Savona, dal 2 settembre la mostra fotografica “Dream. Fracture” della fotografa israeliana Batia Holin
- Postato il 30 agosto 2025
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- Di Il Vostro Giornale
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Savona. Il prossimo 2 settembre alle ore 18.00 verrà inaugurata presso la sala Nassiriya della Provincia di Savona, Palazzo della Provincia, la mostra fotografica “Dream. Fracture” della fotografa israeliana Batia Holin.
La mostra si chiama Dream. Fracture perchè è la storia di un sogno che si infrange il 7 ottobre 2023. Batia, come la maggioranza degli israeliani residenti nei kibbutzim e nelle città del sud di Israele, è sempre stata socialista pacifista convinta e si è sempre battuta, come molti suoi amici, per cercare di costruire un ponte di dialogo con i residenti di Gaza, a pochissimi kilometri dal dove lei risiedeva. Essendo fotografa, aveva contattato gazawi per cercare qualcuno che con lei volesse fare una mostra fotografica a Tel Aviv e in giro per il mondo, rappresentando per immagini la vita di qua e di là dal confine. Sul confine fra Kfar Aza e Gaza c’è solo una misera rete con un cancello sgangherato, perchè sino al 7 ottobre c’era totale fiducia e senso di sicurezza: ogni giorno arrivavano decine di migliaia di gazawi a lavorare nei kibbutzim, mangiavano ridevano scherzavano con i bambini dei kibbutzim, e la convinzione era che non ci fosse assolutamente bisogno di difendersi da Gaza.
Un fotografo di Gaza, il giovane Mahmoud, accoglie l’invito di Batia a collaborare ad una mostra, che viene chiamata Insieme. Ciascuno fotografa la propria vita quotidiana, il proprio ambiente, le proprie amicizie e i luoghi. Viene effettivamente allestita una mostra con le foto di Batia e Mahmoud che ottiene un enorme successo di pubblico. I messaggi lascati sono tutti nel segno della speranza e della voglia di dialogo. Batia è convinta di aver realizzato un sogno. Che si infrange il 7 ottobre 2023, quando durante l’attacco dei terroristi di Hamas nel sud di Israele, Batia, chiusa nel suo rifugio nel kibbutz, riceve un messaggio whatsapp da Mahmoud. insolito e preoccupante “amore mio dove sei? ci sono soldati lì vicino a proteggerti?”. Il tono del messaggio sorprende Batia che chiude subito la comunicazione e scopre, salvandosi dopo molte ore dalla mattanza, che proprio Mahmoud ha cercato di ucciderla e ha usato le sue foto per mappare l’area.
“La mostra ha molti significati di grande densità. Da un lato, racconta ciò che nessuno deve dimenticare, l’orrore del 7 ottobre che ha lasciato una ferita incurabile nell’animo del popolo di Israele, ebrei, mussulmani, cristiani, drusi, beduini, giovani o vecchi. Racconta anche cosa e come si viveva nella zona dei pacifici e pacifisti kibbutzim, la convinzione di non dover temere perchè con i civili gazawi che ogni giorno trascorrevano tempo con loro, si credeva si fosse instaurato un rapporto di amicizia, di umanità. E poi il tradimento atroce di quella speranza, di quel desiderio di pace. Molti residenti dei kibbutzim come Batia sono stati uccisi da chi fino a pochi giorni prima era stato da loro aiutato: non dimentico la anziana rappresentante di una ong che ogni giorno trasportava dal confine verso gli ospedali israeliani decine di malati gazawi. Anche lei uccisa proprio da chi lei aveva aiutato più volte”.
Quando si parla di Medio Oriente, di conflitti e di responsabilità occorre sempre conoscere bene, ascoltare, cercare di approfondire per non lasciarsi trasportare dalla corrente della propaganda mainstream che oggi viaggia velocemente sui social. Il 7 ottobre non può essere dimenticato, così come non possiamo dimenticare quella che è stata la realtà della vita sul confine sino al 7 ottobre. Non si deve mai dimenticare cosa è Hamas e la schiavitù in cui tiene la propria popolazione: trascurare questo significa condannare la popolazione palestinese di Gaza alla eterna sofferenza. Riconoscere cosa è Hamas e chiedere ad Hamas di rilasciare gli ostaggi è così semplice, non comprendo quali siano le resistenze a farlo. Sconfitta Hamas la popolazione di gaza avrebbe una chance di uscire dall’oscurantismo del fondamentalismo e del terrorismo, una chance di vivere libera e con pari opportunità e diritti della comunità palestinese israeliana, che rappresenta il 21% della popolazione totale di Israele. La guerra potrebbe finire in un giorno, se gli ostaggi potessero tornare a casa, quelli vivi e quelli che sono già morti e se Hamas lasciasse il controllo di Gaza a chi potrebbe regalare un sistema di vita moderato, di tolleranza e rieducazione verso la pace. Potrebbe essere, come indicato da Israele, un gruppo di paesi arabi moderati, paesi che cercano lo sviluppo e la tolleranza per il benessere delle genti. Non condannare Hamas ma anzi sostenerla solo in funzione di pregiudizio verso Israele significa non avere assolutamente a cuore la sorte e il futuro della popolazione di Gaza”.
Capisco che sia bello sentirsi buoni ma il modo in cui si cerca di essere buoni non aiuta i palestinesi, solo le proprie coscienze e soprattutto chi violenta la propria gente per arricchirsi, per mantenere il potere, per rendere l’area un abisso di fondamentalismo islamico. Invito tutti a visitare questa mostra con cuore leggero e senza pregiudizio, e magari, come è il sogno di Batia, cercare un dialogo. Invito chi crede nella democrazia, nella libertà, in un mondo libero da odio ed estremismi.
La mostra, che da Savona in cui resterà sino al 5 settembre, si sposterà poi a Loano dove sarà inaugurata il 6 settembre in Comune nella Sala Mosaico, è destinata a essere itinerante in diverse città del ponente ligure e quindi a ulteriormente spostarsi in regione e fuori Regione Liguria. E’ organizzata da Associazione Italia Israele di Savona con il patrocinio di Regione Liguria, Provincia di Savona, Comune di Loano.
