Rimborsopoli, assoluzione definitiva per Mario Occhiuto

  • Postato il 30 aprile 2025
  • Mario Occhiuto
  • Di Quotidiano del Sud
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Il Quotidiano del Sud
Rimborsopoli, assoluzione definitiva per Mario Occhiuto

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Si chiude in maniera definitiva, con una assoluzione, l’inchiesta “Rimborsopoli” che aveva visto coinvolto l’ex sindaco di Cosenza e senatore di Forza Italia Mario Occhiuto


CHIUSA definitivamente l’inchiesta denominata “Rimborsopoli” che ha coinvolto il senatore di Forza Italia Mario Occhiuto, quando ricopriva la carica di sindaco della città dei Bruzi. L’ex primo cittadino era imputato per diversi episodi di peculato legati a rimborsi per missioni istituzionali svoltesi tra il 2013 e il 2017.

RIMBORSOPOLI, LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE


La Corte d’Appello di Catanzaro aveva confermato l’assoluzione giunta al termine del giudizio di primo grado. La procura aveva deciso di ricorrere in Cassazione, ma la Suprema Corte ha respinto il ricorso. Inammissibile: questa la motivazione con la quale la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato in modo definitivo l’assoluzione, come richiesto dall’avvocato Nicola Carratelli, difensore di Mario Occhiuto.

I FATTI


I fatti risalgono ai primi mesi del 2017, quando Occhiuto aveva scoperto delle irregolarità effettuate dal suo capo segreteria, il quale aveva falsificato una serie di ricevute per ottenere rimborsi per spese di missione mai sostenute. Occhiuto denunciò tutto alla procura della Repubblica che avviò le indagini con acquisizione di tutta la documentazione inerente i rimborsi delle spese per le missioni del sindaco.

LE INDAGINI


Il collaboratore di Occhiuto ai magistrati dichiarò di aver falsificato gli atti per consegnare i relativi importi proprio nelle mani del sindaco, che automaticamente passò da denunciante a indagato. L’ex sindaco venne interrogato e produsse documentazione a dimostrazione che le trasferte effettuate, soprattutto a Roma, avvenivano esclusivamente per finalità istituzionali connesse alla sua carica.

RIMBORSOPOLI, LE RICHIESTE DELLA PROCURA

La Procura chiese la condanna di Occhiuto alla pena di tre anni e sei mesi di reclusione con confisca di 250mila euro. Il giudice per l’udienza preliminare di Cosenza, Claudia Pingitore, all’esito del giudizio abbreviato, assolse Mario Occhiuto per i capi d’imputazione relativi all’accusa di aver ricevuto fondi indebitamente grazie anche alla falsificazione dei documenti da parte del capo della segreteria, perché il fatto non costituiva reato, e per i capi riguardanti rimborsi basati su documentazione incompleta o irregolare, con la motivazione “il fatto non sussiste”. La Procura generale di Catanzaro presentò ricorso e già la Corte d’appello aveva rigettato l’istanza.

LA CASSAZIONE


La Cassazione ha giudicato inammissibile il ricorso perché «il reato di peculato – è scritto nella sentenza – consiste nell’appropriazione del denaro di cui il pubblico ufficiale abbia la disponibilità per motivi di ufficio e non nella irregolarità della tenuta della documentazione contabile inerente alla gestione dello stesso. Quest’ultima circostanza può certamente essere un sintomo della condotta di appropriazione, ma non potrà costituire prova incontrovertibile della appropriazione né, tantomeno, costituirà l’appropriazione in sé. È erroneo quindi ritenere appagante per la condanna il semplice dato della insufficiente giustificazione offerta dalla documentazione contabile: la incompletezza, la inadeguatezza formale della rendicontazione delle spese operate dal pubblico ufficiale potrebbero servire a ritenere configurabile una responsabilità di natura amministrativa e contabile del pubblico ufficiale, ma non possono valere, da sole, ad integrare una responsabilità penale».

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