Se questi sono i segni che lo guidano, Papa Leone avrà vita dura

  • Postato il 20 maggio 2025
  • Di Il Foglio
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Se questi sono i segni che lo guidano, Papa Leone avrà vita dura

Caro direttore, prometto che su questo punto non La disturberò più, ma siccome mi sembra cruciale La prego di consentirmi di insistere ancora una volta. Ho una spontanea simpatia nei confronti del nuovo Papa. Non è solo per la sua immagine gioviale e l’aspetto amichevole ma fermo; la sua formazione e cultura; la sua attività missionaria; alcuni suoi iniziali richiami al matrimonio tra uomo e donna; certi segni esteriori come i paramenti o il ritorno nell’appartamento pontificio. No, ho una ragione particolare: è il suo richiamo al “desiderio di spiritualità”, perché, come egli ha detto, Gesù è il Cristo e non un leader. Penso che diventerà un grande Papa, ma non so predire né intendo divinare. Fin d’ora però quel richiamo alla interiore spiritualità, che è bisogno di salvezza cristiana, lo trovo promettente e confortante. Per me, la fede e su di essa la cultura cristiana contano più di qualunque altro bene cui credenti e no possano aspirare, perché sono la condizione di tutti gli altri: la pace fra i paesi in guerra, la giustizia sociale, l’accoglienza dei migranti, l’assistenza ai poveri, il dialogo con i diversi.

Per immaginare il futuro del nuovo Papa, gli interpreti si avvalgono in particolare di due “segni”: Agostino, del cui ordine è stato generale, e Leone XIII, a cui egli ha tributato onore prendendone il nome. Purtroppo basta scavare un po’ per capire che sono segni di non facile lettura  e soprattutto di difficile accoglienza oggi. Come ha detto il cardinale Zuppi, “Agostino è un tipo difficile”. In effetti è tosto, perché tutta la sua teologia è cristocentrica, non antropocentrica. A causa del suo peccato originale (una nozione pressoché scomparsa nella Chiesa recente), l’uomo non si salva con la sua ragione, le sue azioni, le sue opere, le sue costruzioni politiche, le sue conquiste sociali, bensì solo con la grazia imperscrutabile di Dio e la mediazione di Cristo. Inoltre, per la stessa causa del peccato originale e le conseguenze che ne discendono, l’uomo sarà sempre in guerra. Agostino non è un tipo da Sant’Egidio: “Chiunque spera un bene così grande (la pace) in questo mondo e su questa terra, si comporta davvero come uno sciocco” (De Civitate Dei 17, 13). Infine, l’uomo peccatore è nulla davanti a Dio. In particolare, non ha diritti propri: persino la libertà politica e la proprietà privata sono relative ai contesti, buone in certi casi, sbagliate o premature in altri (De lib. arb. I, 6.14; In Evan. Ioannis 6,25). Tutte cose non digeribili oggi.


Non solo. Oltre che tosto, Agostino è indigesto ai moderni, perché incompatibile con il loro credo preferito. Chi va a dire all’uomo di oggi che i doveri verso Dio sono prima dei diritti umani e che questi dipendono da quelli? Chi va a mettere in discussione l’odierna religione della laicità, la quale sostituisce il Vangelo con le carte dell’Onu e i comandamenti di Dio con le norme delle costituzioni? Chi spiega all’Europa un tempo cristiana che i suoi diritti sono norme effimere e transitorie della città degli uomini, senza valore, e spesso con disvalore, nella Città di Dio? Dovrà farlo Leone XIV, e anche solo per impegnarsi in questo enorme lavoro controcorrente che lo attende merita la massima simpatia e fiducia. Stesso discorso vale per l’altro segno, il richiamo a Leone XIII. Per tutti oggi è il papa della “questione operaia” che accoglie quanto c’è di buono nel socialismo. Ma anche qui bisogna scavare un po’. Leone XIII è molto di più. Combatté su due fronti: il socialismo e il liberalismo. Prima della Rerum novarum (1891), aveva dettato due encicliche non meno importanti.


Nella Immortale Dei (1885), scrisse: “Il fatto che l’Europa cristiana abbia domato i popoli barbari e li abbia tratti dalla ferocia alla mansuetudine, dalla superstizione alla verità; che abbia vittoriosamente respinto le invasioni dei maomettani; che abbia tenuto il primato della civiltà; che abbia sempre saputo offrirsi agli altri popoli come guida e maestra per ogni onorevole impresa; che abbia donato veri e molteplici esempi di libertà ai popoli; che abbia con grande sapienza creato numerose istituzioni a sollievo delle umane miserie; per tutto ciò deve senza dubbio molta gratitudine alla religione, che ebbe auspice in tante imprese e che l’aiutò nel portarle a termine”. Poi, passando dalla storia alla dottrina, Leone XIII aggiunse: “quel pernicioso e deplorevole spirito innovatore che si sviluppò nel sedicesimo secolo, volto dapprima a sconvolgere la religione cristiana, presto passò, con naturale progressione, alla filosofia, e da questa a tutti gli ordini della società civile. Da ciò si deve riconoscere la fonte delle più recenti teorie sfrenatamente liberali, proclamate come principi e fondamenti di un nuovo diritto, il quale non solo era sconosciuto in precedenza, ma per più di un aspetto si distacca sia dal diritto cristiano, sia dallo stesso diritto naturale”. Da cui la conclusione: “in una società basata su tali principi, la sovranità non consiste che nella volontà del popolo, come se Dio non esistesse o non si desse alcun pensiero del genere umano”. Sembra un discorso per noi oggi.


Nella successiva enciclica Libertas (1888), Leone XIII prese di petto proprio i liberali (oggi sarebbe meglio dire i secolaristi). “I seguaci del Liberalismo nella vita pratica pretendono che non vi sia alcun divino potere a cui si debba obbedienza e che ognuno debba essere legge per se stesso”. Essi chiedono che “lo Stato non faccia propria alcuna forma di culto divino e non voglia professarlo pubblicamente”. Questi “emuli di Lucifero in nome della libertà praticano un’assurda e schietta licenza”. Contro di essi, si deve affermare che “non è assolutamente lecito invocare, difendere, concedere una ibrida libertà di pensiero, di stampa, di parola, d’insegnamento o di culto, come fossero altrettanti diritti che la natura ha attribuito all’uomo. Infatti, se veramente la natura li avesse concessi, sarebbe lecito ricusare il dominio di Dio, e la libertà umana non potrebbe essere limitata da alcuna legge”. Anche qui si parla di noi oggi. Ecco, se questi sono i segni che lo guidano, allora Leone XIV avrà vita dura. Gli occorreranno tatto e coraggio, dolcezza e fermezza, persuasione e dottrina, accomodamento e rigore. Penso che li avrà, anche se gli emuli di Lucifero, fuori e purtroppo tanti anche dentro la Chiesa, cercheranno di portarlo altrove. Perciò, auguri, Santità!

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Autore
Il Foglio

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