Ripensando il pensiero
- Postato il 9 luglio 2025
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- Di Il Vostro Giornale
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“Definisco il Neutro come ciò che elude il paradigma […] il paradigma è la molla del senso; là dove c’è senso, c’è paradigma, e là dove c’è paradigma (opposizione) c’è senso; detto in maniera ellittica: il senso riposa sul conflitto (la preferenza d’un termine contro un altro) e ogni conflitto è generatore di senso: scegliere l’uno e respingere l’altro, significa sempre votarsi al senso, produrre senso, darlo da consumare”. Il corso tenuto da Roland Barthes al Collège de France dal 18 febbraio al 3 giugno del 1978, un appuntamento di due ore ogni sabato per 13 settimane con il titolo di “Il desiderio del neutro”, è stato assemblato ed editato con il più sintetico “Il Neutro” ed è da questo testo che proviene la succitata apertura. Siamo portati a pensare al concetto di neutro come a qualcosa priva di determinazioni, in realtà il nostro pensiero è determinato dal modello logico del nostro linguaggio come, inevitabilmente, è possibile rovesciare l’ordine dei termini di quest’ultima osservazione. Il linguaggio credo lo si possa descrivere come l’organizzazione definita secondo un modello ordinato che pretende di confermare la propria struttura in ciò che il linguaggio proferisce. Può sembrare complesso e forse lo è, ma assolutamente comprensibile: il nostro modo di comunicare, mi riferisco nello specifico alla parola e alla struttura del linguaggio, è determinato secondo un ordine all’interno del quale andiamo a collocare l’oggetto del discorso, l’operazione funziona perfettamente, ma il linguaggio non è la realtà, la rappresenta e nello stesso tempo la condivide con chiunque intenda il linguaggio stesso. Per dirla in maniera forse più commestibile: il linguaggio consente la comunicazione poiché comune ai suoi utilizzatori ma rimane estraneo all’oggetto del quale può dire solo ciò che è rappresentabile dalla struttura comunicativa utilizzabile. Insomma, ripensando il pensiero ci accorgiamo che, poiché la grammatica della comunicazione si fonda sull’idea di antitesi, noi non riusciamo a pensare in altro modo ma, se il nostro linguaggio si consentisse all’idea di altro rispetto alle antitesi, la realtà che sapremmo, o almeno, potremmo cogliere, sarebbe assolutamente diversa.
Quando Barthes afferma che “il senso riposa sul conflitto” suggerisce che, nel nostro pensiero, qualunque cosa è se stessa in quanto confligge con tutto ciò che non è. Facile riconoscere la logica che afferma che A è diversa da tutto ciò che non è A, un modo rassicurante per consentirci di “usare il reale” e “produrre senso, darlo da consumare” senza doverci mettere in gioco, tutto è già dato in quanto riconoscibile attraverso una schema funzionale che potremmo però riconoscere come una sorta di semplificazione che, di fatto, diviene rinuncia. Rinuncia sia alla possibilità di metterci al centro della relazione con l’essere che al coglimento intimo per entrambi, a quella dinamica del riconoscimento reciproco che è il disvelarsi dell’essere che siamo noi stessi. Ed ecco che diviene possibile afferrare la rilevanza del Neutro nella riflessione di Barthes: per dirla con le sue parole “il Neutro non rinvia a impressioni di “neutralità” […] può rinviare a stati intensi, forti, inauditi. “Eludere il paradigma” è un’attività ardente, che brucia”. La semplificazione generata e presupposta dalle antitesi, dalle definizioni, dal “è così o è altro”, ha paura del vuoto-apertura che è il neutro, il quale è assunzione di responsabilità che è ben altro dall’imprecisione superficiale che non ama le riflessioni e dalla necessità di accettare qualsiasi definizione. Neutro non è non prendere posizione ma offrirsi uno spazio all’interno del quale creare secondo schemi non predeterminati.
