Referendum 8 e 9 giugno: cinque scelte per il lavoro e la cittadinanza

  • Postato il 30 aprile 2025
  • Attualità
  • Di Paese Italia Press
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di Fr@ncesco Mazzarella

Il referendum abrogativo è uno strumento fondamentale della democrazia diretta previsto dalla Costituzione italiana all’articolo 75. È un’occasione in cui i cittadini possono essere direttamente protagonisti delle decisioni legislative, decidendo se abrogare, cioè cancellare in tutto o in parte, una legge o una disposizione di legge già in vigore.

Nel referendum abrogativo si vota “Sì” se si vuole abrogare la norma, oppure “No” se si vuole mantenerla com’è. Affinché il risultato sia valido, è richiesto il raggiungimento del quorum, cioè che si rechi alle urne almeno il 50% + 1 degli aventi diritto al voto. Senza quorum, anche se vincesse il Sì, la legge non verrebbe abrogata.

Il referendum dell’8 e 9 giugno 2025 rappresenta un passaggio importante: cinque quesiti referendari toccheranno temi chiave legati al mondo del lavoro e alla cittadinanza. Si tratta di temi concreti che toccano la vita quotidiana di milioni di persone. Conoscere il contenuto dei quesiti, comprenderne le implicazioni e valutare le posizioni del Sì e del No è fondamentale per esprimere un voto libero e consapevole.

I cinque quesiti referendari: cosa chiedono, cosa cambierebbe

1. Contratto a tutele crescenti – disciplina dei licenziamenti illegittimi

Cosa prevede oggi la legge?

Con il Jobs Act (D.lgs. 23/2015), il contratto a tutele crescenti ha modificato le tutele in caso di licenziamento illegittimo. In generale, il reintegro nel posto di lavoro è previsto solo in casi gravi e specifici (licenziamenti discriminatori o nulli), mentre negli altri casi il lavoratore riceve solo un’indennità economica proporzionata all’anzianità.

Cosa propone il referendum?

Abrogare completamente questa normativa, ripristinando l’applicazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che prevedeva il reintegro più esteso per chi veniva licenziato senza giusta causa.

Chi dice SÌ:

I promotori ritengono che il Jobs Act abbia ridotto drasticamente i diritti dei lavoratori. Secondo loro, eliminare le tutele reintegrative ha indebolito la posizione del dipendente, rendendolo più esposto a licenziamenti arbitrari. Abrogare la norma significherebbe restaurare un equilibrio tra imprese e lavoratori.

Chi dice NO:

I contrari ritengono che il Jobs Act abbia aiutato a rendere più dinamico il mercato del lavoro, favorendo l’assunzione a tempo indeterminato grazie a regole più certe e meno onerose per le aziende. Tornare indietro significherebbe, secondo loro, scoraggiare le assunzioni e creare incertezza giuridica.

2. Licenziamenti e indennità nelle piccole imprese

Cosa prevede oggi la legge?

Per le aziende con meno di 15 dipendenti, la legge limita le conseguenze economiche del licenziamento illegittimo: l’indennità prevista è fissa e limitata, senza possibilità di reintegro.

Cosa propone il referendum?

Eliminare il tetto massimo di indennizzo e riportare al giudice la facoltà di stabilire l’equità del risarcimento, analogamente a quanto avviene nelle aziende più grandi.

Chi dice SÌ:

I favorevoli ritengono che questa disparità tra lavoratori di piccole e grandi imprese sia ingiusta. Tutti i lavoratori devono avere pari dignità e pari protezione. Il Sì, quindi, rappresenterebbe un passo verso maggiore equità sociale e lavorativa.

Chi dice NO:

I contrari sottolineano che le piccole imprese vivono spesso in condizioni economiche più fragili e necessitano di maggiore flessibilità. Costi e rischi giudiziari troppo elevati potrebbero scoraggiare nuove assunzioni e penalizzare proprio le aziende più piccole.

