Savona, sguardo verso la Costa Azzurra e possibile sviluppo con i grossi yacht: piccole industrie da sfruttare
- Postato il 15 giugno 2025
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- Di Il Vostro Giornale
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Savona. Il mai abbastanza compianto Rino Canavese, quando girava il mondo per promuovere il nuovo terminal crociere della Costa, a chi gli chiedeva dove fosse Savona rispondeva “Vicino a Montecarlo”, per evitare di citare Genova, che bene non ci ha voluto mai.
Siamo partiti da qui per parlare di quell’angolo di paradiso che possiamo far coincidere in un moderno dipartimento delle Alpi Marittime, da Varazze a Saint Tropez e, volendo, estendere a Nord verso le Langhe (tanta roba).
E’ un tema di grande attualità, scandagliato ad esempio nei giorni scorsi da Andrea Rossi in un’inchiesta sulla Stampa: la Riviera di Ponente, dove un tempo acquistavano la seconda casa i pensionati della Fiat, oggi è terreno di caccia immobiliare per ricchi stranieri, che la preferiscono alla Costa Azzurra perché meno cara, più “amichevole”, più tranquilla. Senza contare che il territorio più pregiato, il Principato di Monaco, oltre che essere assai più costoso è ormai saturo.
In questo contesto si inserisce il filone della nautica, quella dei grandi yacht, diciamo tra i 30 e gli 80 metri: ognuna di queste barche è una piccola industria che porta ricchezza e posti di lavoro.
Ci aiuta a capirne di più Giorgio Casareto, oggi amministratore delegato di Portosole e Portovecchio a Sanremo, con un passato (tra l’altro) al sito della Azimut a Savona e al porto di Varazze.
Casareto, vale la pena promuovere le province di Savona e Imperia legandole alla Costa Azzurra?
“Ovviamente si, e in effetti può essere il momento giusto per farlo. Ma nonostante il mio ruolo si sviluppi soprattutto nel turismo, credo sia un errore abbandonare del tutto il comparto industriale”.
Restiamo nel turismo. Come vede la situazione?
“Posso parlare soprattutto di Sanremo, dove vivo e lavoro. C’è una vivacità impressionante, dovuta anche ai francesi visto che parliamo di Costa Azzurra. C’è movimento nove mesi l’anno, con una clientela che ha notevoli capacità di spesa”.
Veniamo al suo settore, la nautica da diporto.
“Si tratta di una grande possibilità di sviluppo che porta occupazione e ricchezza. Il 50% dei grandi yacht viene prodotto in Italia, e alla produzione vanno aggiunte ad esempio la manutenzione e la cantieristica. Gli equipaggi di queste barche provengono da tutto il mondo, hanno notevoli capacità di spesa, a bordo si parla esclusivamente inglese. C’è stato un tempo, che per fortuna mi sembra superato, in cui questo settore veniva abbinato ai ‘ricchi’ da penalizzare. Oggi si comprende di più che si tratta invece di una importante possibilità per il territorio”.
Può farci degli esempi?
“L’impatto sul Pil di un porto come quello di Varazze è di circa venti milioni di euro l’anno, secondo uno studio dell’Ucina, la Confindustria della nautica. Ogni barca di questo tipo frutta decine di migliaia di euro”.
Una prospettiva che potrebbe interessare Savona, una volta salvaguardati gli interessi delle barche di Assonautica e Lega Navale, capisaldi della tradizione savonese.
Da sempre ne è convinto Lele Bellando, imprenditore nei settori della ristorazione di qualità e dell’abbigliamento di lusso. Spiega: “In porto a Savona non abbiamo molte imbarcazioni di grosse dimensioni, ma quelle che ci sono sfruttano la capacità di spesa ovviamente degli armatori, ma soprattutto degli equipaggi, familiari e amici compresi”.
Una zona dove ospitare barche di questo tipo potrebbe essere quella delle Funivie, ma la Soprintendenza vuole conservarne una parte. Discorso chiuso.