Reggerà la tregua di Trump? Redeaelli spiega gli obiettivi di Iran e Israele

  • Postato il 24 giugno 2025
  • Esteri
  • Di Formiche
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Durante la nottata italiana, il presidente statunitense, Donald Trump, ha annunciato un cessate il fuoco tra Iran e Israele, attribuendone il merito anche alla mediazione del Qatar. Se confermato, lo stop ai combattimenti potrebbe rappresentare una sospensione significativa delle ostilità, anche se sul terreno restano molte incognite. Iran e Israele hanno continuato a colpirsi reciprocamente fino agli ultimi minuti prima che la tregua – prevista inizialmente per 12 ore, poi da implementare in modo più consistente – entrasse in vigore. Secondo Riccardo Redaelli, professore ordinario di Storia e istituzioni dell’Asia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il cessate il fuoco “è fragilissimo”. Ricordando che Israele ha già accusato l’Iran di aver violato la tregua con un lancio di missili e minaccia una risposta, spiega a Formiche.net come “questo indichi la presenza di forze che non vogliono fermare la guerra”, in particolare in Israele, dove “sono esaltati dai successi militari e vogliono continuare a usare la loro capacità d’azione”, mentre l’Iran è “in difficoltà”.

La crisi militare tra Stati Uniti, Iran e Israele sta attraversando una svolta potenzialmente decisiva, appena dopo aver sfiorato una potenziale escalation. Dopo il bombardamento statunitense contro tre siti nucleari iraniani di sabato scorso, Teheran ha infatti risposto lunedì 23 giugno con un attacco missilistico contro la base aerea statunitense di Al Udeid in Qatar, hub del CentCom, ossia centro operativo della presenza militare americana nel Golfo. I missili iraniani sono stati quasi totalmente intercettati e non si registrano vittime e danni, ma l’attacco ha fatto salire bruscamente la tensione in un’area già estremamente instabile, con 40.000 soldati americani schierati in tutta la regione.

La risposta iraniana, definita da Trump “molto debole”, sembra ricalcare lo schema già visto nel 2020 dopo l’uccisione del generale delle Quds Force Qassem Soleimani. Anche in questo caso, Teheran ha fornito avvisi preventivi, tramite canali diplomatici, per evitare vittime, e il raid è apparso calibrato come messaggio simbolico a uso interno – orientato al controllo dell’escalation. L’operazione, battezzata “Proclamazione della Vittoria”, ha voluto mostrare la fermezza della leadership iraniana, nonostante le difficoltà oggettive dopo undici giorni di bombardamenti israeliani, e cautela verso Washington, lasciando intendere che Teheran cerca di evitare un conflitto diretto con gli Stati Uniti pur mantenendo lo scontro aperto con Israele.

Quali obiettivi? “A breve termine, il regime iraniano vuole sopravvivere e uscire da una situazione di debolezza militare; Trump cambia idea con grande imprevedibilità e non si capisce se questa entropia (dal non voler entrare in guerra ai bombardamenti, dal percorso di pace all’idea di regime change) sia legata a una strategia; Israele invece ha attaccato mentre erano in corso in negoziati con Trump perché voleva sfruttare la debolezza iraniana, con l’obiettivo chiaro non solo di colpire il programma nucleare ma anche di indurre cambio di regime, che è un’idea velleitaria”, risponde Redaelli.

Per il docente, sul lungo termine, il governo Netanyahu “non ha un’idea efficace se non continuare a combattere e a dimostrare la propria enorme forza militare e capacità di intelligence, ma manca un’agenda politica: non ce l’ha per Gaza, dove continuano a massacrare la popolazione senza un piano, e non ce l’ha per l’Iran, dove continua a baloccarsi con l’idea del regime change ma senza piani concreti”.

Ma il regime iraniano è realmente in difficoltà, è al punto di rottura? “Il regime è in grande difficoltà: Teheran ha visto tutta la costruzione della sua deterrenza demolita in pochi mesi: il sistema delle milizie, Hezbollah, Hamas, la Siria, il programma missilistico, l’incapacità di proteggersi dagli attacchi di Israele”. “Ricordiamoci — continua Redaelli — che la prima esigenza del regime è sempre quella di difendersi: a medio e lungo termine deve decidere cosa fare, una cosa saggia sarebbe stata fermare l’arricchimento, ma non hanno voluto farlo e ora parte dei siti è distrutta, anche perché Trump ha dimostrato di avere poca pazienza”.

E adesso? “Ora l’opzione è fare la bomba clandestinamente, se ci riuscirà, per quanto sia molto pericoloso. Oppure finalmente imparare dalla sconfitta e dall’umiliazione e fermare il programma di arricchimento e trovare un accordo con cui strappare la fine delle sanzioni. Questo avrebbe comunque delle conseguenze in patria, e magari permetterà anche di marginalizzare gli ultra conservatori a favore di un movimento più pragmatico: ma questo è ancora presto per dirlo”.

Autore
Formiche

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