3. Contratti a termine

Cosa prevede oggi la legge?

La normativa vigente consente ai datori di lavoro di assumere con contratto a termine fino a 24 mesi, con proroghe e rinnovi entro certi limiti e per specifiche motivazioni.

Cosa propone il referendum?

Abrogare le modifiche che hanno reso più facile il ricorso ai contratti a termine, limitandone l’utilizzo e incentivando contratti più stabili.

Chi dice SÌ:

Il fronte del Sì ritiene che la precarietà sia diventata la norma per troppi giovani e lavoratori. I contratti a termine non devono sostituire quelli stabili. Dire Sì significa contrastare il lavoro precario e garantire maggiore stabilità.

Chi dice NO:

I contrari vedono nei contratti a termine uno strumento utile per adattarsi ai cicli economici e alle esigenze temporanee. Secondo loro, limitare troppo questi contratti potrebbe ridurre la flessibilità del sistema e le possibilità di ingresso nel mondo del lavoro.

4. Responsabilità solidale negli appalti

Cosa prevede oggi la legge?

Attualmente, in alcuni casi, il committente non risponde degli infortuni subiti dai lavoratori delle imprese appaltatrici o subappaltatrici, se tali eventi sono legati a rischi specifici delle attività di queste ultime.

Cosa propone il referendum?

Ripristinare la responsabilità solidale, cioè fare in modo che anche il committente sia responsabile per gli incidenti e per la sicurezza sul lavoro nei casi di appalto.

Chi dice SÌ:

Chi sostiene il Sì ritiene che il principio di responsabilità condivisa aumenti la sicurezza per i lavoratori e obblighi tutti i soggetti coinvolti in un appalto a vigilare. Nessuno dovrebbe sottrarsi alla responsabilità per la tutela della salute.

Chi dice NO:

I contrari sottolineano che estendere la responsabilità al committente può rallentare gli appalti e aumentare i contenziosi. Le imprese potrebbero essere scoraggiate dal rischio di dover pagare per colpe altrui.

5. Cittadinanza italiana

Cosa prevede oggi la legge?

Un cittadino extracomunitario maggiorenne deve risiedere in Italia da almeno 10 anni per poter chiedere la cittadinanza.

Cosa propone il referendum?

Abrogare la parte della norma che prevede 10 anni e ridurre il requisito a 5 anni di residenza legale.

Chi dice SÌ:

I promotori del Sì parlano di integrazione e diritti: chi vive in Italia da anni, lavora, paga le tasse e partecipa alla vita del Paese, dovrebbe avere la possibilità di diventare cittadino in tempi più ragionevoli. Si tratta di riconoscere un’appartenenza reale.

Chi dice NO:

I contrari vedono nella cittadinanza un passaggio solenne che richiede tempo per valutare effettiva integrazione e conoscenza della cultura italiana. Abbassare il limite potrebbe, secondo loro, banalizzare un processo delicato.

Il referendum è un momento di scelta collettiva, ma anche di coscienza individuale. L’8 e 9 giugno non si vota “per simpatia” o “contro qualcuno”: si vota su leggi specifiche, con effetti concreti sulla vita delle persone. Informarsi è il primo passo per partecipare in modo libero e consapevole.

In un’epoca in cui spesso si avverte un senso di impotenza di fronte alle decisioni politiche, il referendum è uno strumento che riporta al centro il cittadino. Il voto è personale, segreto, ma potente. E ogni voto conta.

In questi giorni che precedono il voto, è importante ascoltare, confrontarsi, porre domande e approfondire. Il referendum dell’8 e 9 giugno 2025 non riguarda solo tecnicismi giuridici: riguarda lavoro, diritti, equità, sicurezza e cittadinanza. Temi che toccano tutti, direttamente o indirettamente.

Il miglior modo per difendere la democrazia è partecipare. E per partecipare davvero, serve conoscere. L’8 e il 9 giugno, scegli con la testa… e con il cuore.

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