Sembrano uomini di Fabrice Tassel e Disertare di Mathias Énard: due romanzi disturbanti

  • Postato il 13 maggio 2025
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“Thomas non era del tutto sorpreso. Era più che altro scioccato. Il cervello gli era come andato in blocco, e il cuore gli batteva all’impazzata, ma si sentiva pervaso da una forma di sollievo, come un fuggitivo che veda interrotta la sua lunga latitanza. Finalmente qualcuno dava un taglio ai suoi stupidi intrallazzi, visto che lui non ci riusciva”.

Sembrano uomini, di Fabrice Tassel (traduzione di Francesca Bononi; Carbonio Editore), è un libro disturbante. Un’esplorazione psicologica del male nascosto dietro una facciata apparentemente normale. Forse è proprio questo che più turba: i protagonisti sono tutti noi. È lo specchio della società post-piccolo borghese, della famiglia modello che poi tanto modello non è.

La storia è ambientata in Bretagna, dove si sono trasferiti, da Parigi, Thomas e Anna Sénéchal per iniziare una nuova vita. La coppia ha perso tragicamente il figlio, Gabi, di dieci anni, perito tragicamente tra le onde del mare, annegato davanti al padre, che nulla ha potuto per salvarlo. Un anno dopo, la giudice Dominique Bontet, incaricata di seguire il caso, non vuole chiudere il dossier, convinta che dietro l’apparente fatalità si celi qualcosa di inquietante. In parallelo, Dominique segue un altro caso: quello di Iris Le Bihan, vittima di violenza domestica, che ha trovato il coraggio di denunciare suo marito Patrice. Un tracciato di bugie e segreti unisce la famiglia Le Bihan e la famiglia Sénéchal ed è seguendolo che Dominique cerca di districare il bandolo della matassa.

Sembrano uomini è un’opera difficile da digerire. La sua capacità di mostrare l’orrore nella sua forma più quotidiana e subdola lo rende un libro che non si dimentica facilmente e che invita a una riflessione profonda sulla complessità dell’animo umano. Un noir della banale quotidianità, scritto con prosa asciutta e elegante, capace si lasciare un senso di malumore e di far riflettere il lettore e metterlo in discussione.

“È il momento, spara, preme il grilletto, il colpo esplode, riecheggia contro le rocce, il suo eco vola tra le colline, la donna ruota su se stessa, crolla a terra, cade come seduta in una posizione strana, il mento affondato nel petto, un braccio mezzo alzato, il gomito piegato contro il muro di pietre. L’asino ha cominciato a ragliare, indietreggiando verso gli ulivi e il bosco ceduo. Lui sente il calore della canna del fucile contro il petto nudo; posa l’arma. Prende i vestiti stesi vicino al pozzo, si veste, di nuovo lo sferza l’odore, la guerra è tornata, su di lui, dentro di lui, intorno a lui”.

Disertare, di Mathias Énard (traduzione di Yasmina Mélaouah; E/O Edizioni), è un romanzo che riesce a unire l’orrore della guerra e la matematica. Da una parte si muove un disertore anonimo in fuga dagli orrori della guerra in un tempo e in un territorio sconosciuti. Dall’altra, un matematico la cui fama mondiale ha reso gloriosa l’ex Repubblica Democratica Tedesca. La prosa con cui è tracciata la storia del soldato in fuga, stanco e sporco che si muove in un paesaggio brullo di macchia mediterranea, ricorda quella minimalista di Mike Wilson (Dio dorme nella pietra; Edicola) e Arturo Robertazzi (Zagreb; Aìsara), una prosa simbolica e silenziosa, che si contrappone a quella dell’altro profilo narrativo, quello dedicato a Paul Heudeber, fuggito da Buchenwald, diventato matematico e coerente sostenitore della Ddr, un profilo narrativo complesso, composto da lettere, documenti d’archivio e un diario in prima persona: quello di Irina, la figlia del matematico. Questo secondo filone narrativo ci riporta a una conferenza scientifica sul fiume Havel a Berlino, a bordo di una nave da crociera la cui partenza è prevista l’11 settembre 2001.

Un percorso a zig-zag attraverso la storia del Novecento, tra guerre, paure, angosce e grandi trionfi scientifici. L’alternanza delle due storie e la modalità con la quale sono state scritte rendono Disertare un romanzo magnetico, originale e misterioso, capace di creare suspence in piccoli gesti e profondi e disturbanti silenzi.

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Il Fatto Quotidiano

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