Se la Milano di Sala è sostenibile, il Sahara è un’oasi. Milano ultima in Europa per alberi e qualità dell’aria

  • Postato il 6 luglio 2025
  • Di Panorama
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Nella vanesia città delle week – fashion week, design week, music week, green week, photo week, art week, movie week, qualunque cosa week – ogni giorno si celebra la fake week. È la settimana fasulla delle promesse mancate e della narrazione tossica che lentamente strangola Milano togliendole il respiro. È un declino invisibile ma implacabile, la clessidra ha cominciato a rilasciare la sabbia all’inizio del secondo mandato del sindaco Beppe Sala e l’indicatore principale del grande inganno è il più evidente dei paradossi: nella metropoli della giunta più green d’Europa gli alberi vengono uccisi. Tagliati, abbattuti, massacrati con potature mutilanti. E quando i viali assolati o le «piazze tattiche» (nome delirante affibbiato dalla giunta agli slarghi di periferia) vengono ripiantumati, gli stitici fuscelli male irrigati e abbandonati a sé stessi non resistono all’aggressione della calura. Milano era cemento con Adriano Celentano in via Gluck (1966) e lo è ancora di più con Mahmood al Gratosoglio (2025). Se ne sono accorti per primi i comitati cittadini e le associazioni, che nel settembre scorso hanno davvero organizzato una «fake week» a presa in giro della green week del borgomastro con le calze arcobaleno (e ora di Che Guevara). E per ultimi gli scienziati, che qualche giorno fa hanno duramente rimproverato l’amministrazione milanese perché «molte delle recenti riqualificazioni rischiano di trasformarsi in vere e proprie isole di calore urbane». E poi: «Le nuove pavimentazioni risultano completamente prive di alberature, con effetti diretti sul microclima e sulla vivibilità degli spazi pedonali». E ancora: «La mancanza di verde è un errore strategico, una scelta progettuale che non tiene conto dell’emergenza climatica in corso». Per effetto della nemesi sempre in agguato, a stilare la sentenza di condanna del sindaco è una sua creatura, la commissione del Piano aria clima, voluta espressamente da Sala due anni fa per supervisionare gli interventi nella sfera green.

Un Comitato tecnico scientifico che alla fine ha decretato: nelle piazze di Milano è scomparso il verde. Dopo una scoperta così sconvolgente gli scienziati (fra i quali l’architetta ambientalista Maria Berrini, il docente di Economia ambientale alla Bocconi Edoardo Croci, l’avvocato supergreen Anna Gerometta) hanno scritto una torrida lettera al borgomastro nella quale chiedono di «riconsiderare i progetti in corso e prevedere l’inserimento di alberi capaci di offrire ombra, ridurre le temperature e migliorare il comfort climatico degli spazi pubblici». I progetti in corso sono quelli di superficie della M4, paragonabili alle pietraie afgane con vasche per aiuole da anonima periferia post-sovietica, in alcune zone chiave come Sforza-Policlinico, via De Amicis-Cattolica, Parco delle Basiliche, piazza Tricolore. E poi piazza San Babila, un deserto del Sahara che si allunga fino al Verziere, chiamato così guardacaso perché era un mercato agricolo. Secondo il Cts ora non è altro che «una spianata rovente». In piazza Sant’Ambrogio verso San Vittore, delle 28 piante ad alto fusto tolte nella cervellotica riqualificazione ne sono state rimesse a dimora sette, le altre sono rimaste nei rendering. Secondo gli esperti, il grido di dolore potrebbe ancora salvare la centralissima piazza Cordusio per via del ritardo strutturale dei lavori: siamo ancora alla fase della “narrazione visual” ma già si nota l’assenza di elementi vegetali, aiuole, arbusti, come se l’essenza green della maggioranza progressista sia spargere sale. Così l’effetto finale della rigenerazione urbana prevista dal Vanity sindaco è una enorme lapide ellittica fra i palazzi. È in atto il grande inganno, le statistiche lo sanno. Un’analisi condotta dall’agenzia di Husqvarna, che utilizza satelliti e intelligenza artificiale per monitorare lo sviluppo ecologico globale, mette Milano in fondo alla classifica delle città green europee: solo il 17 per cento del territorio è ombreggiato da alberi contro una media europea del 28 mila che sta salendo vertiginosamente in metropoli come Parigi, Londra e Monaco. A conferma, Milano risulta la quarta città più inquinata del mondo (fonte IqAir) dopo Dacca, Lahore e Delhi. È in atto il grande inganno e anche i milanesi lo sanno. Lo sa Giovanni Storti, anima del Trio, diventato santone verde e immortalato mentre si incatenava alla rete del cantiere di piazzale Baiamonti per salvare il maestoso glicine: «Siamo diventati stupidi, uccidendo gli alberi è come se uccidessimo i nostri genitori. Ci hanno solo riempito di chiacchiere. Chi comanda davvero a Milano? I costruttori, il denaro, l’amministrazione? Di sicuro i milanesi no». ù

