Raoul Bova, le chat del ricatto: «Facciamo uscire tutto». E ora passa all’attacco

  • Postato il 31 luglio 2025
  • Di Panorama
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Il tentativo di estorsione ai danni di Raoul Bova non è stato il frutto di un impulso improvviso, ma di un piano studiato nei dettagli. Lo dimostrano alcune chat, finora inedite, agli atti dell’inchiesta per tentata estorsione in cui è coinvolto Federico Monzino, 29 anni, appartenente a una nota famiglia di imprenditori milanesi e al momento unico indagato. Il tutto ruota attorno a una serie di messaggi vocali inviati dall’attore alla modella Martina Ceretti, dopo un incontro avvenuto in un hotel milanese, seguito a due anni di contatti telefonici.

Il contenuto delle chat

Tra l’11 e il 12 luglio, un’utenza spagnola — secondo la Polizia Postale riconducibile a Monzino, anche se lui nega di aver orchestrato un ricatto parlando solo di un “favore a Martina che voleva diventare famosa” — contatta Bova.

Dopo avergli spiegato di avere del materiale compromettente, scrive: «Questa è pesante cavolo, anche con audio che conferma tutto. Nelle mani di Fabrizio diventa una puntata di Falsissimo. Questo te lo giuro, sono già in contatto con lui».

Bova non si lascia intimorire e risponde: «Io non sono più in una relazione da tempo, quindi non è una cosa che crea un disastro».

La controparte replica: «Ah ok, allora meglio. Anche perché rovinare un matrimonio era la cosa che più mi dispiaceva».

E l’attore chiude: «Non sono più sposato da due anni».

Il tentativo di pressione

L’atto d’accusa contro Monzino, basato sull’informativa della Polizia Postale inviata alla Procura di Roma, include anche un altro scambio avvenuto l’11 luglio. L’interlocutore cerca di mettere pressione su Bova evocando scenari dannosi per la sua carriera e vita privata: «Non è il caso che venga fuori uno scandalo sui giornali, no? Per il tuo matrimonio, per la tua immagine, per il tuo presente e futuro lavoro… Altro che don Matteo. Ho dei contenuti fra te e Martina Cerretti che ti farebbero molto male».

Il nome della modella viene persino scritto in modo errato, ulteriore indizio che la persona dietro il ricatto non conosce bene la situazione. Questo apre a una possibile pista investigativa: dietro i messaggi ci potrebbe essere più di un soggetto. Un’ipotesi rafforzata dal tono altalenante e dalle informazioni approssimative contenute nelle chat.

In un ulteriore messaggio, il mittente scrive: «E comunque lunedì esce su Falsissimo… arriva a Corona… nelle mani di Fabrizio diventa una puntata di Falsissimo… sono in contatto con lui».

L’intervento di Corona

Fabrizio Corona, che ha effettivamente pubblicato i file vocali sul suo blog e poi su YouTube durante una puntata di Falsissimo, non è indagato. Alla Polizia ha detto di non essere a conoscenza di alcun ricatto e di aver semplicemente ricevuto i file da Monzino e Ceretti.

«L’audio e le chat di Raoul Bova mi sono stati consegnati volontariamente da Federico Monzino e Martina Ceretti, inviati direttamente sul mio cellulare. Non c’è stata alcuna acquisizione fraudolenta del materiale. E nel momento in cui una delle protagoniste di questa vicenda dà il consenso, il problema diventa solo suo. La ricettazione sussiste quando il materiale è stato carpito illecitamente. Cosa che non è mai avvenuta».

Questa la posizione di Corona, espressa tramite una storia su Instagram.

La denuncia e il ricorso al Garante della Privacy

Appena ricevuti i messaggi, Bova si è rivolto alle autorità denunciando il tentato ricatto. Ora l’attore si muove anche sul fronte legale per tutelare la sua privacy. I suoi legali sono pronti a depositare un reclamo formale al Garante della Privacy affinché venga bloccata la diffusione dell’audio in questione, diventato virale nelle ultime settimane. Stando a quanto riportato da Il Messaggero, l’attore chiede anche l’applicazione di sanzioni verso chi ha contribuito alla diffusione del contenuto, persino usato in campagne promozionali — come nel caso di Ryanair o di contenuti legati al Napoli Calcio.

Nonostante il file fosse stato diffuso inizialmente in una sezione a pagamento di Falsissimo, in poche ore è apparso ovunque sui social, in particolare su TikTok.

Restano diverse questioni aperte. Primo, se dietro i messaggi ci sia una sola persona o un gruppo. Secondo, quale fosse il vero scopo della pubblicazione dei file: fama, vendetta, o un ritorno economico? La Procura di Roma sta valutando la possibilità di disporre nuovi accertamenti nei prossimi giorni.

Autore
Panorama

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