Riceve una trasfusione con sangue incompatibile e muore: un milione e mezzo di risarcimento ai parenti

  • Postato il 18 settembre 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Un milione e mezzo di euro ai parenti di una donna morta dopo un errore nella trasfusione del sangue. Come riporta la Repubblica, la corte d’Appello di Roma ha condannato l’Azienda sanitaria locale Roma 5 a versare un risarcimento di un milione e 600mila euro ai figli e ai nipoti di una donna che ha perso la vita a 77 anni. I giudici d’appello hanno confermato l’esito della sentenza del Tribunale di Velletri. Nel 2020 l’Asl era infatti già stata condannata a risarcire gli eredi della vittima.

Secondo quanto emerso, la donna viene ricoverata nel 2011 all’ospedale Parodi Delfino di Colleferro per una febbre che non passava ed episodi di perdita di sensibilità e formicolio agli arti inferiori. Il 26 maggio durante la degenza la 77enne riceve, per l’errore di un infermiere, una trasfusione di sangue che era invece diretta alla vicina di letto. Una trasfusione con un gruppo sanguigno diverso da quello della donna. Riceve il B+ anziché il suo gruppo (A Rh+). Lo sbaglio non viene però segnalato nella cartella clinica, mentre sarebbe stato obbligatorio registrarlo.

Dopo essere sopravvissuta alla trasfusione con sangue incompatibile, alla 77enne viene diagnosticata la sindrome di Guillain-Barré al 27esimo giorno di ricovero. Parliamo di una rara malattia neurologica autoimmune, in cui il sistema immunitario attacca i nervi periferici. La paziente viene a quel punto trasferita al Policlinico Umberto I di Roma per la visita di uno specialista, ma i medici non vengono informati dell’errore nella trasfusione. Dopo altri 30 giorni di ricovero, muore a causa di complicanze dovute alla malattia.

Si è saputo dell’errore trasfusionale soltanto nel momento in cui l’avvocato della vittima, Renato Mattarelli, ha avuto accesso agli atti. “La trasfusione è un atto medico, non può essere fatta da un infermiere, e andava registrata – spiega il legale, come riporta la Repubblica – In questo caso non furono adottate terapie di contenimento, non ci fu annotazione in cartella e i medici del Policlinico furono tenuti all’oscuro, con un ritardo diagnostico fatale. Il trasferimento fu inoltre mascherato da una richiesta di esame neurologico. A testimonianza di ciò, il letto della paziente era già stato assegnato a un altro malato il giorno stesso dell’esame”.

Secondo l’avvocato, la donna è stata inoltre danneggiata dalla diagnosi tardiva: “Ci tengo a sottolineare che la condanna dipenda da una serie di errori, compreso quello diagnostico della Guillan Barré – prosegue Mattarelli – Era una diagnosi semplice, arrivata con ritardo, 28 giorni, che ha causato la paralisi quasi totale della donna. A questo ovviamente si aggiunge l’errore trasfusionale, che ha provocato un grande shock e la distruzione del sistema immunitario, fino all’aggravamento totale della patologia e la morte”.

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Il Fatto Quotidiano

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