Sconcertante Ezio Mauro: per attaccare Donald Trump riabilita anche Stalin
- Postato il 20 febbraio 2025
- Di Libero Quotidiano
- 8 Visualizzazioni

Sconcertante Ezio Mauro: per attaccare Donald Trump riabilita anche Stalin
Stalin non era lo Zio Joe della propaganda che accarezzava i bambini, impegnato peril progresso dell'umanità come mai nessuno prima di lui (copyright dell'Unità il giorno della morte). E neppure quello tratteggiato da Ezio Mauro alla corte di Lilli Gruber, in una dotta esegesi filosofica sul concetto di democrazia applicato all'estetica politica trumpiana e agli amorosi sensi con Putin per chiudere la guerra in Ucraina.
Con un ardito parallelismo ha raccontato che il quarto giorno della Conferenza di Jalta – quando si affrontò la “questione polacca”, «il problema più spinoso» dopo il riassetto della Germania – a Churchill che proponeva un accordo tra i Tre Grandi (Urss, Usa e Gran Bretagna) per «dar vita a un governo polacco che potesse gestire la fase di transizione e portare alle libere elezioni», Stalin avrebbe replicato: «Tutti mi considerano un dittatore ma ho abbastanza sentimento democratico per capire che non possiamo noi Grandi qui decidere il destino della Polonia, alle spalle della Polonia, senza che i polacchi partecipino. Invece Trump e Putin si stanno per mettere d'accordo sul preambolo della trattativa all'insaputa di Zelensky».
L'avrà detto Stalin, ma Mauro non l'ha raccontata giusta, saltando ogni riferimento al prima e al dopo del “diversamente democratico” del Cremlino. Appena l'Armata Rossa superò il fiume Bug, il 21 luglio 1944, Stalin fece proclamare la nascita del Comitato polacco di liberazione nazionale, noto come Comitato di Lublino che si era subito autoinvestito «unico governo polacco legittimo» dandosi un presidente in opposizione al governo in esilio a Londra e promuovendo la costituzione di un esercito polacco sotto comando sovietico, delegittimando sia l'Armia Krajowa in patria sia l'esercito polacco del generale Anders che combatteva in Italia nell'8ª Armata britannica.
Il 30 settembre, agli sgoccioli dell'eroica rivolta di Varsavia boicottata e disprezzata da Stalin, così il suo comandante veniva definito in una conferenza stampa ai corrispondenti esteri a Mosca: «Il generale “Bór” è un criminale di guerra. Se finisse nelle nostre mani lo processeremmo». I soldati dell'Armia Krajowa che combattevano contro i tedeschi erano «fascisti hitleriani» da trattare con «arresti in massa» pure «dei civili fedeli al governo di Londra. (...) Le fucilazioni pubbliche e segrete dei soldati dell'Esercito nazionale sono all'ordine del giorno. (...) Le prigioni e i campi di concentramento sono strapieni: quando sono ubriachi gli ufficiali sovietici raccontano apertamente delle fucilazioni di polacchi».
Già il 24 agosto era stato disposto lo scioglimento dell'AK e il 31 venivano pure stabilite le pene da comminare ai «criminali fascisti hitleriani» e ai «traditori della nazione polacca», considerati tali «tutti coloro che agiscono contro persone presenti entro i confini dello Stato polacco». A guerra finita in un processo a sedici dirigenti polacchi democratici tra cui il comandante in capo dell'AK Leopold Okulicki, arrestati con l'inganno dal NKVD e portati a Mosca, li si dipinge come «banditi fascisti polacchi travestiti da democratici», «uomini al servizio di Hitler», «agenti tedeschi fascisti» che militavano nell'«organizzazione illegale» dell'Esercito nazionale impegnata a «brigare col terrorismo e lo spionaggio per l'aggressione all'Urss assieme alla Germania».
Estorcendo confessioni e impedendo il diritto alla difesa, le condanne arrivarono a raffica, “addolcite” dalla “generosità sovietica” di non aver comminato la pena capitale.
Il 21 giugno Stalin poteva festeggiare a champagne dell'Ucraina la decapitazione delle forze democratiche polacche in un ricevimento al Cremlino davanti all'ex premier Stanisław Mikołajczyk e agli ambasciatori britannico e statunitense. Quello che aveva detto a febbraio a Jalta era un cinico calcolo politico, altro che versione tv di Mauro depurata di arresti, fucilazioni e deportazioni di massa. Quanto alle libere elezioni «il prima possibile», la Polonia dovrà attendere la caduta del Muro di Berlino nel 1989.