San Valentino, abbuffata di retorica
- Postato il 9 febbraio 2025
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Il Quotidiano del Sud
San Valentino, abbuffata di retorica
Tutto pronto per la solita abbuffata di retorica per la festa degli innamorati, dopo secoli di nozze combinate, la riscoperta dell’amore
E se la freccia di Cupido avesse il pilota automatico? In un momento storico che investe tutto sulla simbologia e la materialità, San Valentino ci ha abituati fin troppo bene a una visione dell’amore idilliaca e fatata, nella quale il sentimento trionfa al di sopra di tutto, eppure amore e relazione non sono sempre andati di pari passo. Sposarsi per amore è sempre stata la perfezione a cui tendere, quella che le grandi storie ci hanno trasmesso come prototipo del “lieto fine”, ma tra il dire e l’amare, nella Storia, c’è stata di mezzo l’imperfezione del processo: l’amore ha vinto sempre su tutto o qualche volta l’ha lasciata vinta alla strategia?
SAN VALENTINO E LA VISIONE DELL’AMORE IDILLIACA
C’è stato un tempo in cui i matrimoni venivano pianificati perché non erano altro che l’ultimo tassello in un complesso sistema di affari di famiglia, equilibri e perfino mantenimento di imperi e reami.
Se pensiamo al matrimonio combinato ci viene subito in mente l’unione imposta ai tempi dei re, necessaria a conservare o sviluppare prestigio e sangue reale nonché rafforzare o creare alleanze, il tutto senza curarsi granché della volontà dei rampolli dei rispettivi troni.
Era una pratica così consolidata che la gran parte della nobiltà si è retta su questi schemi, ma se vi state chiedendo se le macchine con le lattine attaccate al cofano con la scritta “just married” siano nate nei reami, vi sbagliate. Bisogna tornare ancora più indietro per capire quanto radicato fosse il matrimonio combinato e per scoprire che anche oggi, in qualche forma, si è mantenuto.
IL MATRIMONIO A SPARTA
In Grecia, a Sparta, quando era stabilito che una ragazza andasse in moglie a un uomo, il padre di lei doveva richiederne formalmente il fidanzamento, come passaggio fondamentale prima del matrimonio. Tipico di Sparta era anche una sorta di “rapimento” della ragazza da parte del futuro marito – l’usanza era molto radicata e rappresentava la normalità, nella gran parte dei casi perfino i genitori della ragazza erano d’accordo. Una specie di “fuitina” greca, ma contraddistinta da un’unilateralità di fondo che farà poi da fil rouge in tutta la storia dei matrimoni combinati.
Nonostante il rapimento e il trascorrere di alcuni giorni insieme, alla donna era concesso di entrare ufficialmente in casa del marito e iniziare la convivenza con lui soltanto con intercessione di sua madre, e comunque parecchio tempo dopo il rapimento rituale.
I MATRIMONI COMBINATI
Una situazione molto simile si sviluppò a Creta, dove i ragazzi usciti dalle assemblee nobiliari delle rispettive famiglie (dette “agela”, che provvedevano alla loro istruzione) potevano andare a vivere con le mogli soltanto diverso tempo dopo averle sposate.
Un’usanza, quella greca, che si rifletteva anche nella mitologia. I rapimenti più famosi richiamano ad esempio il mito di Persefone, col quale i greci spiegavano il susseguirsi delle stagioni: vittima del ratto da parte di Ade che s’innamorò perdutamente di lei, Persefone fu condannata a trascorrere sei mesi negli Inferi (il che determinava un raccolto scarno, il freddo dell’inverno e la terra infruttuosa) e sei mesi sull’Olimpo insieme a sua madre Demetra; in questo periodo la terra rifioriva, germogliava, restituiva i frutti agli uomini e i fiori sbocciavano, segno della gioia di Demetra di riavere sua figlia con sé.
Anche Andromaca, moglie di Ettore, principe di Troia, venne rapita da Neottòlemo, figlio di Achille, vivendo una vita da schiava; il ratto delle Sabine, infine, permise a Romolo di avere donne con le quali procreare e generare una nuova stirpe, subito dopo la fondazione di Roma.
NEL MEDIOEVO I MATRIMONI ERANO IL PEZZO FORTE DELLE COMUNITÀ
Dal Medioevo in poi, molto prima che arrivassero i social, erano i matrimoni il vero pezzo forte delle comunità. Spesso impiegati per raddrizzare alleanze un po’ storte o porre le basi per sodalizi duraturi, acquisire titoli nobiliari o accaparrarsi un pezzo di terreno, tutto passava attraverso i matrimoni. Del resto, mica per niente si tratta ancora oggi e a tutti gli effetti di contratti.
Chi ha detto che al cuore non si comanda forse non ha mai saputo quanto meticolosa fosse la messinscena che univa i due promessi sposi.
Lo sfondo era il classico ballo da sala, in cui il ragazzo e la ragazza venivano fatti incontrare. L’occasione era propizia per mostrarsi al proprio meglio, era di fatto una passerella inconsapevole che serviva soltanto apparentemente ai due giovani per soppesarsi a vicenda: i veri osservatori (e poi giudici) della scena erano proprio loro, i Grande Fratello del Medioevo: i genitori dei ragazzi.
