Schlein avverte von der Leyen dopo la retromarcia sul greenwashing: “I nostri voti non sono garantiti”

  • Postato il 25 giugno 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La direttiva sul greenwashing rischia di far deflagrare la maggioranza che sostiene il lavoro della Commissione Europea. I Socialisti ribollono e a recapitare un messaggio chiarissimo a Ursula von der Leyen è la segretaria del Pd Elly Schlein: “I nostri voti non sono garantiti e vi assicuro che i nostri voti contano”, ha detto a chi le chiedeva se si sente parte della maggioranza che sostiene la presidente della Commissione e sul rischio che venga meno, anche a causa della retromarcia sul dossier green.

“Il nostro gruppo – ha sottolineato – è molto critico in questo momento rispetto ad alcune scelte senza precedenti, compresa quella di aver ritirato una direttiva” sul greenwashing “che stava arrivando alla fine del negoziato al trilogo e so che oggi stesso c’è stato un confronto” a cui ha partecipato “la nostra presidente del gruppo, Iratxe Garcia Perez, che ci raggiungerà qui e sarà anche l’occasione per fare un punto insieme su come reagire a questa decisione della Commissione che scavalca il Parlamento che stava negoziando e che lo fa per un capriccio dei Conservatori sempre rincorsi dai Popolari europei”.

Il terremoto rischia di essere scatenato dalla strambata della Commissione sulla direttiva Green Claims, che va verso l’affossamento da parte di un’inedita maggioranza di centrodestra al Parlamento europeo formata da Partito popolare europeo (Ppe), Conservatori e riformisti (Ecr) e dei Patrioti per l’Europa. Per ora la norma è ufficialmente in stallo, dopo le pressioni sulla Commissione Ue e il venir meno del sostegno necessario anche in Consiglio Ue, complice l’Italia. Presentata a marzo 2023, durante la prima commissione Von der Leyen, la direttiva mira a proteggere i consumatori dalle pratiche di greenwashing delle aziende che, con dichiarazioni ed etichette ingannevoli, presentano i propri prodotti come rispettosi dell’ambiente. E imporrebbe dichiarazioni ambientali chiare, basate su evidenze scientifiche e verificate lungo l’intero ciclo di vita del prodotto, con controlli da parte di entità terze, prima della diffusione sul mercato. Troppo per le lobby delle industrie.

La proposta, già diventata nel tempo un testo di compromesso, sarebbe dovuta arrivare il 23 giugno al terzo trilogo, ossia il negoziato tra Commissione europea, Parlamento e Consiglio Ue, prima del via libera finale, ma negli ultimi giorni è accaduto di tutto. E il fronte del ‘no’, non avendo potuto fermare l’iter finora, ha deciso di fare pressione su Bruxelles. Riuscendo nel suo intento. Durante un briefing con la stampa, domenica 20 giugno, è arrivato l’annuncio sulle intenzioni “di ritirare la proposta di direttiva sulle Green Claims”. Ufficialmente c’è un emendamento che, ha spiegato la portavoce della Commissione Ue, Paula Pinho, sarebbe “contrario all’agenda di semplificazione” e farebbe rientrare nella direttiva circa 30 milioni di microimprese. Troppi rischi e costi, insomma, per le piccole aziende: è questo il cavillo attraverso il quale si vuole fermare la direttiva.

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Il Fatto Quotidiano

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