Senaldi: la fuga al posto di blocco è diventata una moda

  • Postato il 20 gennaio 2025
  • Di Libero Quotidiano
  • 3 Visualizzazioni
Senaldi: la fuga al posto di blocco è diventata una moda

La politica sta riflettendo sull'opportunità di creare una nuova fattispecie di reato: non fermarsi all'alt delle forze dell'ordine e tentare la fuga. Non sarà inserito nel ddl Sicurezza, come non lo sarà il reato di terrorismo di piazza, chiesto dalle forze dell'ordine, per non allungare ulteriormente l'iter di approvazione di una normativa ritenuta fondamentale e urgente. Tuttavia l'idea gira tra molti esponenti della maggioranza e saremmo già allo studio di fattibilità e coerenza con il nostro sistema legislativo.

Attualmente, in Italia, la fuga è ammessa; diventa reato quando chi la tenta mette in pericolo gli altri, come lo scooter guidato da Fares e con a bordo Ramy lanciato a tutta velocità nella notte per scappare ai carabinieri. A quel punto, si configura l'ipotesi di resistenza a pubblico ufficiale. L'inseguimento invece è sempre consentito; anzi, l'articolo 55 del codice di procedura penale stabilisce che le forze dell'ordine «devono, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere tutto quello che possa servire all'applicazione della legge». Tradotto: cercare di catturare chi scappa è un dovere degli agenti.

Questo potrebbe rendere, in teoria, inutile l'introduzione del reato di fuga, che darebbe l'occasione alla parte più becera, e vasta, della sinistra di tacciare la maggioranza di centrodestra di atteggiamenti securitari e autoritarismo. In realtà, la caccia all'agente e il linciaggio mediatico a cui sono state sottoposte le forze dell'ordine dopo la morte di Ramy, dimostrano che la norma di cui si parla aiuterebbe a fare chiarezza. I poliziotti e i carabinieri che inseguono infatti agirebbero per fermare un reato in flagranza, che si compie al momento stesso del tentativo di fuga, senza indagarne le modalità: cascherebbe così la ricostruzione colpevolista a carico delle autorità che molti esponenti progressisti hanno fatto della vicenda del giovane egiziano morto, scaricando sugli agenti e non sui fuggiaschi le responsabilità della pericolosità dell'inseguimento anche rispetto a terzi, come passanti o altre automobili.

Sembrerebbe una questione di lana caprina, ma così non è. I difensori di Ramy e Fares e gli accusatori degli agenti infatti, oltre a dare una copertura morale alle tante manifestazioni violente seguite nelle piazze italiane alla morte del ragazzo, hanno delegittimato le forze dell'ordine e conferito una sorta di patente morale a chiunque non si fermi all'alt dei tutori dell'ordine. Lo ha dichiarato chiaramente, in una nota, l'Unione Sindacale Italiana Finanzieri, denunciando «la crescente e preoccupante tendenza che si registra di non osservare gli alt imposti dalle autorità. Una pratica che costituisce un grave rischio per la sicurezza pubblica e per gli operatori delle forze dell'ordine, costretti a fronteggiare situazioni di pericolo nel tentativo di garantire la legalità».

La nota è stata diffusa dopo che a Modena, sabato notte, un ragazzo incensurato di 21 anni senza patente ma alla guida di un'auto sportiva ha forzato un posto di blocco dando il via a un pirotecnico inseguimento per le vie del centro cittadino che si è inevitabilmente concluso con un incidente, per fortuna senza gravi conseguenze. Solo pochi giorni prima, a Ragusa, altri due giovani, a bordo di uno scooter, non si sono fermati all'alt, schiantandosi alla prima accelerata contro un'auto che proveniva di lato, prim'ancora che gli agenti tentassero l'inseguimento. Bilancio: emorragia cerebrale, fratture multiple a viso, gambe e braccia e conseguenti problemi respiratori e polmonari.

«Gli operatori delle forze dell'ordine non possono essere messi a rischio sistematicamente da comportamenti che violano apertamente le leggi e mettono a rischio l'incolumità di tutti. È necessario richiamare l'attenzione sulle dichiarazioni, talvolta avventate, rilasciate anche da esponenti politici istituzionali, che possono contribuire alla creazione di una percezione distorta delle responsabilità degli agenti» conclude il comunicato, puntando l'indice sulle colpe morali di una sinistra e su un sistema mediatico sempre pronti a giustificare i criminali e criminalizzare le autorità. C'è da chiedersi se questo comunicato, che asserisce principi fondamentali del vivere civile, sarebbe stato possibile nei giorni della massima violenza polemica contro le forze dell'ordine, prima che la procura, ignorata dalla grande stampa, facesse sapere che «i carabinieri che hanno inseguito Ramy non hanno violato alcuna procedura».

Continua a leggere...

Autore
Libero Quotidiano

Potrebbero anche piacerti