Genitori che prima di ogni altro aspetto dovevano assicurarsi che il promesso o la promessa del proprio figlio o della propria figlia scoppiasse di salute. Essere “sciupati” a quanto pare è una storia vecchia, e le prime a constatarlo non sono state le nostre nonne: per via delle precarie condizioni sanitarie dell’epoca, il primo rischio da debellare era quello di avere una discendenza emaciata e malata. Così, i rispettivi genitori e le loro viste a raggi laser passavano al setaccio i due giovani pretendenti per assicurarsi di non intravedere strane malattie o menomazioni.
Se il matrimonio era il social network dell’epoca, in qualche modo esistevano anche i “filtri”: l’aspetto estetico non era per niente da sottovalutare, sebbene fosse in coda alle richieste. Non era mandatorio, ma che lo sposo o la sposa fossero di bell’aspetto era sicuramente gradito e importante.
MATRIMONI FORZATI
Ma matrimonio combinato significava matrimonio forzato, e matrimonio forzato ha significato, in una delle pagine meno edificanti della storia italiana, anche e soprattutto matrimonio riparatore, quello che veniva celebrato in nome di tutto fuorché dell’amore, perché frutto di uno stupro. Fu Franca Viola a scrivere la parola “fine” sul matrimonio riparatore, rifiutando di sposare l’uomo che l’aveva rapita, picchiata e violentata per otto giorni nel 1965: prima di quel momento, andare in sposa a un uomo che l’aveva violata era, per la donna, l’assoluta normalità.
E vennero poi i matrimoni per consolidare le alleanze mafiose. Tanto per riaffermare uno stereotipo, i matrimoni mafiosi contano quasi duemila persone, e gli inviti si consegnano fermandosi di casa in casa. Questo perché sposarsi è una questione di affari nelle famiglie mafiose, di interessi e di favori. Talmente preziosi e incisivi, i matrimoni di mafia, che i contraenti sanno benissimo che i festeggiamenti possono essere presi di mira da polizia e investigatori. Alcuni capi evitano perfino di comparire a favore di telecamera per questo motivo: funerali e matrimoni sono occasioni pubbliche nelle quali gli esponenti dei clan compaiono per concludere o iniziare delle trattative.
IL MATRIMONIO CHE UNÌ LE FAMIGLIE PELLE E BARBARO
“Giorno 19” non è un nome in codice, ma la data del matrimonio (celebrato il 19 agosto del 2009, per l’appunto) che in Calabria unì le famiglie Pelle e Barbaro; qualcuno lo ricorda come il matrimonio divenuto famoso perché i festeggiamenti si divisero tra due ristoranti, tanti erano gli invitati al banchetto.
E veniamo a quei matrimoni di oggi che non possono esattamente dirsi “combinati”, ma che in fondo per qualche scelta lo sono.
“Non osi l’uomo separare ciò che l’Università ha unito”, potrebbe essere una promessa da celebrare in sede di matrimonio oggi: infatti pare che la gran parte delle coppie che poi giungono a giuste nozze si sia formata sui banchi dell’università e nei corridoi in cui si frequentavano gli stessi corsi. Avvocati, medici, infermieri, ingegneri: non sono pochi coloro che trovano l’anima gemella tra un esame e l’altro.
Ne consegue che, spesso, studiare insieme significhi poi anche lavorare insieme e incastrarci in mezzo anche la spesa settimanale, il cane da portare fuori, la semplice quotidianità che dopo le diciotto di ogni giorno ricompare come per magia. Solo che a viverla sono le stesse persone che fino a quel momento hanno lavorato sugli stessi progetti e, forse, anche nello stesso posto.
E se molti intravedono in questa prospettiva un girone diabolico che Dante non ha inserito nell’Inferno probabilmente solo per quieto vivere, qualcun altro invece è riuscito a costruirci intorno una vera e propria oasi di serenità.
CHI SI SOMIGLIA SI PIGLIA?
Sarà vero allora che “chi si somiglia si piglia”? Oppure vale la regola molto più neutra del “gli opposti si attraggono ma i simili si amano”?
La verità è che a trasformare il tavolo della cucina in una scrivania e un bouquet di fiori in una ventiquattrore ci si mette poco. Se ci aggiungiamo anche che normalmente più della metà del nostro tempo passa davanti al telefono, sia per lavoro che per noia, la vita di coppia rischia di appiattirsi e l’amore di diventare un grande piano cartesiano su cui misurare tempo e produttività, per non parlare del fatto che spesso vivere nella stessa casa facendo lo stesso lavoro, per alcuni, significa entrare in competizione, specialmente se si hanno caratteri forti.
Per gli stessi motivi però, in gran parte delle coppie, il fare lo stesso lavoro è considerata un’aggiunta positiva per l’amore. A quanto pare i caffè galeotti alla macchinetta durante le pause e le cene aziendali che diventano delle relazioni, possono creare un dialogo molto più fervido e dinamico di quello che sembra, perché lavorare insieme crea squadra e intensifica il rapporto, a volte amplia perfino gli argomenti di conversazione, crea empatia.
L’AMORE DEL LIBERO ARBITRIO
Pensavamo che il matrimonio combinato fosse roba vecchia, datata, e invece ha soltanto cambiato forma. “L’amor che move ‘l sole e l’altre stelle”, alla fine, muove pure gli interessi, e qualche volta ci si ritrova insieme perché l’interesse più forte in comune è risultato essere proprio quello lavorativo – o meglio: ci si sceglie quando si fa lo stesso lavoro e ci si costruisce intorno tutto il resto.
L’amore del libero arbitrio è ancora in giro o ha fatto una brutta fine, sepolto tra i cioccolatini, le rose rosse e le agende piene?