Regionali Calabria, Bruno Bossio: “Io non sono il vecchio”
- Postato il 17 ottobre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Regionali Calabria, Bruno Bossio: “Io non sono il vecchio”
“Quello che spacciano per rinnovamento è sostituismo”: l’analisi del voto alle elezioni regionali in Calabria di Enza Bruno Bossio
«STO bene, non mi fermo, non mi sono mai fermata. Continuerò la mia battaglia di opposizione, fuori dal Consiglio regionale. Anche perché se l’opposizione eletta è in continuità con quella fatta da Bevacqua, siamo rovinati. Non lo dico solo io, lo dice Enzo Ciconte, che certo non è un mio simpatizzante, né un nemico di Bevacqua. Ciconte ha scritto, cito testualmente, che il sistema di potere robusto e reticolare di Occhiuto “ha goduto di un privilegio inatteso, l’incapacità di essere contrastato da parte dell’opposizione in consiglio regionale e nella società”».
Enza Bruno Bossio salta preamboli e convenevoli. Alla domanda ‘come va?’, che apre la conversazione telefonica e fa da preludio all’intervista, passa oltre la fase di riscaldamento ed entra subito nel vivo. Candidata nella lista del Pd alle regionali del 5 e 6 ottobre, Bruno Bossio, in questa competizione elettorale, è una delle escluse eccellenti dal Consiglio. È arrivata seconda nella circoscrizione di Cosenza, dietro Rosellina Madeo, unica eletta e supportata dal capogruppo dem uscente Mimmo Bevacqua.
Iniziamo dall’analisi della sconfitta. Che sensazioni aveva prima del 5 e 6 ottobre? Credeva nella vittoria o in un recupero del divario?
«Il divario in partenza c’ero e lo avvertivo. Oggettivamente non poteva essere altrimenti. Occhiuto con le dimissioni anticipate ha fatto la mossa del cavallo e lo spiazzamento degli avversari politici era uno degli ingredienti del progetto. Inoltre questa sua rappresentazione costante di una Calabria diversa che si riscattava ha funzionato: non c’è niente di vero, ma lui è risultato convincente. Detto questo, io ero convinta che pur con questo suo vantaggio, la figura di Tridico potesse essere un elemento catalizzatore di una Calabria che voleva più trasparenza, più capacità di stare in mezzo alla gente più che sui social. Perché Occhiuto, dobbiamo riconoscerlo, è il migliore interprete di questa nuova comunicazione politica, occhi negli occhi, in cui vince la capacità di convincere lo spettatore che quello che si sta comunicando è la realtà, anche quando non lo è. Questo però non ci assolve dalle nostre responsabilità. Probabilmente quello che è mancato è la credibilità. Nonostante la credibilità personale di Tridico, nonostante la forza di una coalizione che per la prima volta era unita, è mancata una credibilità collettiva del centrosinistra, che è quello che anche a livello nazionale, nonostante lo sforzo straordinario di Schlein, non ci fa fare un salto nei sondaggi».
E come si costruisce la credibilità?
«Tutti pensano che si costruisca con il rinnovamento. Ovviamente un rinnovamento che, leggendo le interviste di Bevacqua e Madeo sul vostro giornale, sembra un sostituismo, nel senso che io sostituisco qualcuno con un presunto volto nuovo. Presunto perché Madeo ha avuto una sua esperienza istituzionale, anche regionale nelle sue funzioni di vicepresidente della commissione pari opportunità. Quindi non è un volto giovane, è un volto sicuramente nuovo quanto lo ero io, nel senso che io non sono mai stata candidata alle regionali. Sono stata deputata per 9 anni, meno di due legislature. Credo quindi che il punto vero sia distinguere rinnovamento da innovazione. Bisogna innovare nei metodi, innovare nei contenuti. Questa innovazione nei metodi, nella circoscrizione di Cosenza, per quel che riguarda il Pd non c’è stata, anzi, per come dichiarato dagli stessi protagonisti, c’è stata una continuità. Il famoso passo di lato di Bevacqua – che non è stato un passo di lato, ma una richiesta da parte della segreteria nazionale della serie “se ti candidi adesso e non vieni eletto comunque non ti puoi candidare più alle Politiche” – ha lasciato il passo a un soggetto che ha avuto in continuità con Bevacqua la disponibilità delle sue strutture speciali da capogruppo. Strutture che oggi si sovrappongono completamente con le strutture di partito perché, come dice Cuperlo, da quando abbiamo eliminato il finanziamento pubblico ai partiti, viviamo di strutture collegate ai rappresentanti istituzionali. Se fossi stata eletta consigliera regionale, avrei fatto una battaglia per l’abolizione delle strutture, ma questo non significa che non la farò lo stesso».