Lo sa il guru social Roberto Parodi, che ironizza: «Sala è green come i verdoni di Paperon de’ Paperoni». Lo sa soprattutto lo storico leader dei Verdi europei Carlo Monguzzi, che a inizio anno ha lasciato la carica ufficiale in contrasto con le iniziative del sindaco. Compresa ForestaMi, la campagna per piantare tre milioni di alberi entro il 2030 partendo dai 250 mila del verde pubblico di oggi, in maggioranza platani e aceri. «È un pacco clamoroso, ne vengono piantati di norma 25 mila all’anno, più o meno lo stesso numero che il Comune pianta di routine prevalentemente nei parchi di periferia. Il nostro sindaco è al bla-bla, al greenwashing per creduloni». Il rapporto del primo cittadino con il green è sempre stato conflittuale. Scelte singolari, spesso cervellotiche. Come la decisione di far abbattere alberi ad alto fusto sani solo perché le radici arrivano al marciapiede, per poi ripiantarli dieci volte più mingherlini. Avviene in corso 22 Marzo e in viale Corsica, dove i residenti sono sul piede di guerra e hanno raccolto le firme per salvare il verde che fa ombra. Un’altra idea bizzarra è quella della «biodiversità», nel nome della quale lo sfalcio dell’erba nei giardini pubblici è vietato. Con una conseguenza singolare, la proliferazione di insetti infestanti. La giunta viene pure accusata dai milanesi di dare lavoro extra ai veterinari che vedono arrivare in ambulatorio cani martoriati dalle zecche. Il re è nudo e le foglie di fico seccano.

Quella dello stadio di San Siro è ancora appesa a un filo; l’abbattimento del vecchio è destinato a provocare inquinamento per anni e il verde pensile del nuovo sarebbe il prato sul tetto di un mega centro commerciale. Non bastano il marketing della «biblioteca degli alberi» (quattro piantine esotiche sotto i grattacieli dell’Isola) e il Bosco Verticale per far respirare Milano. Anche perché, il verde vero ha bisogno di acqua e in nome della siccità da letteratura di fantascienza, l’amministrazione green ha i rubinetti chiusi. Così «l’acqua del sindaco» (peraltro buona, che sgorga in ogni casa e nelle 650 vedovelle in giro per la città) è finita nei cartoni tetrapak del latte. Accadde nel 2022 per iniziativa dell’immaginifica assessora all’Ambiente, Elena Grandi, simbolo vivente del radicalismo supervip fra Courma e Santa. Con un investimento di 940 mila euro per comprare la macchina per il riempimento, Sala si è intestato la più sciocca delle trovate. E ha fatto dire a Luigi Corbani, ex vicesindaco di Paolo Pillitteri: «In una città seria il Consiglio comunale avrebbe dimissionato l’assessora all’Ambiente e avviato alla Corte dei conti una procedura per danno erariale». Giocare con l’acqua si presta a qualche rischio. Come quando, sempre per colpa dell’allarme siccità, tre anni fa la giunta dem decise con un’ordinanza di vietare l’irrigazione del verde e di chiudere le fontane per risparmiare. Non c’era alcun motivo per farlo poiché le fontane funzionano con il riciclo.

Quanto all’irrigazione ogni anno Mm, gestore dell’acquedotto, toglie dai pozzi di falda 40 milioni di metri cubi di acqua e li immette nella rete idrica per prevenire allagamenti della metropolitana. Unico risultato del colpo di genio fu far morire di sete le piante. Un effetto poco lusinghiero per Vanity Sala, che aveva annunciato invano di voler entrare nei Verdi europei e che aveva scritto un libro Lettere dalla città del futuro, trasformando il suo greenwashing in letteratura per l’infanzia. Eppure il sindaco ogni anno organizza La Giornata della Terra, anzi la earth week, per spiegare al mondo le sue ricette. «Perché le città cambiano aria», dice lo slogan. Un gran numero di milanesi attende con spirito zen che cambi aria lui.

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Panorama

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