Se hai questo sintomo hai una bassa aspettativa di vita: lo dicono i medici. Apri gli occhi e fai prevenzione
- Postato il 31 luglio 2025
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- Di Blitz
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L’età biologica del cervello emerge come il più efficace indicatore predittivo della longevità e della salute generale di una persona.
Una recente ricerca pubblicata su Nature Medicine e condotta dall’Università di Stanford ha sviluppato un innovativo indicatore basato su biomarcatori proteici nel sangue per valutare la “giovinezza” di undici sistemi organici, evidenziando il ruolo cruciale del cervello nel determinare l’aspettativa di vita e il rischio di malattie neurodegenerative.
Il team guidato da Tony Wyss-Coray ha studiato 44.498 individui di età compresa tra i 40 e i 70 anni, monitorati per 17 anni attraverso il database UK Biobank. Utilizzando avanzate tecniche di laboratorio, sono stati rilevati i livelli di quasi 3.000 proteine plasmatiche, di cui il 15% è organo-specifico. L’algoritmo sviluppato ha calcolato l’età biologica di organi chiave come cervello, cuore, polmoni, fegato, reni e sistema immunitario, confrontando la firma proteica individuale con quella media della popolazione per fascia d’età.
Con una deviazione standard superiore a 1,5, un organo veniva classificato come “estremamente giovane” o “estremamente vecchio”. Circa un terzo dei partecipanti presentava almeno un organo in queste condizioni estreme, evidenziando l’eterogeneità dell’invecchiamento biologico a livello sistemico.
L’età biologica del cervello come predittore di malattia e mortalità
Tra i vari sistemi analizzati, il cervello si è rivelato il miglior singolo predittore di mortalità e rischio di malattie. In particolare, chi presentava un cervello biologicamente “vecchio” aveva una probabilità 12 volte superiore di sviluppare Alzheimer nei dieci anni successivi rispetto a chi aveva un cervello giovane della stessa età anagrafica. Inoltre, il rischio di morte nei 15 anni seguenti per chi aveva un cervello estremamente invecchiato aumentava del 182%, mentre chi possedeva un cervello giovane mostrava una riduzione del rischio del 40%.
Questi dati confermano l’importanza di monitorare la salute cerebrale come chiave per la prevenzione non solo delle malattie neurodegenerative, ma anche della mortalità complessiva, ponendo il cervello al centro della medicina personalizzata.

Lo studio apre nuove prospettive per l’utilizzo dell’età biologica cerebrale come strumento diagnostico e prognostico. Un focus particolare è posto sull’associazione tra fattori modificabili, come lo stile di vita e la dieta, e l’invecchiamento degli organi. Tra questi, la dieta mediterranea si conferma, secondo una recente meta-analisi pubblicata nel 2024, un valido fattore protettivo contro la demenza e l’Alzheimer, riducendo il rischio rispettivamente dell’11% e del 27%.
L’adozione di stili di vita sani, comprensivi di alimentazione equilibrata, attività fisica regolare e controllo dei fattori di rischio cardiovascolare, rappresenta quindi una strategia efficace per rallentare l’invecchiamento cerebrale e migliorare la qualità della vita. La medicina del futuro potrebbe così focalizzarsi sul ripristino della “giovinezza” degli organi prima che si manifestino patologie degenerative.
Nuove frontiere nella terapia delle malattie neurodegenerative
Parallelamente, avanzamenti nella terapia genica offrono nuove speranze per il trattamento di malattie cerebrali genetiche. Uno studio innovativo pubblicato su Science Translational Medicine ha dimostrato la possibilità di sostituire rapidamente e quasi completamente la popolazione di microglia cerebrale con cellule derivanti dal midollo osseo, aprendo la strada a interventi terapeutici su malattie neurodegenerative progressive.
Questa tecnica, che prevede il trattamento con inibitori specifici seguito da trapianto di cellule ematopoietiche modificate, ha mostrato effetti positivi nel ridurre la patologia del sistema nervoso centrale in modelli murini di deficit enzimatici. Sebbene siano necessari ulteriori studi per comprenderne l’impatto a lungo termine, si tratta di una svolta promettente nel campo della neurologia.
Secondo ulteriori ricerche condotte da Wyss-Coray e altri esperti, l’invecchiamento non è un processo lineare, ma si sviluppa attraverso fasi distinte: l’età adulta (34-60 anni), la maturità tardiva (60-78 anni) e la vecchiaia (oltre 78 anni). Già a partire dai 34 anni si possono osservare i primi segni di declino fisico e mentale, quali rallentamento del metabolismo, perdita di massa muscolare, modifiche nella qualità del sonno, e peggioramento di vista e udito.
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