Referendum, sono 67.300 i fuori sede ammessi al voto: “Segno di un’esigenza diffusa, nonostante la comunicazione carente”

  • Postato il 7 giugno 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Sono 67.305 gli elettori fuori sede che hanno richiesto di votare per i referendum dell’8 e 9 giugno nel comune dove sono temporaneamente domiciliati. Dopo una sperimentazione per le Europee, riservata ai soli studenti fuori sede, nella tornata referendaria è stato data la possibilità anche a chi lavora in un comune situato in una provincia diversa da quella di residenza e a chi si trova temporaneamente domiciliato in un’altra città a causa di cure mediche. La richiesta è stata presentata da 28.430 lavoratori fuori sede, 38.105 studenti e da 770 cittadini che non si trovano nel loro Comune di residenza per motivi di salute. Dalle quasi 24mila richieste delle scorse Europee, l’ampliamento ai lavoratori e a chi è distante per cure mediche ha portato il numero a oltre 67mila. E crescono anche i dati sugli stessi studenti: oltre 14mila in più rispetto al voto per il rinnovo del Parlamento europeo. “Segno evidente di un’esigenza reale e diffusa“, dichiara Fabio Rotondo di The Good Lobby Italia. E questo, sottolinea, “nonostante i numerosi limiti riscontrati: dai tempi ristrettissimi – meno di un mese per fare richiesta – e una scarsa attenzione mediatica e politica sia verso i Referendum sia, di conseguenza, verso la possibilità di votare a distanza”.

I numeri sono stati diffusi dal ministero dell’Interno nel Dossier Referendum 2025, anche se – viene specificato – sono “dati non consolidati aggiornati al 21 maggio 2025″ sulla base delle comunicazioni dei comuni di temporaneo domicilio. Il fatto che siano ancora dati provvisori, a pochi giorni dall’apertura dei seggi, provoca le critiche di The Good Lobby Italia, associazione da anni impegnata nella battaglia per rendere strutturale il voto fuori sede. “La trasparenza istituzionale non può essere un optional, tanto più quando si tratta di una sperimentazione elettorale nazionale. L’assenza di dati aggiornati e accessibili mina la fiducia e impedisce un monitoraggio pubblico sull’efficacia e l’equità del processo”, ha commentato il direttore Federico Anghelé.

Ancora c’è tanta strada da fare, considerando che il totale di studenti e lavoratori fuori sede in Italia sfiora i 5 milioni. Numeri che confermano comunque “come ogni innovazione come il voto a distanza abbia bisogno di tempo, informazione e continuità per essere conosciuta, compresa e utilizzata appieno dalla cittadinanza. Per questo è fondamentale che la sperimentazione non resti un episodio isolato, ma rappresenti un primo passo verso una riforma strutturale e permanente“, sottolinea l’associazione. Nonostante i dati, infatti, “l’Italia resta l’unico Paese dell’Ue senza una legge sul voto fuorisede (insieme a Malta e Cipro che, tuttavia, non ne hanno alcun bisogno date le loro ridotte dimensioni territoriali): la legge delega sul voto fuorisede è ferma in Senato ormai da quasi due anni. È dunque il momento di riprendere l’iter e trasformare queste sperimentazioni in una conquista permanente”, conclude The Good Lobby.

Per quanto riguarda la distribuzione territoriale dei 67.305 elettori che voteranno nel Comune di domicilio, la Regione con il numero più alto di richieste è stata la Lombardia (14.032), seguita da Emilia-Romagna (12.707), Piemonte (10.352) e Lazio (10.175). Per quanto riguarda le province, in vetta c’è Milano (10.980 elettori fuori sede), poi Roma (9.890), Torino (9.691), Bologna (7.785), Padova (2.503), Firenze (2.400) e Pisa (2.179). Il 67% delle richieste proviene infatti proprio da queste province. Come spiega YouTrend “se per ogni provincia consideriamo il numero di richieste di voto fuorisede ai referendum in rapporto alla popolazione residente, in cima alla classifica c’è Bologna (0,76%), davanti a Pisa (0,52%) e Torino (0,44%)”.

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