Ma quale sarebbe il problema delle strutture speciali?
«Che dentro si trovano decine di ragazzi che sono anche amministratori pubblici e hanno ruoli nell’organizzazione del partito. E non è un tema personale che riguarda Bevacqua e Madeo, è un tema invece che bisogna mettere in discussione all’interno del partito. Perché è qui che si sperimenta la differenza fra rinnovare e innovare. Per me oggi il vecchio è il modo in cui funzionano le strutture speciali del Consiglio regionale e i benefici che portano a chi si candida con questo vantaggio. C’è poi una seconda questione, innovare significa anche allargare. Purtroppo non abbiamo allargato e in questo mi ci metto anch’io».
Lei parlava di credibilità da riconquistare. Ma questo clima da resa dei conti che si respira nel centrosinistra e nel Pd forse non aiuta.
«Ha ragione. Io mi trovo costretta a replicare ad alcune cose perché mi stanno ammorbando con questa narrazione del vecchio. E per quanto mi riguarda io posso essere vecchia anagraficamente – e ci sarebbe da discutere, perché credo che Sandro Principe e Mario Oliverio siano più vecchi di me – ma sicuramente non sono vecchia da un punto di vista politico istituzionale. Io mi sono candidata, per la prima volta, nel 2013 che avevo già oltre 50 anni. Dopodiché sono d’accordo che dovremmo mettere tutti da parte questa narrazione dello scontro. E un’altra cosa la vorrei dire però: basta con congressi unanimistici, perché servono solo a mettere la polvere sotto il tappeto. Si fa il congresso, ci si confronta e si discute sulla proposta politica. Chiuso il congresso, si lavora insieme, vincitori e vinti».
Forse la considerano ‘vecchia’, perché le caricano gli anni istituzionali di Nicola Adamo.
«Esatto, è così. Ma qui c’è una risposta semplicissima che voglio dare. Il fatto che Nicola Adamo, mio marito, possa supportarmi in campagna elettorale, come fanno tutti i mariti, fratelli, cugini, sorelle di candidati, non significa che automaticamente io mi posso caricare la sua presenza in Consiglio regionale. Vorrei peraltro ricordare che quando sono stata eletta alla Camera nel 2013, l’anno dopo Nicola non si è candidato, perché, a differenza di altri che oggi in Parlamento si presentano moglie e marito, ha fatto un passo indietro. E questo gli è nuociuto moltissimo, perché poi è stato caricato di indagini come se fosse il braccio destro di Oliverio, l’uomo ombra. Tutte le indagini di Oliverio sono state anche le sue. E quando è stato prosciolto, assolto Oliverio, è stato prosciolto e assolto anche lui. La verità, in ogni caso, è che la misoginia è dura a morire. A parti invertite, non credo che qualcuno avrebbe caricato a Nicola gli anni della moglie in consiglio regionale».
Ha accennato alle inchieste che hanno coinvolto Oliverio. Più volte evocate negli ultimi tempi, anche da Occhiuto, per spiegare perché non volesse finire come i suoi predecessori finiti sotto accusa e poi assolti o archiviati, ma archiviati pure politicamente.
