Rockets: lo spettacolare live della band che negli Anni 70 ha visto il futuro

  • Postato il 23 novembre 2025
  • Di Panorama
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Nel 1977, mentre il punk dominava l’immaginario giovanile e la disco music era la colonna sonora dei dancefloor, i Rockets si presentavano sul palco con la pelle argentata, costumi metallici e un look a metà tra robot e astronauti. Un’estetica radicale per i tempi, una fusione inedita tra fantascienza, cyber-culture ante litteram e teatralità glam.

I Rockets hanno visto il futuro prima degli altri e hanno precorso i tempi dal punto di vista della spettacolarità dei concerti e del concept sonoro: sintetizzatori analogici, vocoder, influenze prog rock e ritmica potente: un linguaggio alieno che non somigliava a nulla dell’epoca.

Quando, nel 1997, i Daft Punk sono esplosi con Homework diventando il faro dell’evoluzione moderna dell’elettronica francese, è apparso evidente chiaro che la loro immagine, la scelta dei suoni e l’uso del vocoder fossero il filo rosso che riportava ai Rockets.

Venendo a oggi: della storica formazione originale rimane il tastierista Fabrice Quagliotti (di recente ci hanno lasciato il cantante Christian Le Bartz e il chitarrista Alain Maratrat). Il resto della band è fatto di musicisti perfettamente a fuoco e molto preparati (Rosaire Riccobono al basso, Gianluca Martino alla chitarra e Dan Quarto alla batteria) e di un vocalist, Fabri Kiarelli, di grande impatto. Con loro Quagliotti ha reinventato, senza snaturarlo, lo stile Rockets.

Dopo Time Machine, un riuscito disco di cover, con due splendide versioni di Walk on the wild side di Lou Reed e Riders on the storm dei Doors, è uscito nel 2024 l’album di inediti The Final Frontier. Al disco è seguito un tour nel corso del quale è stato registrato Some other place… Some other live!, pubblicato ora in doppio cd e triplo vinile. Un gran bel disco, registrato con una qualità sonora impeccabile: un regalo per i fan del gruppo che sono cresciuti ascoltando il primo “green” album, Plasteroid, On the Road Again e Galaxy, e per quelli che ai tempi non c’erano e li stanno scoprendo ora.

L’album segna un nuovo capitolo nella storia dei Rockets: un viaggio nel tempo che tiene insieme le canzoni dell’ultimo lavoro e i grandi classici, a cominciare dalla strumentale Anastasis, una mini suite imponente e avvolgente nel segno del progressive e dello space rock. Hanno un suono solido e definito i nuovi Rockets, come dimostra Universal Band, energica e orecchiabile anche più dell’originale presente sull’album Galaxy. Ancora adrenalina rock in Ride the sky, da The Final Frontier, che precede Astral World, una chicca space-funky-disco da Plasteroid.

Tra i momenti più alti dell’album le suggestioni spaziali di Cosmic Castaway (nella versione in studio con il featuring di Alain Maratrat), e la combinazione tra pop, rock ed elettronica di Stand on the world, uno dei pezzi più “catchy” dell’ultima produzione del gruppo.

E poi, la rilettura efficacissima di brani cult come Electric Delight, Sci-Fi Boogie, In The Galaxy (con echi pinkfloydiani nella parte strumentale), Future Woman e una versione vibrante di Fils du ciel dal primo leggendario “album verde”. I bis si aprono con la magia strumentale vintage di Venus Rhapsody, e si chiudono con la potenza space-blues di On the road again (remake del classico dei Canned Heat uscito nel 1968)) e Galactica. Poi, solo applausi.

Nel 2026 i primi concerti confermati si terranno il 20 febbraio al Phenomenon di Fontaneto d’Agogna (NO), il 22 febbraio al Palmariva Live Club di Portogruaro (VE), il 15 marzo, House of Rock, Rimini e il 22 marzo al Live Music Club di Trezzo sull’Adda (MI).

Autore
Panorama

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