiutato. Ma è stata, ripeto, l’unica volta”.

Sergio Nuvoli, 55 anni, giornalista, tre figli, vive a Cagliari. Fa il tutore dei minori stranieri non accompagnati dal lontano 2007, “dieci anni prima che venisse emanata la legge Zampa del 2017”, spiega, “che prevede una specifica figura del tutore volontario di minori non accompagnati, prima si parlava di solo di tutore legale in base alle norme classiche del codice civile”. Diventare tutori di minori volontari è semplice: basta seguire i corsi di formazione appositi del Garante dell’Infanzia della propria regione. E se non c’è rivolgersi al Garante dell’Infanzia nazionale per sapere quando e come seguire i loro corsi.

Vigilare che tutte le tappe dell’accoglienza funzionino

Sergio inizia il suo ruolo nel 2007, appunto, quando cominciavano le prime ondate di sbarchi. Da allora ha seguito più di cento ragazzi, oggi ne segue tre, il limite messo dalla legge Zampa, tra cui un bambino di 9. Ma cosa fa il tutore di minori non accompagnati? “In pratica, monitora il percorso di integrazione del ragazzo, interagendo costantemente con tutto il sistema di accoglienza, dalle forze dell’ordine alle comunità di accoglienza e alle case famiglia, dagli psicologi alle strutture sanitarie”.

Vigilare che il percorso del minore vada a buon fine significa, ad esempio, verificare che la struttura in cui è inserito gli garantisca quanto previsto dalla legge, non solo un letto e il pranzo, ma anche vestiti adeguati o un percorso di alfabetizzazione italiana. Insomma, “il tutore ha il ruolo fondamentale di verificare che ogni pezzo della macchina dell’accoglienza funzioni: a volte si incontrano strutture con persone capaci di fare il proprio lavoro, a volte invece bisogna rivolgersi al tribunale nei dei minori per spostare un ragazzo o ottenere altro. E bisogna essere sempre pronti a intervenire, anche durante le feste perché, magari, che so, un minore è scappato”. Allo stesso tempo, “l’altro compito centrale”, continua, “è legare con il minore per cercare di capire quali sono i suoi bisogni e aspettative, parliamo di ragazzi che a volte non sanno neanche in che Paese sono, ragazzi con una volontà impressionante, ma anche la fragilità di chi si trova immerso in un mondo che non conosce e gli risveglia una paura incredibile. Ecco perché il nostro lavoro è quello di far sì che questi ragazzi si fidino delle persone con cui interagiscono”.

Com’è cambiato il sistema dell’accoglienza

Ma con una propria famiglia e tre figli, come seguire anche tutti questi ragazzi? Sergio risponde sorridendo che la sua famiglia non è stata un ostacolo, anzi, i suoi tre figli, adolescenti anche loro quando aveva tanti minori, sono stati di appoggio, “molti ragazzi spesso li abbiamo accolti in casa”. E come affrontare, invece, le emozioni che scaturiscono da situazioni così drammatiche? “In verità la cosa più complicata emotivamente, almeno per me”, racconta Sergio, “è gestire la frustrazione quando il risultato dell’inserimento non viene raggiunto o viene raggiunto in tempi molto più lunghi”.

Ci sono però buone notizie. Non solo molti ragazzi si integrano e cominciano a lavorare, “d’altronde è il loro obiettivo principale, spesso vorrebbero saltare le tappe pur di iniziare e mandare i soldi a casa”, ma anche, racconta Sergio, in questi anni il sistema si è trasformato. “All’inizio c’era improvvisazione, si aprivano sedicenti strutture magari fatte con il solo scopo di intascare soldi, poi piano piano il sistema si è organizzato, grazie a figure di medici, ma anche volontari e politici, illuminati”.

La legge Zampa è stata un grande aiuto, anche perché ha equiparato i minori non accompagnati ai minori italiani, con gli stessi identici diritti, all’istruzione, al mantenimento e all’avviamento al lavoro. E anche dopo i 18 anni c’è un istituto che consente loro di restare fino a 21 in uno status di protezione. Il passaggio alla maggiore età viene comunque preparato anche da psicologi e persone che possono aiutare il ragazzo a sperimentare un minimo di autonomia in appartamento, con progetti gestiti da fondi regionali, o in strutture per adulti.

Cosa si impara dall’esperienza di tutore di minore non accompagnati? “A guardare i flussi migratori in un altro modo”, risponde il giornalista cagliaritano, “è un’esperienza bella e soprattutto questo ruolo può essere svolto da chiunque, basta un minimo di attenzione e voglia di controllare che ogni pezzo faccia bene il suo lavoro: mi è capitato di trovare strutture che non davano scarpe o medici senza professionalità. E se prima noi tutori venivamo visti con fastidio, oggi le strutture sono abituate a interagire con noi. Infine, devo dire che whatsapp ha cambiato tantissimo il nostro ruolo, interagiamo benissimo con i messaggi, è più facile e loro, al tempo stesso, imparano l’italiano scrivendo”.

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Il Fatto Quotidiano

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