Rodolfo Fiesoli morto, il guru di Forteto fu condannato per abusi. Le vittime: “La setta continua i suoi deliri”

  • Postato il 14 maggio 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Era stato condannato in via definitiva il 27 dicembre 2017 l’uomo che si faceva chiamare il Profeta, si atteggiava a guru ma era un pedofilo. Rodolfo Fiesoli, 84 anni, è morto. Spacciava un nuovo modo di intendere la famiglia – una comune dove le donne stavano separate dagli uomini -che per i giudici non era altro che la tana dell’orco del Forteto. In quella comunità da lui fondata nel Mugello, a Vicchio (Firenze), il tribunale dei minori dava in affidamento giovanissimi con realtà familiari complesse. Giovanissimi che diventavano maltrattamenti e abusi sessuali su minori e a Fiesoli, era stata inflitta una condanna definitiva a 14 anni e 10 mesi. L’anziano è deceduto nella rsa in provincia di Padova dove si trovava in detenzione domiciliare per scontare la condanna. I reati avvenuti al Forteto erano contestati anche i suoi principali e più fedeli collaboratori.

Per decenni l’esperienza del Forteto – una cooperativa agricola affiancata da una fondazione – ha catturato il sostegno e la benevolenza di molti per un’asserita capacità della comunità guidata da Fiesoli di saper gestire l’assistenza e l’affido di minori, anche disabili, provenienti da contesti di grave disagio sociale e familiare fino ad ottenere il loro recupero. Erano figli di tossicodipendenti, di genitori violenti, di criminali oppure di gente particolarmente povera, famiglie dove la potestà genitoriale era poco esercitabile. Ma già nel 1978, col primo arresto di Fiesoli, era emerso dalle accuse un contesto di maltrattamenti, abusi psicologici e sessuali, aspetti che poi sono tornati fuori più di una volta nel tempo mentre intanto l’attività del Forteto continuava fino all’inchiesta della procura di Firenze che nel 2011 portò Fiesoli in carcere per le stesse accuse.

Ci furono denunce di ex membri della comunità, alcuni dei quali entrati bambini e usciti adulti ma segnati dall’esperienza di quella che appariva più come una setta, con limitati contatti all’esterno e un’accurata gestione dei rapporti con il tribunale dei minori, con gli assistenti sociali e con i Comuni e gli altri enti. Il Profeta non si è mai pentito e ha sempre ribadito i suoi metodi. Erano, fra questi, i cosiddetti chiarimenti serali – confessioni pubbliche davanti a tutti di comportamenti considerati da lui errati -, alla denigrazione sistematica della famiglia di origine per isolare i minori, inglobarli nella comunità e anche convincerli che “gli atti omosessuali che subivano da Fiesoli e da altri erano a fin di bene”, venne detto nel processo dalla pm Ornella Galeotti, dato che Fiesoli “teorizzava l’omosessualità come pratica per superare la fase adolescenziale e per sostenere il confronto con le donne definite ‘troie e puttane'”.

Una esperienza che non sarebbe conclusa. L’associazione delle Vittime del Forteto “Oggi sugli organi di stampa campeggerà la notizia della morte del ‘profeta’ Rodolfo Fiesoli e forse qualcuno scriverà anche che, con questo evento, si chiude definitivamente la storia del Forteto. Niente di più falso! Chi invece ha vissuto all’interno di una setta sa benissimo che la morte del guru non estingue la setta ma, al contrario, la rafforza nel suo ricordo e nei suoi deliranti insegnamenti. Il Forteto non è finito con le condanne comminate dal Tribunale di Firenze nel processo del 2015 e non è morto oggi. Gli adepti di Fiesoli – afferma nella stessa nota l’associazione – si sono nuovamente riuniti in uno splendido casale sito in Dicomano (Firenze) dove accolgono alcuni disabili che ancora vivono inspiegabilmente con loro”.

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Il Fatto Quotidiano

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