Resa del G7 a Trump sulla tassa minima, von der Leyen: “L’accordo va attuato”. Tridico: “Meloni svende l’interesse nazionale”

  • Postato il 30 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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La promessa del G7 a Donald Trump di esentare le multinazionali Usa dalla tassa minima del 15% scatena le prime critiche politiche in Italia nei confronti della premier Giorgia Meloni, che quando era all’opposizione predicava la necessità di colpire duramente i grandi gruppi. Intanto da Siviglia, dove è in corso la Conferenza Onu sul finanziamento dello sviluppo, Ursula von der Leyen pur senza citare il G7 dice che “dobbiamo attuare l’accordo G20/Ocse sulle norme internazionali in materia di imposta sulle società”, in vigore nell’Unione dal 2024. Il Vecchio continente non sembra quindi intenzionato ad allinearsi alla posizione rinunciataria dei sette grandi, di cui pure fanno parte Francia, Germania e Italia. La decisione spetterà comunque a un consesso ancora più ampio, quello dell’Ocse, che è stato sede dei negoziati sulla tassa.

“Le tasse sono la fonte di finanziamento più valida per servizi come l’assistenza sanitaria o l’istruzione”, ha dichiarato la presidente della Commissione europea, “e un sistema fiscale equo è fondamentale per attrarre investimenti privati. Per questo motivo dobbiamo attuare l’accordo G20/OCSE” che “aumenterà le entrate nei Paesi in via di sviluppo. Ed è anche una questione di equità, perché tutti dovrebbero contribuire con la loro giusta quota”.

Ma il compromesso che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha definito “onorevole” consentirà a Big tech di continuare a spostare i profitti in giurisdizioni a bassa tassazione e pagare tasse irrisorie rispetto a quelle che colpiscono le altre aziende. Per Pasquale Tridico, capodelegazione M5S al Parlamento europeo, “quello siglato al G7 non è un compromesso onorevole, ma un vergognoso atto di servilismo. Con la pressione fiscale per le imprese italiane al 42,6%, permettere che le multinazionali americane paghino tra lo 0 e il 3% crea un grave dumping fiscale. Mi auguro che gli altri Paesi Ocse si ribellino a questo pessimo accordo, che rappresenta un passo indietro rispetto agli impegni multilaterali già firmati”.

Nel frattempo, peraltro, i dati Istat certificano che nel primo trimestre 2025 la pressione fiscale complessiva in Italia è cresciuta dello 0,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un aumento che i parlamentari M5S delle commissioni Bilancio e Finanze collegano alle scelte del governo: “Sulle multinazionali si fa marcia indietro, sui comuni mortali le tasse aumentano. I cittadini sono serviti”. Il M5S accusa l’esecutivo Meloni di incoerenza anche sulla digital tax, che appare a sua volta a rischio: “Quando era all’opposizione, Meloni definiva l’aliquota al 3% un’idiozia e chiedeva una tassazione più alta per i colossi del web. Eppure il governo ha respinto in Parlamento un nostro emendamento che proponeva di alzarla a doppia cifra, per finanziare un vero taglio dell’Irpef sul ceto medio.La realtà è che sul Fisco, come su tante altre partite, la presidente del Consiglio è totalmente gregaria delle multinazionali”.

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Il Fatto Quotidiano

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