«Io sono sicuramente la persona più garantista del mondo e lo sono dal ‘92, da Mani Pulite. Dopodiché, però, quello che ha fatto Occhiuto non è stata una mossa “garantista”, ma il tentativo di mettersi al di sopra della legge. E io penso che sia giusto che la nostra democrazia sia governata dalla separazione dei poteri – sono tra le poche nel Pd favorevole anche alla separazione delle carriere in magistratura – ma come si invoca l’autonomia della politica si deve invocare anche l’autonomia della magistratura. Credo che per un soggetto istituzionale sia un dovere il rispetto istituzionale della separazione dei poteri, anche se la mossa del cavallo può essere più utile. Purtroppo la maggioranza del popolo italiano non è abbastanza informata su queste questioni. Come negli anni passati ha vinto il manettarismo infondato di Gratteri, oggi vince l’autoproclamazione innocentista di Occhiuto che non passa attraverso la giusta sottolineatura costituzionale della presunzione di innocenza, ma passa attraverso l’idea “io non posso essere indagato perché io sono corretto a prescindere” che poi è tipica delle dittature. La questione quindi, sul profilo democratico, è molto delicata, ma capisco anche che la coalizione alternativa ad Occhiuto non l’abbia usata come clava. A Oliverio andò diversamente, da parte del suo stesso partito: fu Zingaretti che andò in televisione, contro la volontà di tutto il partito calabrese, a dire che non era più candidato».
Una delle ragioni per cui la vicenda Oliverio è diventata un po’ il caso emblematico, no? Ripeto, citata anche da Occhiuto.
«Quando uscì la notizia che Oliverio era indagato nell’inchiesta di Crotone (Glicine, ndr) Occhiuto era stato appena eletto e disse “Bravo procuratore, con noi c’è l’interruzione sul malaffare”. Oggi lui dice “non voglio fare la fine di Oliverio”. Quello stesso Oliverio, però, verso cui lui appena eletto presidente ha fatto il persecutore».
Le sue parole d’ordine per il rilancio del Pd le ha date: innovare e allargare. Ma come si praticano?
«Ne aggiungo una terza: radicarsi. Un altro mio obiettivo nei prossimi giorni sarà quello di rafforzare la presenza dei circoli del Pd nelle province. Abbiamo pochissimi circoli e pochissimi effettivamente rappresentativi di una adesione politica».
Come prepararsi invece alle prossime regionali? Perché diciamocelo, anche quando si è arrivati a scadenza naturale, il centrosinistra ci ha regalato psicodrammi nella scelta del candidato passati alla storia.
«Dobbiamo iniziare a prepararci da subito nei contenuti e anche nell’individuazione, perché no, del candidato».
Nelle interviste precedenti mi sembra che lei, nel Pd, sia stata la più generosa con Flavio Stasi e le sue critiche.
«Stasi dice una cosa con cui sono d’accordo. Una coalizione che si basa sostanzialmente su piccoli sistemi di potere diventa un’accozzaglia, che non allarga».
Che opposizione si aspetta dal gruppo Pd eletto? È un gruppo rinnovato, nei nomi, l’unico uscente è Alecci.
«Di Madeo ho detto, Alecci è uscente e parla da sé. Ranuccio è sicuramente un bravo amministratore, ma non so come sia come dirigente del Pd e come capacità di fare opposizione. Falcomatà è sicuramente un leader politico. È un soggetto riconosciuto politicamente e questo è già un punto di partenza non banale, se farà opposizione come mi auguro che faccia».
Può avere il profilo dell’anti Occhiuto? Sui social se la cava bene.
«Sì, molto bene. Ha migliaia di follower perché anche lui per fortuna fa una comunicazione moderna».
Il Quotidiano del Sud.
Regionali Calabria, Bruno Bossio: “Io non sono il vecchio”