Robert Benton, morto il regista di Kramer contro Kramer e sceneggiatore di Superman

  • Postato il 14 maggio 2025
  • Cinema
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Addio a Robert Benton. Il regista, premio Oscar, di Kramer contro Kramer aveva 92 anni. Curiosa e ricca la carriera di questo texano senza occhi di ghiaccio ma dalla penna gentile, mano ferma e dallo sguardo franco e profondo. Benton aveva prestato servizio nell’esercito negli anni cinquanta, poi era stato direttore della storica rivista per uomini Esquire, infine aveva fatto il botto nel 1967 scrivendo insieme al sodale (suo collaboratore ad Esquire) David Newman uno dei film più rivoluzionari nella grammatica, nella morale e nella produzione del cinema hollywoodiano: Bonny e Clyde, film diretto da Arthur Penn e interpretato da Faye Dunaway, Warren Beatty e Gene Hackman.

Benton entrò nella mecca del cinema dalla porta degli sceneggiatori e con Newman scrisse anche Uomini e cobra di Joseph Mankiewicz (1970), Ma papà ti manda sola? Di Peter Bogdanovich (1972), poi ancora il disinvolto, ironico, avventuroso film d’azione Superman diretto da Richard Donner, qui assieme nientemeno che a Mario Puzo e a Leslie Newman, moglie di David.

Nel 1972 Benton esordisce alla regia con un film non molto conosciuto in Italia, Bad Company. Un western iconoclasta interpretato da Jeff Bridges e Barry Brown. I due vestono i panni lisi di una coppia di renitenti alla leva durante la Guerra Civile che nel loro incedere verso Ovest non si esimono da derubare chi incontrano sulla loro strada. Si tratta di una sorta di demitizzazione del western, proprio in piena epoca crepuscolare di riscrittura del genere, Benton entra di diritto in quella vague statunitense della New Hollywood con cui condivide l’approccio dolente e ribelle, autonomo e indipendente rispetto alla tradizione. Nel 1977 dirige The late show, in italiano L’occhio privato, autentico film di culto per numerosi cinefili.

Storia di un anziano investigatore privato (Art Carney, celebre comico televisivo negli anni cinquanta) che vede morire tra le sue braccia un ex collega e che viene ingaggiato da una donna eccentrica (Lily Tomlin) a sua volta alla ricerca del suo gatto (il riferimento ad un altro cult come Harry e Tonto, per il quale Carney vinse un Oscar è evidente). Dopo L’occhio privato ecco lo script per Superman, un grandissimo successo commerciale, che diventa trampolino di lancio per il miglior film della carriera di Benton.

Kramer contro Kramer (1979), da lui sceneggiato è un film tragico ma registicamente robusto e compassato, un lavoro di altissimo livello drammaturgico con due interpreti in stato di grazia come Dustin Hoffman e Meryl Streep. Lei donna in carriera che vuole ritrovare se stessa e abbandona la famiglia, lui che sacrifica sentimenti e lavoro per crescere accanto al figlioletto (uno strepitoso Justin Henry). Molti ricorderanno i fazzoletti spiegati nel momento del distacco tra padre e figlio, ma forse ricordano meno che oltre ad un clamoroso successo al box office, quell’anno Kramer contro Kramer fece incetta di Oscar pesanti come miglior film, regia e sceneggiatura non originale (insomma tre Oscar pieni per Benton).

Il texano diventa un artista molto richiesto nella Hollywood che sembra di nuovo mutare finanziariamente e culturalmente. Nel 1982 però Still of the night, sempre con la Streep è un thriller moscio che non esplode, non segna, non colpisce né gli spettatori né la critica. Andrà meglio nel 1984 con Le stagioni del cuore, ambientato proprio nel paesino d’origine di Benton – Waxahachie, in Texas – durante la Grande Depressione con Sally Field, improvvisa vedova che fa rinascere la piantagione di cotone familiare grazie all’aiuto dell’afroamericano Moses (Danny Glover). Film complesso e stratificato nell’esposizione del conflitto razziale, Le stagione del cuore è fotografato magistralmente da Nestor Almendros e procurerà alla Field un Oscar come miglior attrice e a Benton come miglior sceneggiatore. Si tratta dell’apice della carriera dello sceneggiatore e regista texano perché negli anni successivi farà colpo, ma non più cassa, con l’elegante e sobrio adattamento del romanzo di EL Doctorow, Billy Bathgate (1991) con Dustin Hoffmann e Bruce Willis.

Nel 1994 è il turno del recupero dell’allora setttantenne Paul Newman in La vita a modo mio, trama di sentimenti familiari provinciali e bonari, con un Newman carpentiere anziano e disilluso che per amor di figli e nipoti ritrovati rifiuta perfino la fuga alle Hawaii con la bella Melanie Griffith. Benton che riscrisse la sceneggiatura una ventina di volte raccoglie un’altra nomination in quella che rimarrà la sua categoria di riferimento assoluta: la scrittura per il cinema. Negli anni a venire dirigerà nuovamente Newman in Twilight (1998) e dirigerà un giallo piuttosto stereotipato traendolo da Philip Roth, La macchia umana (2003) con Nicole Kidman e Anthony Hopkins. L’ultimo suo film, distribuito direttamente in home video in Italia, risale al 2007, Feast of Love. In un’intervista spiegò il suo delicato lavoro dietro la macchina da presa: “C’è una parte di me che pensa: non ho il controllo del film, in un certo senso lo inseguo. Accade qualcosa di fantastico quando il film inizia a prendere vita. E o lo lasci respirare, e lo lasci vivere, o lo controlli. E una parte di me ha sempre amato vedere cosa succede in un film”.

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Il Fatto Quotidiano

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