San Siro irriconoscibile: curva in silenzio e tifoseria divisa: meno rumore, più famiglie
- Postato il 20 agosto 2025
- Di Panorama
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Una rivoluzione culturale oppure una semplice conseguenza dell’inchiesta della Procura di Milano? Lo scopriremo solo vivendo come diceva Lucio Battisti, ma intanto la prima partita della nuova stagione a San Siro ha proposto un’atmosfera inedita: più di settantamila spettatori sugli spalti ma la curva ancora in aperta contestazione con la società e che non trascina, come al solito, il resto dello stadio. Dovremo abituarci a un nuovo modo di vivere il calcio? E’ ancora troppo presto per dirlo e di sicuro è una situazione che divide il mondo del tifo rossonero ma che probabilmente interesserà anche la parte nerazzurra di Milano.
L’inchiesta e i big delle curve fatti fuori
Dopo l’arresto dei capi storici delle curve di Milan e Inter il movimento ultras ha subìto una serie di restrizioni che hanno di fatto tolto allo stadio la parte più rumorosa del tifo. Le polemiche non sono mancate, a cominciare dalla distribuzione dei biglietti per la finale di Champions dell’Inter e poi ai divieti di sottoscrivere abbonamenti in curva per molti tifosi considerati pericolosi dal punto di vista dell’ordine pubblico. E qua entriamo nella nuova dimensione in cui è entrato San Siro e che forse non siamo abituati a considerare come la normalità. L’obiettivo di allontanare i violenti allo stadio fa parte delle normali regole del vivere civile, ma è sbagliato criminalizzare tutto il mondo ultras perchè c’è una parte sana che dedica la propria vita alla squadra del cuore e che non va oltre i limiti consentiti dalla legge ma si preoccupa di sostenere il club e i giocatori.
Tendenza e cultura diversa
Poi c’è una tendenza che arriva dall’estero e che dipende soprattutto dal fatto che gli stadi in Inghilterra, Spagna e Germania sono di proprietà de club e l’obiettivo, più o meno dichiarato, è quello di aumentare i fatturati con biglietti sempre più costosi fornendo servizi che nei nostri stadi, troppo vecchi, non possiamo permetterci di garantire. E’ il concetto dello stadio che diventa come un teatro dove si va a vedere lo spettacolo potendo sfruttare tutte le potenzialità dell’ospitalità. E’ il motivo per cui al Bernabeu come a Old Trafford aumenta il numero di stranieri che è improprio definire tifosi. Sono turisti che amano anche il calcio e vanno allo stadio con la stesso stato d’animo con il quale visitano il Colosseo o il Duomo di Milano. Una cultura diametralmente opposta ala nostra, che saliamo i gradini dello stadio con l’ansia e ce la portiamo dietro per due ore soffrendo come cani per la nostra squadra del cuore.
Divisioni inevitabili
Qual’è il modello giusto? E’ una domanda alla quale è impossibile rispondere. Nel mondo social in questi giorni si fronteggiano quelli che applaudono a uno stadio più aperto alle famiglie e ai bambini a quelli che non possono pensare di non vedere più le curve colorate dalle coreografie e rumorose per spingere la propria squadra alla vittoria, cioè quel modello di stadio a cui siamo da sempre abituati.