Sechi: l'ombra di un'altra notte della Repubblica
- Postato il 24 novembre 2024
- Di Libero Quotidiano
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Sechi: l'ombra di un'altra notte della Repubblica
Devo ringraziare qualche sera fa ho visto in tv nel suo splendore il Partito sfascista. Paolo, come sempre abilissimo a mixare pop e nobiltà, ha mandato in onda una puntata di 4 di sera esemplare, con servizi, collegamenti e interviste legati con il «fil rouge» dell'ossessione delle sinistre per il fascismo immaginario; della violenza nelle università che prima è negata per convenzione, poi viene sdoganata dal «ma anche» per convinzione; della nostalgia degli Annidi piombo come momento di nobile battaglia politica («anni formidabili», dove i morti diventano una nota a margine della tragica storia italiana). In questa brodaglia d'ignoranza cresce l'antisemitismo della «Palestina libera dal fiume al mare» (che significa libera dagli ebrei), si nutre il mito di un'altra «rivolta sociale», si materializzano fantasmi che mimano il gesto della P38. Penso che sia il momento di ripercorrere l'immenso lavoro fatto per la Rai da Sergio Zavoli nella sua La notte della Repubblica, ancor di più mi pare necessario dopo aver visto e sentito il professor Christian Raimo affermare che «nonostante tutto» gli Anni Settanta sono un esempio, mentre oggi «è un momento molto difficile per il dibattito pubblico». L'ineffabile Raimo non è stato neppure sfiorato dall'idea del paradosso che stava mettendo in scena, visto che parlava di fronte alle telecamere di una tv libera fondata da Silvio Berlusconi, nell'era liberticida del governo Meloni.
La realtà è che il dibattito pubblico è inquinato dagli «avvelenatori di pozzi», professionisti del capovolgimento della storia che usano un linguaggio senza limiti, evitano i fatti, delegittimano qualsiasi fonte e interlocutore. Sono quelli che farneticano di fascismo e libertà in pericolo. Li vediamo affilare la lama dell'odio, mentre ricordano come un eroe «il macellaio di Khan Yunis», Yahya Sinwar, la mente della strage degli ebrei del 7 ottobre. Il Partito sfascista è quello fotografato da Leonardo Sciascia: «Il più bell'esemplare di fascista in cui ci si possa oggi imbattere è quello del sedicente antifascista unicamente dedito a dare del fascista a chi fascista non è». A questo ritratto in bianco e nero oggi manca solo il rosso del sangue, ne vediamo i bagliori all'orizzonte nelle fiamme che bruciano la bandiera di Israele, la foto del ministro Valditara, il volto del premier Meloni, e Salvini a testa in giù. Sono luci distanti, presagi. Tutto si mescola in un intruglio dove la cultura scompare, la politica è risentimento e rancore, l'istruzione - di cui questi cavalieri del nulla hanno un disperato bisogno - è distruzione; l'Idea è tradotta in sopraffazione. Il Partito sfascista, come aveva visto in anticipo Sciascia, oggi è finalmente maturo e coerente con il suo programma: non sa niente, non crede in Paolo Del Debbio, perché niente, sfascia.
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