Se scoppiasse una guerra, l’Italia saprebbe salvare i suoi capolavori?
- Postato il 19 settembre 2025
- Attualità
- Di Artribune
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Musei, biblioteche, archivi: luoghi di bellezza e memoria che consideriamo inviolabili. Ma se l’ombra di un conflitto armato toccasse l’Italia, saremmo pronti a difendere i nostri tesori? La domanda sembra provocatoria; invece, il diritto internazionale e la nostra legislazione hanno già previsto il problema. Quello che manca, forse, è la consapevolezza.
Un impegno internazionale per tutelare i beni culturali in caso di guerra
Dal 1954 l’Italia è parte della Convenzione dell’Aia per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, ratificata con la legge n. 279/1958. Non solo, ha aderito anche ai Protocolli aggiuntivi, incluso quello del 1999 (legge n. 45/2009), che stabilisce “l’obbligo positivo” degli Stati di pianificare in tempo di pace le misure necessarie a mettere in salvo il patrimonio culturale. Non è un’opzione ma un dovere che consiste nel catalogare, predisporre rifugi sicuri e stabilire protocolli di evacuazione.
Le previsioni del Codice dei Beni Culturali italiano
Sul piano interno, il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/2004) è altrettanto chiaro. Gli articoli 30-32 parlano di conservazione anche in termini di prevenzione del rischio, e l’art. 48 obbliga i responsabili di musei, archivi e biblioteche a dotarsi di piani di emergenza. Nel 2015 il Ministero della Cultura ha pubblicato le Linee guida sul Risk Management, che chiedono agli istituti di elaborare procedure di sicurezza in caso di calamità. Il problema? Nella pratica quotidiana la maggior parte dei piani riguarda incendi, alluvioni, terremoti. Quasi mai la guerra.
L’arma in più per tutelare le nostre opere è letteralmente quella dei Carabinieri TPC
C’è però un punto di forza tutto italiano: il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC). Nato nel 1969, oggi è un modello internazionale. Non solo recupera opere trafugate, ma dispone di procedure operative da attivare in emergenza: catalogazione accelerata, messa in sicurezza, trasferimenti in depositi bunker, collaborazione con la Protezione Civile (riconosciuta dal D.P.C.M. 21 gennaio 2016) e con la rete internazionale di Blue Shield International, la “Croce Rossa dei beni culturali”.

La reazione dei grandi musei durante la Seconda Guerra Mondiale: una lezione dalla Storia
Non dobbiamo andare lontano per capire quanto sia cruciale pianificare in tempo di pace. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i direttori di Uffizi e Musei Vaticani misero al sicuro migliaia di opere, nascondendole in rifugi segreti nelle Marche, in Umbria, nei sotterranei del Vaticano. Quella mobilitazione fu possibile perché esisteva una catena di comando e una volontà condivisa.
E oggi cosa accadrebbe in caso di guerra in Italia?
Oggi la situazione è meno chiara. Alcuni grandi musei hanno predisposto piani aggiornati, altri si limitano a linee generiche. Biblioteche e archivi spesso non hanno né risorse, né personale per simulazioni di evacuazione. Eppure l’Italia custodisce 58 siti UNESCO e milioni di opere d’arte mobili: un patrimonio che non è solo identità nazionale, ma bene universale. La legge n. 77/2006, che disciplina la tutela dei siti UNESCO italiani, richiama esplicitamente la necessità di misure straordinarie in scenari eccezionali.
Come spesso accade in Italia, anche in questo il nodo è politico e culturale
La domanda, quindi, non è se la normativa ci sia: esiste, ed è robusta. La domanda vera è se siamo pronti ad applicarla. I Carabinieri TPC hanno protocolli chiari; l’ICCROM, con sede a Roma, da anni sviluppa programmi di “primo soccorso” per i beni culturali. Ma i singoli direttori di musei, archivi e biblioteche spesso si muovono in ordine sparso. Eppure proprio loro dovrebbero essere i primi custodi di una catena di responsabilità che va dallo Stato fino al cittadino. In un’epoca di conflitti regionali, minacce ibride e instabilità geopolitica, immaginare un piano per salvare i nostri capolavori non è esercizio accademico, ma dovere civico. L’Italia ha sottoscritto convenzioni, approvato leggi, costruito modelli di eccellenza. Ora serve un salto culturale: trasformare norme e protocolli in prassi operative, con esercitazioni, depositi sicuri, formazione del personale. Perché, come la Storia ci ha già insegnato.
Angelo Argento
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L’articolo "Se scoppiasse una guerra, l’Italia saprebbe salvare i suoi capolavori?" è apparso per la prima volta su Artribune®.