Sallusti: Toscani in politica era un manicheo che disprezzava la destra

  • Postato il 14 gennaio 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Sallusti: Toscani in politica era un manicheo che disprezzava la destra

Eppure, il modo peggiore di affrontare la morte di Oliviero Toscani sarebbe quello non “toscaniano”. Se la morte è sempre morte di qualcuno, è la tragedia che coincide da sempre col venire al mondo («imminenza sovrastante specifica», la chiamava il filosofo Martin Heidegger), in questo caso lo sfregio alla memoria sarebbe quello della reticenza, dell'eufemismo, dell'ipocrisia. No, Oliviero Toscani non si è mai nascosto dietro la parola edulcorata (fino a fare di questa schiettezza una forma di marketing, ma ci arriviamo), e quindi a maggior ragione oggi abbiamo la responsabilità di non farlo noi, che lo abbiamo spesso e senza ipocrisia criticato. Sì, perché il Toscani artista, o creativo, o abile fotografo (dipende dal grado di entusiasmo estetico per la sua opera, ma esula da questo pezzo) si è, quasi da subito, irrimediabilmente fuso col Toscani polemista e incursore nella trincea dell'attualità, né poteva essere altrimenti per uno che viveva il teleobiettivo anzitutto come arma contundente. Forse in questo senso è stato l'ultimo rappresentante del grande equivoco dell'engagement teorizzato da Jean-Paul Sartre, per cui lo scrittore (e per esteso l'artista) deve «abbracciare la propria epoca fino a fondersi in essa».

Ecco, non possiamo non dire che il provocatore (fin troppo) programmatico Oliviero Toscani ha sempre abbracciato la sua epoca dalla parte giusta. Vale a dire: dalla parte corretta, nel senso precipuo del Politicamente Corretto. Essì, perché tutto quello sbraitare, tutto quel diluvio di turpiloquio applaudito dai salotti bene dove il finto apocalittico Toscani era perfettamente integrato (per usare la famosa distinzione di Umberto Eco), tutto quel gigioneggiare sopra le righe e spesso oltre la logica, si abbinavano in realtà con gli abiti più facilmente calzabili. A partire dall'estremismo gauchista delle origini, nei (ben poco) formidabili anni ‘70, quando era la moda condivisa dell'intellighenzia europea (e la moda Toscani l'ha sempre annusata). Allora Oliviero firmò anche l'appello di Lotta Continua contro il commissario Calabresi, il quale «siccome in Italia quando uno muore diventa santo» andò poi incontro alla «beatificazione dei morti», come disse nel 2022 all'AdnKronos. Ecco, noi non gli faremo mai il torto di intrappolarlo nel meccanismo che contestava, la santificazione automatica decretata dall'assenza. Ricorderemo allora che Toscani è stato uno dei massimi teorizzatori e praticanti dello sfacciato manicheismo politico e morale che trabocca tutt'oggi dal mainstream italico. Una citazione esemplificativa tra le tante: «La gente di destra è deficiente. Quando hai poco cervello sei di destra». Era la divisione ideologica dell'umanità in due categorie, gli illuminati (dal suo flash) e i paria, che Toscani non si è limitato ad enunciare, ma ha applicato con sistematica ferocia nella sua presenza pubblica. Per cui la sua ossessione argomentativa erano le persone, ben prima che le loro idee. E allora Giorgia Meloni era «una ritardata, brutta e volgare».


Più un verso che un affondo satirico, ma nemmeno un verso avanguardista (no, Oliviero non lo è mai stato, al massimo intelligentemente intruppato), un ruttino ideale per l'applauso delle educande progressiste. E poi Salvi ni che è «disumano» (come da ultima intervista a Formigli: tecnicamente spogliato della sua umanità), «mentecatto», «dotato di una morfologia preistorica», fino alla mostrificazione di un'intera comunità: «La Lega non è un partito, è diarrea». L'avesse detto un fotografo-intellò di destra riferito al Pd l'avrebbero probabilmente appeso sul serio a Piazzale Loreto. Ma la provocazione più telefonata, e quindi meno riuscita, è stata quella sulla tragedia arrivata a compimento di un altro singolo, Silvio Berlusconi. «Per fortuna è morto. Ci ha rubato la dignità. Sono felice che non ci sia più, felicissimo».

No Oliviero, noi non siamo felici, tantomeno col superlativo, che tu non ci sia più. Perché la vita non è una campagna pubblicitaria ben orchestrata, tantomeno lo è il suo limite estremo che coincide con la sua negazione, la possibilità ultima che annulla tutte le altre possibilità, svela i bluff, chiude i giochi. Non giochiamo al gioco dell'ipocrisia, ma nemmeno al suo opposto, il compiacimento blasfemo per la tragedia che noi stessi siamo. Proviamo a mantenere l'onestà che la scomparsa impone, e diciamo che se ne è andato un artista dello scatto, ma anche un genio nel captare lo spirito del tempo, e non per contraddirlo.

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Libero Quotidiano

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