Referendum, Pd contro il silenzio Rai: “No a Telemeloni”. Schlein: “Negata corretta informazione ai cittadini”
- Postato il 19 maggio 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Un sit-in per denunciare il boicottaggio dei referendum su lavoro e cittadinanza dell’8 e 9 giugno, contro il silenzio della Rai bollata come “TeleMeloni”. Qualche decina di parlamentari e militanti del Partito democratico si sono ritrovati insieme alla segretaria Elly Schlein per un presidio di protesta “contro il black out informativo in corso sui referendum”, organizzato sotto la sede del servizio pubblico a Roma (e contemporaneamente in quelle delle altre sedi regionali in tutta Italia). “Denunciamo l’oscuramento dei referendum sulla televisione pubblica. I cittadini e le cittadine hanno diritto a un’informazione pubblica e completa sul voto”, ha rivendicato Schlein. E ancora: “La Rai non deve dire come votare, ma deve informare: su cosa e quando si vota, dare spazio al confronto sulla precarietà e sicurezza del lavoro e sulla cittadinanza. Noi come Pd invitiamo tutte e tutti a votare 5 sì. E stasera partecipiamo alla Maratona contro l’astensione insieme alle altre forze sociali, politiche e sindacali che sostengono i referendum”.
Eppure, al di là dell’appello a votare 5 sì rilanciato dalla segretaria, ha creato non poche tensioni e malumori al Nazareno la lettera firmata da diversi esponenti dell’ala riformista (che non sembrano più riconoscersi nella corrente del presidente dem Stefano Bonaccini) con la quale hanno annunciato di non votare tre (su quattro) quesiti sul Jobs Act: “Voteremo ‘sì’ al referendum sulla cittadinanza, ma non voteremo gli altri tre quesiti perché la condizione del lavoro in Italia passa dal futuro, non da una sterile resa dei conti col passato”, avevano attaccato Lorenzo Guerini, Pina Picierno, Giorgio Gori, Marianna Madia, Lia Quartapelle e Filippo Sensi.
E proprio Madia, quasi a sorpresa, si è presentata al presidio di fronte alla Rai: “Un paradosso la mia presenza? La nostra posizione un regalo a Meloni e alla maggioranza che evoca una sorta di ‘congresso’ dem alle urne? No, da noi non c’è alcun regalo, né la nostra lettera ha irritato la segretaria”, si difende Madia. Per poi rivendicare: “Io il Jobs Act l’ho votato e ho contribuito a scriverlo. Penso sia stata una buona riforma, al di là delle migliorie da fare nel tempo. Ma dopo dieci anni non credo che i problemi dei lavoratori siano legati a quelle leggi. Non saranno questi referendum a cambiare in meglio la condizioni dei lavoratori in Italia, ne sono convinta”. Ma Madia attacca pure il segretario Cgil Maurizio Landini, promotore dei referendum sul lavoro: “Questi quesiti li ha voluti lui, non la Cgil che è un grande sindacato e ha una grande storia. Ma ci sono e gli elettori sono chiamati a votare. La nostra posizione e quella del governo sono diverse”, si giustifica.
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