Romano Prodi sbotta e la notizia sparisce...
- Postato il 24 marzo 2025
- Di Libero Quotidiano
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Romano Prodi sbotta e la notizia sparisce...
Abbiamo scherzato, nel senso che adesso vorrebbero farci credere che non sia successo niente. Ricapitoliamo. Un ex Presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha letteralmente messo le mani addosso a una giornalista che gli aveva semplicemente rivolto una domanda: forse strattonandola, secondo lei addirittura tirandole i capelli, certamente toccandola in modo inopportuno e sgraziato, dopo averla peraltro aggredita verbalmente. Risultato? Per i giornali cosiddetti “maggiori”, è come se l'episodio non fosse mai avvenuto. Su Stampa e Repubblica, i quotidiani del gruppo Gedi, ieri non c'era nemmeno una riga. Il lettore, anche dotandosi di una potente lente di ingrandimento o di un microscopio ad alta precisione, non avrebbe trovato nulla. Quanto al Corriere, tutto è stato sbrigativamente liquidato con un box a pagina 15: «Prodi e la lite con la giornalista. “Io strattonata”. “No, non è vero”». Tutto qui, fine. Ora, non occorre una fantasia sensazionale per immaginare cosa sarebbe successo a parti invertite, se cioè una giornalista fosse stata anche solo sfiorata da un uomo di centrodestra.
L'avesse fatto un leghista, un esponente di Fdi o magari un forzista, nulla sarebbe stato risparmiato al malcapitato: sarebbe stato (metaforicamente) impalato vivo, processato a mezzo stampa e in qualche aula-bunker da talk-show, descritto come un sessista, un machista, praticamente l'anello di congiunzione tra uomo e bestia (ma in direzione-bestia, ovvio). Per ore e ore di televisione, ci sarebbe stato spiegato che è questo tipo di prepotenza ad aprire la strada ai femminicidi: se è un uomo delle istituzioni a comportarsi così (a telecamere accese), figurarsi cosa può fare un bruto in un condominio di periferia (a luci spente). Ancora, sarebbero piombati in scena i grandi opinionisti pro accoglienza per dirci: con che coraggio critichiamo i maschi islamici se poi sono i nostri politici ad agire in questo modo?
E poi, in un crescendo rossiniano, si sarebbero esibite le femministe, le esponenti di “Se non ora quando”, con il contorno rosso-rosé-fucsia-arcobaleno di tutti i professionisti vecchi e nuovi dei diritti civili. Gran finale con la necessità di abbattere il totem del patriarcato: con relativa sfilata di maschi penitenti, pronti a scusarsi-inchinarsi-umiliarsi per il solo fatto di esistere e di respirare. Di più: ci sarebbe stata materia per riconvocare una Piazza del Popolo (di nuovo a spese dei contribuenti, chissà), con tutto il carro di Tespi di cantanti-attori-professori contro la violenza, contro il fascismo, contro il maschilismo. E invece- guarda un po' - a combinare il guaio non è stato un orrido fascista, un bieco maschilista di destra, ma l'uomo simbolo dell'Ulivo, il vate del progressismo italico, la quintessenza del cattocomunismo nostrano. E allora che si fa? Censura: non è successo niente. Un invisibile foglio d'ordine è arrivato a tutte le redazioni antifasciste-antitrumpiste-antimuskiste: questa storia va spenta sul nascere. Ma a ben vedere, forse, non è stato necessario nessun input particolare. Così come gli uccelli di uno stormo volteggiano nell'aria per istinto e naturale armonia, senza bisogno di una coreografia precostituita, allo stesso modo il giornalismo conforme e conformista “sa” quando deve staccare la spina. E così - allo stesso modo - sono sparite le femministe (tutte a pilates?), si sono dileguati i nemici del patriarcato (tutti al corso di danza?), si sono presi un turno di riposo i twittatori compulsivi (finiti i giga?). Resta un'ultima possibilità, che non possiamo escludere, visto il precedente del 1978, in pieno caso Moro. Allora, un gruppo di professori della rossa Emilia, tra cui Romano Prodi, raccontarono di aver svolto nientemeno che una seduta spiritica. E riferirono che gli spiriti - appunto- avevano suggerito di cercare Aldo Moro a Gradoli. Come si sa, Moro fu vanamente cercato in quel paesino vicino Viterbo, quando invece un covo brigatista si trovava effettivamente in via Gradoli a Roma. Tuttora non si è fatta chiarezza su quella pagina scura: autentica seduta spiritica o tentativo - con un racconto fantasioso- di mettere in circolazione un'indiscrezione che qualcuno aveva ricevuto per ben altra via? Ecco, forse, quarantasette anni dopo quei fatti, servirebbe un'altra seduta spiritica. E stavolta gli spiriti dovrebbero suggerire a Prodi - senza andare né a Gradoli né a via Gradoli - di fare una cosa semplice e dignitosa: chiedere scusa a Lavinia Orefici.
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