Referendum giustizia, i big del Pd favorevoli alla riforma: Schlein nei guai
- Postato il 31 ottobre 2025
 - Politica
 - Di Libero Quotidiano
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                                                                            Referendum giustizia, i big del Pd favorevoli alla riforma: Schlein nei guai
Alcuni big del Pd potrebbero votare sì al referendum sulla legge sulla giustizia. E se così fosse, la leader Elly Schlein sarebbe in guai veri. A votare in maniera favorevole, come si legge sul Secolo d'Italia, potrebbero essere Vincenzo De Luca, Goffredo Bettini, l'ex senatore dem e costituzionalista Stefano Ceccanti. Dunque, a sinistra non c'è solo chi continua ad attaccare il provvedimento con critiche trite e ritrite, ma anche chi giudica la riforma in maniera oggettiva e senza ricorrere agli slogan.
Un episodio del 2019 potrebbe far suonare il campanello d'allarme alla Schlein: all'epoca il candidato segretario del Pd Maurizio Martina aveva scritto nella sua mozione che "il tema della separazione delle carriere appare ineludibile per garantire un giudice terzo e imparziale". A sottoscriverla erano stati Debora Serracchiani, Dario Parrini, Matteo Orfini, Alessandro Alfieri, Graziano Delrio, Simona Malpezzi, Vincenzo De Luca. E oggi alcuni di loro non hanno affatto cambiato idea. Non rientra tra questi la Serracchiani, per cui invece ora la separazione delle carriere “significa piegare la giustizia al potere politico”.
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Deciso Bettini, che già mesi fa diceva: “Ritengo che la separazione delle carriere nella magistratura possa rappresentare un passo importante, persino doveroso, nella direzione di una maggiore terzietà del giudice”. Sottolineando poi che “non è una bandiera ideologica”. Non seguirà le indicazioni della Schlein anche Cesare Salvi, ex ministro del Lavoro ed ex senatore Pci-Pds, che al Foglio ha detto: “Con la separazione delle carriere, come viene chiamata semplificando, si dà un seguito a una riforma molto importante: la modifica dell’articolo 111 della Costituzione che, nel 1999, ha introdotto il principio del ‘giusto processo’, basato sul contraddittorio tra le parti e sulla presenza di un giudice terzo e imparziale. Allora ero capogruppo del Pds; quella proposta recava la mia firma".
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