Se il regime criminale di Pol Pot rimane impunito
- Postato il 17 marzo 2025
- Di Libero Quotidiano
- 3 Visualizzazioni

Se il regime criminale di Pol Pot rimane impunito
C'è un frutteto, nel villaggio di Choeung Ek, 15km a sud della capitale cambogiana Phnom Penh, dove ai bambini, brancati per le gambette, veniva schiantato il cranio sui tronchi degli alberi. Le fosse comuni hanno restituito circa 10mila uccisi. Gli adulti si scavavano la fossa da sé, cadendovi poi accoltellati o abbattuti da lamine di acciaio. Molti venivano da Tuol Sleng, una scuola di Phnom Penh trasformata in carcere dai Khmer rossi, al potere il 17 aprile 1975. Fino al 1978 vi sono state internate fra le 14mila e le 20mila persone. Ne sono uscite vive solo 7, nessun bambino. Choeung Ek e Tuol Sleng sono solo due dei 150 e più centri di mattanza della Cambogia comunista. Gli orrori li ha confessati Kang Kek Iew, il «Compagno Duch», responsabile di Tuol Sleng, capo della polizia segreta Santebal, il cui nome, fusione di due termini, fa tragicamente ridere: «Custode della pace». Tragicamente ridicolo è pure il nome del regime omicida Khmer: «Kampuchea Democratica». Duch, pentito prima dell'arresto, convertito al cristianesimo, ha vuotato il sacco davanti al Tribunale speciale per la Cambogia istituito nel 1997, che il 26 luglio 2010 lo ha condannato a 35 annidi carcere divenuti ergastolo in appello. Per mesi è stato l'unico imputato. Morto nel 2020, il suo crimine è stato il genicidio.
Infatti tutto il regime comunista Khmer è stato genocida. Il diritto internazionale, dal 1948, insegna che il genocidio non è “solo” un eccidio, ma un piano premeditato di eliminazione di un gruppo umano identificato per certe caratteristiche. Obiettivo dei Khmer sono stati i «nemici del popolo» per il solo fatto di essere diversi dall'«uomo nuovo» comunista. Lo spiega bene il fatto che chi portava gli occhiali fosse un pericoloso «borghese» che leggeva libri proibiti. Le cifre sono incerte, e forse lo saranno sempre, ma si calcola che i morti ammazzati dal comunismo cambogiano siano stati tra 1,5 e 1,8 milioni, probabilmente 2, in un Paese che, al censimento del 1972, aveva contato 7,1 milioni di abitanti: cioè, tra il 20 e il 25% della popolazione.
Quando nel 1975 gli Stati Uniti (sconfitti politicamente e culturalmente in patria, non militarmente sul campo) abbandonarono il Vietnam dopo una guerra sanguinosa e lunga, il comunismo dilagò in Indocina, conquistando anche la Cambogia. I Khmer Rossi presero il potere guidati da Saloth Sâr, noto come Pol Pot. Vinta una borsa di studio in Radioingegneria, a Parigi s'innamorò della Rivoluzione Francese, fu allevato da Jean-Paul Sartre, nel 1950 andò a lavorare come operaio volontario nella Jugoslavia di Tito e l'anno dopo si iscrisse al Partito Comunista Francese. Dopo che l'invasione vietnamita mise fine al regime Khmer nel 1979, fu arrestato per una faida tra ex gerarchie morì in carcere nel 1998 senza processo e condanna. Il regime filomaoista di Pol Pot espulse o uccise gli stranieri. Il mondo esterno venne chiuso fuori (compresi Unione Sovietica e Vietnam perché compromessi con i borghesi) tranne Albania, Cina, Corea del Nord, Cuba, Laos e Jugoslavia. Il collettivismo delle fattorie comuni produsse carestie. Insegnanti, avvocati e medici vennero aboliti, chiusi ospedali e scuole, cancellati banche, finanza e denaro. Pure la magistratura, e le religioni messe fuorilegge. Possedere manufatti occidentali era reato capitale, come parlare una lingua estera.
Niente più mariti e mogli, e i figli educati dal partito. Vennero trasformati lingua, alfabeto e calendario. Il partito unico venne sublimato nell'«Angkar Padevat», cioè «Organizzazione Rivoluzionaria»: un'oscura entità superiore che al popolo fu imposto di adorare come un “dio”. I suoi “sacerdoti” erano i membri del «Nucleo del Partito», ossia il comitato centrale del «Kena Mocchhim», cioè l'«Apparato del Partito». Assunsero il titolo di «Fratello» seguito da numero progressivo, Pol Pot fu l'1. Oltre a Kang Kek Iew, il 16 novembre 2018 sono stati condannati per genocidio solo il n. 2 del regime, Nuon Chea, a 92 anni, e il n. 4, Khieu Samphan, 87 anni (gli altri erano già morti o resi inabili da malattie). La forma più perversa del comunismo, un immenso crimine contro l'umanità giustificato da bazzecole strampalate, l'ha insomma fatta franca.
Continua a leggere...