“Se Papa Leone XIV non ha ricordato Emanuela Orlandi nel giorno della scomparsa c’è un motivo”: l’amarezza del fratello Pietro dopo l’Angelus
- Postato il 24 giugno 2025
- Crime
- Di Il Fatto Quotidiano
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Ci sperava Pietro Orlandi in due parole da parte del neoletto Papa Leone XIV in occasione del suo primo Angelus che ha coinciso, domenica, con l’anniversario della scomparsa di sua sorella Emanuela, la cittadina vaticana rapita il 22 giugno del 1983.
L’Angelus
“Sono dispiaciuto, ci speravo – ha detto Orlandi al termine dell’Angelus –, lo avevo chiesto di ricordare Emanuela sia pubblicamente che privatamente: sarebbe stata una bella occasione e avrebbe fatto un bel gesto. Evidentemente era più necessario salutare la banda austriaca, i gruppi di fedeli venuti da Bogotà e dalla Polonia, il gruppo dell’infiorata. Non sono io a dover dire certo al Papa cosa deve dire ma sarebbe stato un bel gesto e soprattutto apprezzatissimo da migliaia di fedeli che aspettavano questo momento. Tutti mi dicevano: vedrai che ci saranno due parole del Papa su Emanuela. Ho sperato fino all’ultimo secondo in una parola spontanea per ricordare Emanuela. Non è certo la parola durante l’Angelus che mi farà decidere se andare avanti o no nella ricerca della verità, sarebbe stato solo un piccolo aiuto in più e la dimostrazione del fatto che anche il Papa ci tiene alla verità e alla giustizia rispetto a questo caso che tocca direttamente lo Stato Vaticano da 42 anni, quello che loro non capiscono. Se non è stato fatto c’è un motivo, certo non si sarà dimenticato. Ci sarà stato qualcuno che gli avrà detto che non era il caso di ricordare Emanuela. Lo hanno fatto anche con Ratzinger, quante volte gli hanno detto: non è il caso di che lei nomini Emanuela durante l’Angelus. La segreteria di Stato glielo scrisse in una lettera motivando la scelta così: la gente potrebbe pensare che anche il Papa abbia dei dubbi sulla vicenda. Pensavo che con chi è venuto dopo non sarebbe stata la stessa cosa e invece no. Spero non sia così anche adesso, spero sia stata solo una dimenticanza”.
Un eterno tabù
Nonostante coinvolga direttamente il Vaticano, il sequestro della cittadina vaticana è sempre stato un tabù per i vertici dello Stato Pontificio. “Emanuela sta in cielo”: queste sono le uniche quattro parole che il compianto Papa Francesco disse a Pietro Orlandi a pochi giorni dalla sua elezione, nella Parrocchia di Sant’Anna. All’epoca c’era ancora un’inchiesta in corso, quella che vedeva coinvolti anche personaggi della Magliana come esecutori del rapimento, come emerso dalle indagini del magistrato Giancarlo Capaldo che indagò anche il rettore della Basilica di Sant’Apollinare per concorso in sequestro. Bergoglio con quella frase lasciò intendere che la ragazza fosse deceduta ma non ha mai risposto alle tante richieste della famiglia Orlandi di un incontro. “Eppure mia madre che a 95 anni aspetta ancora che Emanuela ritorni a casa abitava a pochi metri da lui”, ha detto in passato Pietro. Perché gli Orlandi, lo ricordiamo, erano tra le poche famiglie che vivevano in Vaticano da quando il nonno di Emanuela, Pietro Orlandi, trovò lavoro lì come stalliere. Prima ancora di Papa Francesco, Papa Ratzinger, poco prima delle sue inaspettate dimissioni, aveva ordinato una ricerca alla gendarmeria vaticana sul caso Orlandi. Queste indagini hanno prodotto un fascicolo di cui solo recentemente da parte del Vaticano è stata ammessa l’esistenza, sempre negata. Questo rapporto potrebbe essere, ma è solo un’ipotesi, quello che secondo quanto ha detto il fratello della ragazza scomparsa, “è custodito nell’archivio dello Ior”, la Banca Vaticana. Prima ancora di Ratzinger, Papa Giovanni Paolo II fece otto appelli per Emanuela durante l’Angelus. Il primo avvenne il 4 luglio del 1983, e nel bollettino c’era scritto all’ordine del giorno: “sequestro Orlandi. Per cui fu il Papa oggi santo il primo a parlare di rapimento. I primi presunti rapitori che però non dimostrarono mai di avere in mano la ragazza, chiesero in cambio il rilascio del suo attentatore Alì Agca. Poi, nel dicembre dello stesso anno, il Papa polacco andò a trovare la famiglia Orlandi, il giorno della vigilia Natale, dicendo loro che la storia di Emanuela era un caso di terrorismo internazionale e da lì non disse più una parola sulla cittadina scomparsa. Ercole Orlandi, il padre di Emanuela, che ha lavorato per anni come messo di Woytjla, nel 2004 quando era in punto di morte disse: “Sono stato tradito da chi ho servito”. “Questa per me fu la prova provata del coinvolgimento del Vaticano nella scomparsa di mia sorella perché mio padre era un vaticanista convinto”, ha sempre detto suo figlio Pietro che da allora ha ereditato da suo padre la missione di riportare a casa Emanuela.
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