Riciclaggio, 9 arresti a Potenza: c’è anche l’imprenditore del lusso

  • Postato il 2 luglio 2025
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Riciclaggio, 9 arresti a Potenza: c’è anche l’imprenditore del lusso

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Nove arresti per riciclaggio: al centro dell’inchiesta i rapporti tra il noto imprenditore Antonio Liseno e il clan Cartagena

I SOLDI degli assalti ai portavalori della mala di Cerignola riciclati nell’hotel San Barbato di Lavello che già faceva da «lavatrice» in una presunta maxi evasione fiscale: è il quadro tracciato dall’inchiesta che ieri mattina ha portato la Guardia di Finanza e Polizia di Stato a far scattare gli arresti, con l’accusa di riciclaggio, per nove persone (sette in carcere e due ai domiciliari) nell’ambito di un’operazione coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Potenza. Al centro dell’indagine i rapporti tra il noto imprenditore lucano Antonio Liseno – proprietario della struttura ricettiva – e il clan Cartagena-Saracino di Cerignola. Liseno, 58 anni, di Lavello, è stato arrestato e trasferito in carcere insieme ad altre otto persone, tra cui Pasquale Saracino, di 51 anni, e Sante Cartagena, di 58, entrambi di Cerignola.

Il provvedimento della custodia in carcere è stato emesso anche nei confronti di Angelo Finiguerra, di 53 anni, e Mariagrazia Filomena Merra, di 47, tutti e due di Lavello, e Nicola Dileo, 25 anni, e Pietro Gervasio, 47, entrambi di Cerignola. Sono agli arresti domiciliari Sonia Finiguerra, 26 anni, e Franco Mauro Via, 56 anni, di Lavello: le Fiamme Gialle e Polizia hanno inoltre eseguito il sequestro di beni per un totale di circa dieci milioni di euro, provento – secondo gli investigatori – del riciclaggio, e dei compendi aziendali di dieci società, tra cui la Sg e la Glam’our Italia, di proprietà dello stesso Liseno e operanti nel settore del commercio e nell’e-commerce di beni elettronici.

I reati contestati riguardano il periodo compreso tra il 2016 e il 2020. Liseno è anche accusato di aver realizzato una frode fiscale nel settore della telefonia che avrebbe coinvolto numerose società dislocate in Italia e in diversi Paesi europei, tra cui Germania, Svezia, Slovacchia e Polonia. Dalle indagini è, inoltre, emerso che Liseno sia stato coinvolto «nel periodo pandemico in manovre speculative – si legge in un comunicato firmato dal procuratore distrettuale facente funzioni, Maurizio Cardea – su prodotti di prima necessità, facendo incetta sul mercato di oltre 13 milioni di mascherine in un momento storico in cui vi era penuria, determinandone la rarefazione e il rincaro sul mercato interno». E’ stato l’intuito di un agente del commissariato di Melfi della Polizia, che, nel 2017, guardò con attenzione ciò che c’era scritto su un pezzo di carta buttato in un cestino, a dare il via all’inchiesta sul resort di lusso San Barbato di Lavello.

Il particolare è stato illustrato dal questore di Potenza, Raffaele Gargiulo, nel corso della conferenza stampa sull’inchiesta in cui risultano indagate sessantadue persone e undici società. Il pezzo di carta, ritrovato nel cestino, riguardava i rapporti tra Liseno e Angelo Finiguerra (anch’egli in carcere), un imprenditore edile di Lavello impegnato nei lavori di realizzazione del resort di lusso. Le indagini sono partite con una perquisizione eseguita nel 2017 a carico Finiguerra, nel corso della quale è stata ritrovata documentazione contabile relativa a lavori effettuati per la realizzazione del resort, all’epoca in corso di costruzione, e che attestava, secondo la Procura di Potenza, «un rapporto consolidato che andava anche ben oltre la mera natura commerciale con Liseno, proprietario della struttura alberghiera e le cui attività economiche si presentavano funzionalmente connesse e riconducibili a un gruppo di cerignolani specializzati in rapine a furgoni portavalori eseguite in tutto il territorio nazionale».

Dalla direzione generale dell’hotel, hanno tuttavia comunicato che «la struttura è pienamente operativa, nella sua totalità, e continua regolarmente a svolgere tutte le attività previste». Secondo quanto si è appreso, la gestione del San Barbato – posto sotto sequestro preventivo d’urgenza dalla Procura distrettuale antimafia – è stata affidata a un amministratore giudiziale. Nella nota del resort, è specificato che le informazioni attualmente in circolazione, che riporterebbero l’asserita chiusura o il sequestro della nostra struttura, risultano del tutto prive di fondamento, fuorvianti e non corrispondenti alla realtà dei fatti. Smentiamo categoricamente ogni notizia in tal senso e precisiamo che la nostra struttura è pienamente operativa, nella sua totalità, e continua regolarmente a svolgere tutte le attività previste. Tutto il personale di Borgo San Barbato è attualmente in servizio, come da prassi, e continua ad accogliere con la consueta professionalità e dedizione i propri ospiti, garantendo gli alti standard qualitativi che da sempre contraddistinguono la nostra offerta». Il San Barbato «continuerà a operare nel rispetto della propria missione di eccellenza nel settore dell’ospitalità, assicurando ai propri clienti un’esperienza autentica, sicura e di elevata qualità».

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