Già nel pensiero di Nietzsche è possibile incontrare la polemica che si fonda sull’offerta di una libera alternativa rispetto alle convenzioni, specie morali ma anche gnoseologiche, una sorta di riappropriazione dell’al di là, certo, del bene e del male, ma anche delle strutture comuni del pensiero. Come non ricordare “la donnaccia ingannatrice” che imprigiona la creatività di “un pensiero altro”? Come non comprendere, secondo la prospettiva ripresa poi da Barthes, che lo aveva indotto ad affermare “non ci libereremo mai di dio finché non ci libereremo della grammatica”. È l’horror vacui che ha suggerito all’uomo di difendersi con la ragione anche se, e mi torna alla mente una linea importante nel pensiero di Severino, troppo spesso la cura è più grave della malattia. Il neutro, così inteso, rimette in gioco l’intera gerarchia valoriale del pensiero occidentale, lo schema binario, bene-male, giusto-sbagliato, è sottoposto a un ripensamento che parte dal “ripensando il pensiero” che titola queste righe. L’accusa di nichilismo, nella sua accezione più negativa, perde di significato se collocata all’interno di un linguaggio e, necessariamente, come abbiamo detto, di un pensiero capace di “apertura al neutro”. In senso nietzscheano, quindi, anche se il pensatore non utilizza esplicitamente il termine, potremmo cogliere una sorta di assiologia neutra che nega il dogmatismo dell’ontologia, che, dopo averlo ucciso, seppellisce dio e danza un ballo dionisiaco sulla sua tomba. Certo, i festeggiamenti aprono a un dopo nel quale si deve prendere coscienza del “disastro”, per dirla con Blanchot, nel quale l’iconoclasta azione ha cancellato i rassicuranti dogmi cardinali, ora il viandante è tanto libero quanto smarrito, può, ma anche è costretto, reinventare le coordinate del suo incedere, che però rimangono sfumate, fluttuanti, gassose, camaleontiche, certo, non banalmente rassicuranti, ma capaci di conservare al soggetto grandi ambiti di creatività.
Il neutro, così inteso, ha gli occhi puliti e profondi del pensiero anarchico che, mi preme sottolinearlo, nulla ha a che vedere con con la logica dei cosiddetti antagonisti. È proprio nel momento in cui la sua libertà, che non ha bisogno di antitesi per essere se stessa, assume la sua rivoluzionaria valenza politica. Lo schema abusato e consumato del “offri un nemico alla massa e rendila soggetto dell’azione”, si rivela per ciò che è, il motore malato di una storia che non sa che transitare da un conflitto a quello successivo, minacciarne altri ancor più devastanti, generare terrore per costruire un equilibrio di sistema volutamente precario che, soprattutto, nulla ha a che spartire con l’essere umano. La cifra politica della possibilità del neutro sarebbe rivoluzionaria anche applicata a livello sociologico e antropologico, lasciamo a margine la chiacchiera dei professionisti dell’inganno comunicativo massmediale, proviamo a immaginare quale sconvolgimento di stereotipi produrrebbe il superamento dell’antitesi maschile femminile e la relativa urgenza, più o meno manipolata, di determinare tutta una serie di intervalli e variazioni tra i due opposti. Il neutro come “possibilità di una differenza che non necessita di antitesi”, aprirebbe alla possibilità di “essere senza definirsi”, di divenire senza contraddirsi, di accettarsi accettando l’altro e l’altrove. Per tornare all’affermazione di Barthes “il senso riposa sul conflitto (la preferenza d’un termine contro un altro) e ogni conflitto è generatore di senso”, potremmo affermare che se fossimo abitati dal concetto positivo di neutro come possibilità ulteriore alle antitesi potremmo finalmente lasciar crescere l’idea di neutro senza doverlo definire per negazione. Una simile modalità, che sono convinto sia accessibile a un pensiero che si ripensi liberamente, lascerebbe spazio alla capacità del soggetto di ri-conoscervi qualcosa al di là di ogni predeterminzione, di ogni rassicurante gabbia logica, di ogni omologante convenzionalità. Mi sembra abbastanza evidente che il Neutro assumerebbe un valore sommamente positivo, diverrebbe uno spazio di libertà, di soggettività creativa, di assunzione di responsabile e liberatorio protagonismo grazie a una riscoperta e riacquisita incensurabilità congenita che è cifra della specie umana, certo più del contesto prigione che lei stessa si costruisce per paura di troppa libertà.
Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì. Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero. Clicca qui per leggere tutti gli articoli.