Sanità, rabbia e amore da Catanzaro: «La salute è un diritto anche qui»
- Postato il 11 maggio 2025
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Il Quotidiano del Sud
Sanità, rabbia e amore da Catanzaro: «La salute è un diritto anche qui»
Oltre duemila persone a Catanzaro da tutta la regione per l’iniziativa sulla sanità, “Calabria, alza la testa”, promossa dal Quotidiano, dalla Cgil e da Comitati
IL SOLE è forte e il vento accarezza. Sono le quindici di sabato dieci maggio, a Catanzaro piazza Prefettura sonnecchia. Si sta preparando il palco dentro uno spazio che nel giro di pochissimo diventerà un calderone di corpi, striscioni, voci e bandiere. Circa duemila. “Sanità, Calabria alza la testa” sventola tra le due aste del palco. Il titolo che il Quotidiano ha consegnato mesi fa raccogliendo le istanze di tutti, raccontando i bisogni, le paure, le tragedie e le sue bellezze. Il suono dei tamburi comincia a rimbalzare tra le pareti dei palazzi. Pelli che vibrano e fischietti. Lungo il corso si avvicina il movimento 1000 papaveri rossi di Bocchigliero, agguerriti e felici. Portano in spalla una bara con un braccio di cartapesta che sfonda la cassa da morto e stringe in pugno dei papaveri. Una delegazione intanto è in Prefettura: le istanze saranno portate al Presidente della Repubblica. In piazza, invece, arriva San Giovanni In Fiore. “Siamo tutti Serafino” scritto su un lenzuolo. Serafino Congi. Una delle vittime di un sistema distante, in tutti i sensi. E ancora: Serra San Bruno, Polistena, Acri. Bandiere rosse e falce e martello, la Cgil e l’Usb Calabria. E poi i partiti: il Pd, il Movimento 5 stelle, la galassia comunista. E sono solo una piccola goccia in un mare di comitati, onlus, realtà da ogni dove. La Calabria alza la testa e punta il dito. Non chiede, pretende.
SANITÀ. A CATANZARO I TERRITORI RESISTENTI
Duemila persone dai territori resistenti, per la sanità, quelli che da oltre un decennio mordono il potere in cerca di risposte concrete. Ospedali con personale, ambulanze che arrivano, guardie mediche, prevenzione. Tutte cose che lontano dai grandi centri, di loro fiaccati e assediati dai colossi privati, dovrebbero essere pura normalità. Una guerra allo spopolamento e alla rassegnazione indiretta. Vittoria Morrone, del gruppo Fem.In lo ribadisce infiammando la piazza: «Ci hanno lasciati morire sulle barelle soli nei corridoi degli ospedali, senza medici, senza cure, e senza rispetto. O ci date la sanità pubblica o noi blocchiamo tutto». Guardarsi negli occhi e riconoscersi, non avere un nemico “corporeo” da combattere ma ricordarsi anche di cosa è stato vivere in Calabria senza un sistema sanitario. Davanti le transenne c’è Liliana Alessio. Porta con sé la foto si sua madre «morta dopo trenta ore di sofferenze tra un ospedale all’altro», diventerà un simbolo per tutti. Ad abbracciarla a fine intervento ci sarà Giuseppe Falcomatà. Questa piazza, dice è «per tutte le persone che non ce l’hanno fatta e soprattutto per tutte le persone che continuano a lottare». C’è Liliana e anche Caterina Perri, la moglie di Serafino Congi: «Io voglio solo giustizia e non giustizialismo, giustizia e risposta per le figlie di Serafino che hanno scelto di rimanere in Calabria, ma vogliamo l’appoggio di tutti voi perché si dica no al silenzio e all’indifferenza».
UN UNICO VOLTO, TANTI OCCHI
Sono gli occhi dei medici, di chi si trova ogni giorno a combattere in una trincea senza fine. Alessia Piperno, medico del 118, ricorda alla piazza di essere accorti, di non utilizzare il sistema dei soccorsi come se fosse un giocattolo. «Siamo pochi ma ci siamo» su quelle ambulanze. Gli fa eco più tardi Vittorio Sacco, infermiere e sindacalista dell’Usb: «non lo fate, non aggredite il personale sanitario. Ve lo dico da infermiere. Chi va aggredito sono qui politici che per trent’anni hanno distrutto la sanità pubblica». E poi Enzo Amodeo, cardiologo, «la politica è in tutte le cose. È quella che ci sta portando verso la privatizzazione. Non è difficile comprendere che stiamo andando su quella strada. E questa deriva sarà ancora più evidente on l’autonomia differenziata».
SOLDI E RABBIA
Segui i soldi e troverai il problema è il motto di Santo Gioffrè, medico anche lui e oggi scrittore. Le doppie e triple fatture, il factoring, il pagamento dei debiti con transazioni milionarie «dove si nascondono cose pagate anche quattro volte». È una denuncia diretta che Marisa Valenzise, del comitato di Gioia Tauro, urla a pieni polmoni. «Non vogliamo essere la sfasciacarrozze della Regione Lombardia. E non ci fermeremo qui, andremo a Roma, questo è solo l’inizio».
«I nostri governanti di ieri e di oggi – aggiunge don Pino De Masi, referente di Libera – non guardano al bisogno della gente, non mettono al centro la persona. Ma mettono al centro le clientele, le lobby, le connivenze con i corrotti e con i mafiosi. Questa manifestazione ha portato sulle proprie spalle i drammi di non essere curati. Scardiniamo questo sistema e il diritto alla cura sarà elargito non per favore ma perché ci tocca».
SANITÀ. TRIPODI: «NON HAI SCUSE QUANDO LE PERSONE MUOIONO NEGLI OSPEDALI»
Serra San Bruno e Vibo. Ospedali scippati e interi territori che gradualmente si sono visti scippare milioni di euro. Ultimi tra gli ultimi. La rabbia è enorme. La incanala anche il sindaco di Vibo, Enzo Romeo. Così come Franz Caruso (Cosenza) e Michele Tripodi, in un infuriatissimo intervento dove suona la sveglia al presidente commissario. «Sono tre anni e mezzo e se all’inizio ti avevamo dato credito oggi non te ne diamo più perché non solo sei il presidente della Regione ma sei il commissario alla sanità, hai poteri di protezione civile, non hai scuse quando muoiono le persone negli ospedali».
SANITÀ. STASI: STANNO SMANTELLANDO LA SANITÀ IN PARTE ANCHE CON IL NOSTRO SILENZIO
Ancora più duro Flavio Stasi (Corigliano Rossano): «La Calabria della sanità pubblica la stanno smantellando e lo hanno fatto e ce lo dobbiamo dire, in parte lo hanno fatto anche con il nostro silenzio. Perché ce ne siamo disinteressati perché abbiamo pensato che forse potevamo anche noi andare a Bologna, a Milano, a Genova, a Roma». Questo è un giorno nuovo.
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