Resa del G7 a Trump sulla tassa minima, cosa succede ora. Stiglitz: “Interessi delle multinazionali prima di quelli dei cittadini”
- Postato il 29 giugno 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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A più di due giorni dall’annuncio via X del segretario al Tesoro Scott Bessent, nemmeno uno dei leader del G7 mette la faccia sull’accordo che punta a esentare le multinazionali statunitensi dalla già poco ambiziosa tassa minima globale del 15% negoziata in sede Ocse e sottoscritta dai cosiddetti grandi della terra nel 2021. Accordo che a dire il vero è solo una proposta, visto che concretizzare il “sistema parallelo” di cui si parla nel comunicato della presidenza canadese dovrà essere l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nell’ambito del quadro inclusivo creato quasi un decennio fa per contrastare l’elusione dei grandi gruppi e impedire che spostino artificialmente i profitti in giurisdizioni fiscalmente amichevoli. Ma il segnale politico di sottomissione ai desiderata di Donald Trump è lampante. Tant’è: Mark Carney, Emmanuel Macron, Giorgia Meloni, Friedrich Merz e Keir Starmer, così come l’omologo giapponese Shigeru Ishiba, tacciono. I ministri delle Finanze abbozzano.
A commentare sono solo economisti e attivisti per la giustizia fiscale. In prima linea il premio Nobel Joseph Stiglitz, co-presidente della Commissione indipendente per la riforma della tassazione delle imprese internazionali (Icrict), che parlando con il Financial Times ha attaccato i governi che hanno “anteposto gli interessi delle multinazionali a quelli delle piccole e medie imprese, dei loro cittadini e della gente comune in tutto il pianeta” e “scelto di rinunciare a entrate pubbliche, specialmente in questo momento, e proprio a quelle degli attori economici più potenti”. Secondo stime dell’EU Tax Observatory, la bassissima aliquota e le tante scappatoie aggiunte in corsa hanno ridotto il gettito potenziale da 270 a circa 136 miliardi complessivi e l’Italia si aspettava prudenzialmente solo 400 milioni.
Gabriel Zucman, che dell’Osservatorio è fondatore e direttore e sostiene da anni la necessità di rendere più solida la tassa e introdurne una simile sui grandi patrimoni, definisce dal canto suo “prevedibile, eppure vergognosa e patetica, la capitolazione del G7, che accetta di lasciare che le multinazionali americane sfuggano all’imposta minima globale del 15%”. “Una chiara illustrazione”, chiosa, “del perché abbiamo bisogno di regole del gioco del tutto nuove”. Regole che lo stesso Stiglitz, i Paesi del sud del mondo e i gruppi di pressione per la giustizia fiscale auspicano siano modificate in una sede differente rispetto al consesso dei Paesi più sviluppati: le Nazioni Unite, che l’anno scorso hanno istituito un Comitato negoziale intergovernativo incaricato di partorire una Convenzione quadro sulla cooperazione fiscale internazionale e due protocolli contro l’elusione e per la risoluzione delle controversie fiscali. Usa e Regno Unito si sono espressi contro e tutti i membri della Ue si sono astenuti.
Per Markus Meinzer, policy director di Tax Justice Network, la “dichiarazione di morte” dell’accordo Ocse negoziato “a porte chiuse e da un ristretto gruppo di Paesi ricchi” rende ancora più chiara l’alternativa per i Paesi del G7: “Sovranità fiscale alle Nazioni Unite”, dove i negoziati potrebbero essere condotti “in modo trasparente, democratico e con l’inclusione di tutti i Paesi”, o “sottomissione fiscale sotto Trump”.
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